SERPE IN SENO/SALUTE

SALUTE&DIRITTI – (3) Liste d’attesa, uno sportello online per affermare un diritto

Iniziativa del Cooordinamento provinciale salute e medicina territoriale composto da un gruppo di associazioni piacentine; forti critiche alla riorganizzazione promossa da Ausl nel 2017. “Case della salute e servizi sul territorio hanno bisogno di un ospedale di riferimento altrimenti…”
Google+ Pinterest LinkedIn Tumblr

SALUTE&DIRITTI – (3) Liste d’attesa, uno sportello online per affermare un diritto

“Un nuovo ospedale? Non so se sarà utile o no. Il problema per il nostro territorio è la sanità di oggi. Le risposte che riesce a dare ai bisogni dei cittadini”.

E’ questo il punto che sottolinea Lino Anelli del Coordinamento provinciale salute e medicina territoriale che, da prima della pandemia, ha preso avvio a seguito del progetto di ristrutturazione dei servizi predisposto dall’Ausl nel 2017 che suddivideva le funzioni sanitarie dei presidi ospedalieri presenti con la trasformazione dell’ospedale di Piacenza in un hub principale e il ridimensionamento degli ospedali di Fiorenzuola e Castelsangiovanni dove è prevista una tipologia chirurgica di supporto all’ospedale principale.

Il coordinamento territoriale affida alla sua pagina facebook una ricca rassegna stampa di tutto quello che si pubblica sui temi della sanità piacentina e anche i punti di vista del gruppo formato da una rete di associazioni (ci sono Legambiente, Rete di mutuo soccorso, Terme Valtrebbia ecc.. ma anche alcune componenti della Cgil).

Per il Coordinamento salute “Il sistema piacentino è ormai appoggiato allo sviluppo di una sanità privata che si sta sviluppando in questi anni in modo spaventoso. Siamo di fronte a una scelta – dice Lino Anelli – se vogliamo davvero difendere la sanità pubblica dobbiamo oggi cambiare quel piano sociosanitario del 2017 o per lo meno rivederlo”.

Se durante la pandemia tutto il personale pubblico era rivolto alla cura del Covid adesso che il problema si è ridotto vediamo che le strutture private hanno preso piede e non abbandonano più quello che si sono conquistate in quei mesi terribili e il risultato qual è? Mentre continua la carenza di medici, di risorse ecc.  rischiamo che il nostro sistema diventi come quello lombardo dove il 54% della sanità ormai è in mano ai privati, privarti convenzionati, ma privati.

Al di là dei tanti elementi positivi che vanno riconosciuti – spiega – tra cui lo sforzo del personale ospedaliero perché le cose funzionino, c’è da dire che tutto il sistema delle liste d’attesa sta saltando. Un tema su cui proprio in queste settimane il Coordinamento salute ha avviato un progetto.

Sportello per monitorare le liste d’attesa

Ora, al di là della denuncia, il coordinamento ha in serbo alcune iniziative concrete che hanno l’obiettivo di sensibilizzare i cittadini ma anche di fornire uno strumento per monitorare da vicino i disservizi legati soprattutto alle liste d’attesa aprendo uno sportello per raccogliere casi e segnalazioni. Sicuramente sarà online ma non è escluso che possa diventare anche un punto di ascolto fisico. “Se i corsi di formazione per la procedura avranno buon esisto potremmo aprire lo sportello fisico a Piacenza. La sede? Potrebbe essere quella di Legambiente ma abbiamo preso anche contatti con la Cgil.

Vediamo se questo progetto potrà svilupparsi. Un’analoga iniziativa è partita a Lodi e quel coordinamento ha aperto lo sportello con il sindacato.

Il primo passo però sarà lo sportello on line in cui forniamo materiale per chi vuole saperne di più. Vogliamo ricordare alle persone che si tratta di un diritto esigibile che l’Ausl deve rispettare. E’ un’iniziativa che ha anche lo scopo di fare pressione sull’Azienda affinché le strutture deputate a rispondere a queste richieste siano rafforzate”.

Se si guarda all’esperienza avviata a Lodi i risultati possono essere soddisfacenti. “In una sola settimana di attività 16 persone hanno avute risposte”. Un inizio.

