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Tempi romani e flemma ottobrina Keep calm, a Roma si perdona sempre tutto… ma fino a quando?

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Tempi romani. Poca fame, voglia di guardarmi attorno e interpretare l’urgenza che mostrano le persone che calpestano il selciato di queste vie tanto belle quanto trascurate e sporche.

“Cinque minuti e verranno” pensi seduta al tavolino di un bar a pochi passi dai palazzi importanti (ma qui i palazzi importanti sono tanti, innumerevoli difficile stabilire una graduatoria).

Dieci minuti e ancora nessuno si fa vivo per togliere i bicchieri e le tazze della consumazione precedente.

Il cameriere passa davanti a me quattro volte, mi guarda con espressione tra la sfida e lo schifo. “Che senza accorgermene abbia qualcosa di tanto ripugnante?” Penso. Un pensiero che passa e va. Intanto lui rientra nel bar, impettito e compreso nella parte facendosi scudo della divisa linda e professionale che esibisce con tanto di nome di battesimo scritto col ricamo sul petto. “Bastasse una divisa”, penso tra me e me. Ma vado oltre. Respingo la tentazione di alzarmi e dare forfait.

Intanto accanto gli altri clienti che si sono seduti appena prima di me non sembrano trattati molto meglio.

Sono stranieri e hanno l’aria che sempre hanno gli stranieri a Roma. Mostrano sorpresa. La sorpresa gliela si legge negli occhi ogni volta che li alzano verso il cielo e incontrano quelle pietre che tanto hanno da raccontare e il cielo blu, blu proprio. Passano venti minuti e si svela il mistero dell’indifferenza quasi diffidenza che avvertivo negli sguardi del cameriere. Il tavolo era imbrattato e il cameriere pensava che restassi lì a perdere tempo con tre tazze di cappuccino ormai seccato e due bicchieri d’acqua bevuti a metà. “Questo è suo signora” domanda quando ormai è trascorsa mezz’ora di attesa… “No, no non è mio”. Rispondo e lui prontamente domanda “Deve ordinare?” (“Alleluja vuoi vedere che se ne è accorto?”). “Si si” confermo a monosillabi e lui “Mi dica” con il tono di chi vorrebbe aggiungere e “che aspetta a dirlo!” “Una coppa di frutta, grazie”. Dico continuando a guardare il menu che a leggerlo bene non mostrava nulla di accattivante (Perché sono finita qui?” Mi domando e intanto il cameriere con tono puntuto segnala: “Bene, gliela porto subito, guardi però  che li c’è solo frutta e panna non c’è gelato”. “Va bene, è  ok. Grazie”.

Una volta fatta l’ordinazione non te ne puoi più andare e devi restare al tavolino e armarti di pazienza. Tanta pazienza. Se fai il conto del tempo che hanno atteso i tuoi vicini di tavolo per avere un paio di caffè, prima di tuffare il naso nella coppa di frutta c’è il rischio di ritrovarmi nel mezzo del tramonto romano… tra l’altro anticipato dall’ora solare. Pazienza. A questa città si perdonano tante cose, da sempre e tutti lo facciamo. Consapevoli o no. E’ quella bellezza che si spreme ad ogni passo che fai, bellezza che si mostra da ogni piccolo elemento di questo gioiello storico che non vive una stagione scintillante. E fino a quando si potrà far conto sull’indulgenza degli ospiti, tanti che ogni giorno assaporano l’aria della città eterna?

Nel frattempo i lavori al bar proseguono al tempo di una lumaca. Ma c’è chi vuole imprimere una svolta. Un altro cameriere si veste di solerzia e si avvicina alla famiglia che ha appena finito la consumazione e pagato al collega … gentile sgombra il tavolo e infine l’inciampo, chiede di pagare ancora. Sconcertate le persone mostrano lo scontrino appena pagato… Il cameriere risponde con un Sorry… di convenienza e via, un giro sui tacchi per rivolgere altrove la solerzia sperando di non commettere altre gaffe. 

Nell’attesa osservo i passanti: un crogiolo di umanità disparata.

Giapponesi attaccati a un ponteggio che lottano con un cono gelato che perde pezzi da tutte le parti (chissà perché il gelato è più buono se è da passeggio), coppie che si trascinano in direzione Trastevere in attesa della mezza per raggiungere un piatto invitante. Coppie vestite di tutto punto, coppie che scoppiano nei vestiti eccessivamente attillati (taccio le considerazioni estemporanee), coppie per dovere, coppie per piacere, coppie mal assortite, coppie spaesate. E tante coppie accaldate l’ottobre romano regala quasi trenta gradi ma nessuno si cruccia e si angustia per il cambiamento climatico. È Roma. C’è caldo che altro? Che c’è di strano?

info@antonellalenti.it

Photo unsplash-logoAnna Church

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