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MODA&MODI – Il body shaming ha radici lontane

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Il body shaming ha radici lontane

Body shaming, definizione moderna dalle radici antiche. Insopportabile per chi la riceve, ma anche per chi ascolta ed è costretto a partecipare alla discussione sul culo grosso, sulle gambe storte o importanti (come un lessico falsamente corretto traduce oggi la superarta definizione di troppo grosse).

Non è da oggi che si usa il criterio del body shaming per classificare, diminuire, screditare. C’era e non si chiamava così. Forse non era codificato in una definizione, ma c’era. Oh, sì che c’era.

Personalmente l’ho subito diverse volte da bambina e da ragazza quando i chili di troppo restavano imperterriti ad adornare la mia ossatura. Avevano fatto un patto tra loro inossidabile e non si decidevano ad andarsene. Di questo soffrivo dentro di me, ma non avrei mai immaginato che potessero essere tanto importanti da provocarmi disagio nel contatto con gli altri.

Che cappotto ti hanno fatto! Guarda lì, non c’era bisogno di esaltarlo, hai un didietro che assomiglia a una piazza d’arme…” mi aveva detto una signora (?) che mi camminava alle spalle di ritorno da una cerimonia religiosa nei giorni dei santi.

Signora (?) nota per la consuetudine di non mandarla a dire, di parlar chiaro con chiunque non entrasse nelle sue simpatie e senza mai guardare prendersi il tempo per guardare in faccia se stessa.

Comunque sia quella cosa mi aveva ferita. Non avevo risposto ma aveva contribuito ad aumentare timidezza estrema e insicurezze che già incontravo in quel periodo (ero alla fine delle elementari) in cui avvertivo che, di lì a pochi anni, quando avrei fatto le superiori, quel complesso riguardo al mio corpo avrebbe potuto esplodere. E in malo modo.

Più tardi, qualche anno dopo, si è ripetuto e di nuovo il giudizio sul mio corpo eccessivo mi ha falciato ancora alla schiena. Era d’estate avevo concluso l’esame di terza media ero contenta per il risultato ottenuto. In quel momento un altro macigno mi cadde addosso. Un’altra frase offensiva.

Fu peggio della prima volta. A dare giudizi negativi sulla forma e sulle dimensioni del mio corpo posteriore erano stati dei ragazzi più grandi. Si “palleggiavano” all’esterno di un bar quella sicumera tipica degli adolescenti maschi un po’ cresciuti che si sentono padroni del mondo. Quasi sempre vantavano un privilegio di genere prendendosi quindi la libertà di dare pagelle estetiche sull’essere umano di sesso opposto. Sei di qua e vai bene; sei di là e sei un cesso.

Ecco questi episodi hanno contribuito a far sì che per diversi anni scegliessi di celarmi agli occhi degli altri e indossassi sempre abiti neri, larghi e che soprattutto non tradissero quello che contenevano. Ne ha sofferto anche il tasso di autostima che è andato a farsi benedire… Almeno per alcuni anni.

Ecco questa storia molto personale mi si è risvegliata dopo che al festival di Sanremo la cantante Emma Marone è stata vivisezionata per le gambe “importanti” (così han detto) che uscivano dal profondo spacco dell’abito.

E’ un comportamento odioso dare giudizi, valutazioni sul corpo di una persona. Tra i più odiosi. Qualifica chi li dà e, anche se la destinataria delle parole sgradevoli se ne infischia, resta un comportamento davvero odioso.

Cosa accomuna quella signora (?) della mia infanzia, quei ragazzi petulanti della mia adolescenza alle campagne odierne contro l’imperfezione dei corpi? Il dato comune è che il comportamento trova sempre nelle donne il suo sfogo preferito e diventa anche un discrimine del valore della persona. Parte infatti dall’idea che prima di tutto va rispettato il canone estetico ormai globale. A furia di inseguire modelli nessuno più potrà rispettare il cliché di partenza. Per la semplice ragione che il corpo è un divenire di stratificazioni portate dall’età. Inesorabile con buona pace della giovinezza comprata nel salone di bellezza.

La perdita di tempo nell’inseguire un modello fisico è uno spreco per la propria intelligenza.

E’ anche un meccanismo perverso tanto che le reazioni estreme che una giovane può avere, rispetto al senso di non accettazione da parte degli altri, può diventare deleterio e portare a una convinzione e una valutazione di se stessa che spinge a pensare di essere sbagliata in sé a causa di un corpo che differisce dal modello da inseguire.  

Un tema che ha a che fare con la difficoltà – sintomo anche di paure profonde – nel confrontarsi e nell’accettare le differenze il cui campo è molto vasto.

Del resto il mondo della moda non aiuta – se non con alcuni tentativi in questi ultimi anni – a considerare la bellezza dell’essere umano con un’idea estetica viva e in divenire e non statica da conservare con accanimento formale. E’ un percorso lungo che va in parallelo alla considerazione del genere femminile come subalterno all’altro e che per stare in società deve rispondere a determinati requisiti. Esattamente come si fa con gli oggetti di casa scelti per le loro forme e prestazioni…

Doverne prendere ancora atto nel 2022 è molto triste.

Nella home Photo by Velizar Ivanov on Unsplash

info@antonellalenti.it

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