Bobbio, l’ospedale osservato speciale

Uno dei prossimi appuntamenti importanti per il Coordinamento salute sarà Bobbio. Qui i problemi non chiariti sul futuro dell’ospedale meritano secondo Anelli una particolare attenzione. “Si, a Bobbio – conferma Anelli – c’è il problema dell’Osco (Ospedale di Comunità)  su cui si sta tagliando nei fatti tutto quello che era stato promesso”. Da anni risultano stanziati i soldi per la messa in sicurezza della struttura ospedaliera e per la casa della salute.

In un incontro con l’Unione dei Comuni e con l’Ausl abbiamo chiesto garanzie su quello che dovrà essere realizzato nella casa della salute – racconta Anelli – ma ci è stato risposto che ci andranno i medici di medicina generale, se vorranno, e quindi si spenderanno 376mila euro per costruire muri e poi, forse, dentro non ci andrà  nessuno.

Le nostre richieste riguardavano soprattutto l’ospedale. Chiedevamo infatti che l’Osco di Bobbio tornasse quello che era fino al 2015, cioè un piccolo ospedale. Che non fosse solo un punto di riabilitazione per lungo degenza ma fosse anche un punto ospedaliero con un minimo di potenziamento per medicina d’urgenza, ortopedia ecc.

Se in un primo momento c’era stata questa apertura e si era detto di trasformarlo in ospedale di montagna si è trattato di fatto di un’apertura del tutto simbolica perché nel merito nessuno ha spiegato che cosa sia un ospedale di montagna. Inoltre nella definizione delle funzioni ospedaliere che fa la regione non esiste il caso “ospedale di montagna”. E siamo ancora lì. In quell’incontro si era detto che partivano i lavori per la messa in sicurezza ma sono rallentati”.

Riguardo ai servizi forniti a Bobbio, come quello per la cura dell’osteoporosi, Anelli sottolinea come queste siano tutte “funzioni non fisse”. Sono state accordate dall’Ausl su prenotazione o con presenze periodiche a seguito della protesta dei sindaci della valle. In sostanza a Bobbio l’unica cosa strutturale sono i 24 posti letto per la lungo degenza e il piccolo pronto intervento.

“Tutto il resto – rimarca Anelli – sono briciole di prestazioni che vengono erogate periodicamente o su prenotazione e sempre quando ci sono le disponibilità dei medici. A Bobbio, a parte il medico di medicina che segue reparto di lungo degenza, non ci sono medici in organico, vengono tutti da fuori quando hanno tempo o su prenotazione.  La nostra richiesta era che Bobbio anche se piccolo avesse le caratteristiche ospedaliere che significa con una sua base operativa di medici, infermieri, specialisti e con presenze fisse rispetto ad alcune patologie, ma direi che siamo in alto mare”.

I finanziamenti? Per solo per i muri… ma il personale?

A risolvere i problemi aperti, soprattutto per il personale, non vengono in aiuto neppure i finanziamenti legati al PNRR.

La Regione assegna 500 milioni per le Case della salute per strutture tecnologiche, servizi di telemedicina e in totale per Piacenza sono a disposizione 23 milioni di euro… perché non colgono l’obiettivo secondo voi? Semplice – sottolinea Anelli – è stato spiegato in un incontro pubblico dalla direttrice generale dell’Ausl che questi soldi saranno spesi per i muri, per realizzare le strutture. C’è un’altra voce di finanziamento legata al PNRR ma i fondi regionali sono ancora tutti da definire. Non sappiamo ancora la ripartizione. Ma ci chiediamo come funzioneranno le strutture senza gli operatori?”

Su questo tema si mette in rilievo un paradosso che riguarda proprio il personale. A parte la stabilizzazione di alcune persone per compensare la quota di turn over – spiega Anelli – sia a livello nazionale sia regionale permangono ancora i limiti di spesa previsti dai vari documenti di economia e finanzia nazionale per gli organici.

E quindi, di fatto, siamo ancora in fase di blocco delle assunzioni. Non è un paradosso? E’ vero, la Regione ha aperto la stabilizzazione di precari perché non se ne può farne a meno. Se non lo avessero fatto almeno con la quota di medici precari impiegati durante la pandemia si sarebbe corso il rischio che saltasse tutto”.

