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Il borsino delle borse all’asta da tenere d’occhio in tempi di vacche magre

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Il borsino delle borse all’asta da tenere d’occhio in tempi di vacche magre

In tempi di caro bollette anche l’armadio, o meglio gli accessori accatastati sulle mensole dell’armadio, possono essere un prezioso giacimento per arrotondare e accrescere liquidità a disposizione. Perché si compia il miracolo è indispensabile che l’offerta si incontri con la domanda e questo incontro potrebbe essere facilitato da due fattori.

Il primo è che in questi anni è cresciuta l’attenzione al riuso, al non spreco, a non gettare quello che già c’è e ridargli una nuova vita che prenderà forma in altre mani.

La seconda è che diventa un gesto utile per sé rivendere quello che non si utilizza e che ha un certo valore. E’ chiaro che in tutto questo ne ha la peggio il valore affettivo da cui è necessario spogliarsi altrimenti il progetto sfuma in men che non si dica. Non è cosa da poco per una fashion victim abbandonare un sentimento che domina i suoi desideri. Ma in tempi difficili quello che è stata una spesa folle dettata appunto dal desiderio dell’avere l’oggetto, può trasformarsi in una sana operazione economica da cui ricavare denaro.

Una possibilità nuova che da un po’ si offre su vari palcoscenici. Siti super specializzati offrono borse di pregio a prezzi (se paragonati a quelli stabiliti dai listini con cui sono uscite dalle case produttrici) super convenienti.

A questi si aggiunge ora anche la vendita all’asta in cui tra mobili, dipinti, oggetti di vario genere appartenuti ad altri hanno fatto breccia anche le borse firmate. E che borse. L’asta è una forma nuova per la vendita di questo tipo di oggetto e, tra un rialzo e l’altro, non è escluso che i prezzi finali possano raggiungere o meglio avvicinarsi a quelli con cui furono vendute in negozio. In un caso del genere non è esagerato dire che oltre all’investimento materiale si potrebbe pareggiare anche quella perdita affettiva che nel mercato del riuso ha ben poco valore.

Ripagate dunque della borsa comprata a fatica dopo sacrifici e innumerevoli pellegrinaggi nel quadrilatero della moda più vicino per controllare che il modello – quello che stava veramente a cuore – potesse resistere e sopravvivere ai tempi necessari per la lenta, ma costante operazione di risparmio messa in atto da alcuni mesi per raggiungere il traguardo agognato: farci “un bel regalo di Natale”.

Ecco a nostra insaputa, in quel gesto apparentemente scialacquatore si nascondeva un principio economico duraturo. Nulla si distrugge, tutto può avere un prezzo e anche a fine carriera una borsa salassante all’acquisto può venire in soccorso. Sicuramente là fuori, lontano dall’armadio in cui ha sostato per tanti anni dimenticata, c’è qualcuno che può provare attenzione per quelle forme – soprattutto per quel marchio – che ha rappresentato anche un pezzetto della nostra storia personale.

Inutile dire che questo può anche dare un senso positivo di auto consolazione. Può in qualche modo ripagare, almeno in parte, i sensi di colpa che ci avevano inseguito prima – e soprattutto dopo – quell’acquisto azzardato che andava oltre le nostre possibilità.

Poter rivendere cose che ci sono appartenute (ricavandone un adeguata somma) attenua un poco quella sensazione fastidiosa che ci portiamo dentro ancora per aver scialacquato in tempi di vacche grasse gli incassi mensili per oggetti inutili alle necessità quotidiane e indispensabili solo per “alleggerire” quel senso di peso del vivere che alberga in noi.

Ecco che i tempi cambiano e, come il buon cibo, anche le borse possono rappresentate un ottimo investimento.  Detto questo si compie, si completa un cerchio virtuoso che mai avremmo sospettato possibile.

Se è vero – ed è vero – che soprattutto per le borse il “borsino” delle quotazioni tende a crescere e da anni è così, oggi che la scarsità di denaro per l’effimero si è sempre più concentrata in poche mani, le borse di grandi firme per chi le ha equivalgono quasi a un buono del tesoro.

Col vantaggio che a rivenderlo non grava affatto sull’aumento del debito pubblico perché l’investimento sull’effimero termina la sua corsa soddisfacendo un altro desiderio effimero e mettendo in movimento denaro privato. Si può dire sia uno dei casi in cui entrambe le parti, venditrici e acquirenti, fanno equivalere il rispettivo grado di soddisfazione. Né sfruttamento, né speculazione. Passaggio neutro.

E poi un’altra considerazione meno effimera di quelle lette fino a qui. La grande crisi che si sta aprendo porta con sè tante preoccupazioni. C’è ben poco da rincorrere borse e oggetti griffati. Ma attenzione le ristrettezze a cui quel ceto medio che ha aspirato a migliorare progressivamente le proprie condizioni di benessere non è un progetto di vita nuovo, non è neppure una svolta frugale o ecologica affinché si produca di meno e si sprechino meno risorse.

Non è altro che il segnale lampante di un arretramento delle condizioni di vita. Ma le borse non sono indispensabili. Tante altre cose sì. Rinuncia che ti rinuncia si può arrivare anche a tagliare sull’istruzione dei figli e giù giù fino ad avere cura della propria salute. Del resto è già successo poco lontano da noi, in Grecia al tempo della crisi dei mutui americana del 2008 che poi arrivò furiosa anche in Europa.

Penso che degli effetti di quell’esperienza in Grecia vi siano ancora le tracce. Borse o non borse questi tempi hanno arrestato il loro incedere progressivo che pensavamo avessero imbaccato. Non è così le battute d’arresto sono sempre dietro l’angolo. E mi sembra che ora l’angolo lo abbiamo svoltato.

info@antonellalenti.it

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