MODA&MODI

Lusso invenduto verso il macero

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Tonnellate di abiti invenduti vengono distrutti

MODA&MODI – LOOK E DINTORNI – Finisce il culto della “roba”, il lusso finisce al macero. Meglio liberarsene per alleggerire i magazzini che sono tanto zavorra e non solo in termini quantitativi. Lo sono anche in termini monetari perché nei bilanci il peso della “roba” invenduta son dané.

Un magazzino è sempre un costo. Figurarsi quando si tratta di stili da millantamila euro a botta. Via, carichiamo e smaltiamo. Tanti gli utilizzi possibili per un carico di abiti così prezioso.

Le alternative al macero ci sono. Forse il mondo del fashion non contempla l’economia circolare, ma sembra che in quel della Scandinavia saranno per i prossimi anni i comportamenti più graditi.

Che se ne fanno le griffes dello stoccaggio di magazzino?

Ho letto che durante la settimana della moda a Copenhagen è stato imposto alle aziende partecipanti di dimostrare che entro il 2022 cambieranno registro pena l’esclusione dalla manifestazione. Ancora dalla Scandinavia, dal Nord Europa un avviso che si fa sul serio per alleggerire il carico che l’attività umana scarica sull’ambiente..

Lusso il culto della “roba” al macero

Un esempio, un’indicazione di cui far tesoro. Spetta a noi selezionare i comportamenti virtuosi e portarli avanti. Spetta però a chi governa e a chi ha i mezzi per decidere in grande di dare il segno di una svolta vera, reale e non ipocrita.

Invece l’ipocrisia sembra governare sovrana. Nel piccolo e nel grande.

Bando ai voli pindarici, qui siamo piccoli, siamo lontani dalle testate di prestigio e ancor più distanti dalle grandi correnti degli influencer… qui nessuna pretesa: si vuol fare un piccolo salotto virtuale e parlare di vestiti e basta.

In fatto di vestiti allora niente di più corretto che parlare di “roba” la roba di verghiana memoria che indica la consistenza di un patrimonio. In questa stagione di vita frettolosa dove tutto si consuma in fretta parlare di “roba” va inteso anche come materia che finisce i suoi brevi giorni nello stoccaggio inutile quanto polveroso e quindi diventa “roba” di cui è meglio disfarsi. Come quando si deve smontare una casa appartenuta a qualcuno che è scomparso e a cui siamo stati vicino.

Ecco ci sono due comportamenti esattamente antitetici

Da un lato chi vorrebbe liberarsi di tutto “Perché così si chiude la pratica” e chi, al contrario vorrebbe tenere tutto: “ Le cose portano alla memoria momenti belli della vita”.

Chi vorrebbe tenersi tutto sia di lusso o siano cose banali ha un problema in più. Dove stoccare tutto quanto? Oltre al problema spazio c’è l’aspetto emozionale che si fa vivo per ogni cosa. Compreso ogni piccolo coccio di quella bottiglia di vetro di Murano appartenuta alla zia che ci ricorda il momento esatto in cui la zia, appunto, con noi bambine l’ha comprata da un vetraio durante una gita a Venezia tirando sul prezzo perché la zia – sì pur appassionata di cose belle e particolari – non si separava tanto facilmente dalle sue lire guadagnate e  non mancava di ricordarlo, “con il sudore della fronte”.

Un insegnamento che avrebbe potuto essere molto utile per il mio futuro ma che finiva – di volta in volta – al macero.

Troppo doloroso portarselo dietro. Meglio abbondare di cose belle (non si vuole intendere siano necessariamente della categoria del lusso), e non badare a spese. Ma il prodotto, quando diventa roba nel senso di possedimento va a scadere nel suo significato romantico e anche sociale diventa scarto. Lo accumuli lo coltivi e poi improvvisamente, sarà per la patina del tempo, diventa un fardello tanto pesante da volersene liberare.

Ed è questo atteggiamento che campeggia negli animi di oggi. Di fronte alla casa da svuotare ha la meglio chi vuole liberarsi di tutto e “chiudere la pratica”.

“E’ quella la roba da portare in discarica?” “E di questa roba che te ne fai, non è ora che te ne liberi è roba che serve solo per occupare spazio”.

Deve essere questo anche il percorso che fa gettare al macero decine e decine di tonnellate di abiti alla moda classificati, questi sì, nella categoria del lusso che hanno l’unica sola colpa di non essere stati venduti (sarebbe interessante capirne le ragioni, ma è troppo complicato). E allora diventano da roba da vendere a caro prezzo a roba da ardere a costi bassi. Da far ribollire il sangue nelle vene. E non alle feticiste dei marchi alla moda, sarebbe il male minore.

Da far ribollire il sangue nelle vene di tutti. Come è possibile che l’altare dello spreco – come è innegabilmente il mondo del fashion soprattutto usa e getta, compra e butta, esiga una tale assurda degenerazione?

Bruciare quello che un minuto prima necessitava di un mutuo (con la difficoltà a ottenerli oggi i mutui) per poterlo comprare e un minuto dopo, scattata l’ora icx che fa riporre le divise invernali per far spazio a quelle estive (e viceversa) diventa roba da ardere. E tutte le persone che ci hanno lavorato?

E tutto il sudore che è stato versato di cui la zia cantava incessantemente le lodi e che si materializzava nell’acquisto di un vetro di Murano (che tra l’altro era della storica vetreria Seguso – oggi considerato di lusso- )?

info@antonellalenti.it

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