E questo sarebbe un altro capitolo delicato, gli organici della sanità e sulle condizioni contrattuali – segnala il rappresentante di coordinamento salute. “Per quanto riguarda la sanità, se si scappa dal sistema sanitario è perché si viene pagati di più ma anche perché nel privato si trova un sistema di orari diversi. Chi va a lavorare nel settore pubblico sa quando inizia il suo turno ma non sa quando ne uscirà. C’è poi anche il problema della contrattazione difficile finché a livello nazionale restano i blocchi della spesa.

Resto convinto che anche questa situazione sia collegata a quello che dicevo inizialmente. Il tutto è legato a una scelta di privatizzazione. Non mi aspetto grandi cambiamenti di strategia. Resistendo a questa tendenza chiaramente in atto forse qualcosa può essere raggiunto… si può riuscire a strappare qualcosa…”

Il punto di partenza la riorganizzazione Ausl del 2017

Questa riorganizzazione così non va – segnala Anelli – Le ragioni? Semplice, praticamente quello che viene fuori è un modello di tipo lombardo che pone una serie di problemi. 

Dapprima il venire meno di una diffusione territoriale della rete ospedaliera – elenca Anelli – e quindi una concentrazione su Piacenza di un maggior numero di funzioni. Lo avevamo già denunciato al tempo di quella decisione che questo avrebbe portato a ricadute negative sui tempi d’attesa. Conseguenza? Il disagio sarebbe ricaduto sui cittadini costretti a lunghi spostamenti per andare a incrociare le patologie che non erano più servite negli ospedali periferici. Ovviamente, in questa situazione, con una medicina territoriale che non esisteva, il progetto di Casa della salute che l’Ausl aveva proposto all’interno del piano socio-sanitario 2017 non è mai decollata”.

Case della salute? “Progetto incompiuto”

Tra le ragioni individuate una su tutte si staglia. “Le case della salute? Erano incomplete – segnala Anelli – e per due motivi. Innanzitutto si basavano sostanzialmente sulla disponibilità del Medici di Medicina Generale e in secondo luogo perché, al di là della programmazione sulle Case della salute mancavano assolutamente le risorse per dotarle di personale per visite, esami ecc. e va anche considerato che tutto questo è avvenuto all’interno di un contesto nazionale di tagli pesanti alla sanità che si stavano ripetendo già da qualche anno.

E’ evidente quindi che considerati tutti i fattori il piano del 2017 non stava in piedi sia per la sua strutturazione sia perché mancava di quel supporto che invece il blocco delle assunzioni e il taglio alla sanità aveva determinato.

Aggiungo anche una considerazione. Sul nuovo ospedale, su cui si è fatta molta discussione, la questione non è se un ospedale nuovo può essere utile o no. Il problema è che se ci sarà funzionerà tra 10 o 15 anni quindi il problema è la sanità oggi.

Credo che non si possa continuare a parlare di nuovo ospedale e non affrontare invece le carenze della rete ospedaliera così come è oggi.”

La critica del rappresentante del Coordinamento provinciale va oltre: “Oltretutto abbiamo sottolineato che  quel piano 2017 lavorava contro l’ipotesi di medicina territoriale… perché Casa della salute e medicina territoriale hanno senso se organizzate anche attorno a un ospedale, a un polo ospedaliero. Mi spiego meglio. Non puoi fare una Casa della salute a Ferriere e avere come unico punto di riferimento ospedaliero Piacenza. Devi costruire rete di medicina territoriale che veda assieme risposta ospedaliera e medicina territoriale, Case della salute e assistenza domiciliare ecc. E’ questo il punto.”

Nei progetti si era parlato di Case della salute all’interno delle quali ci sarebbero stati gli ambulatori degli specialisti ospedalieri che andavano sul territorio soprattutto per l’assistenza ai cronici… Secondo il rappresentante del Coordinamento provinciale salute così non succede. Almeno non in tutti i casi.

“Per alcune sì per altre no. La medicina territoriale, se la si vuole fare veramente, deve puntare su un’organizzazione che integra la presenza ospedaliera e quella territoriale. Vorrei essere chiaro: nessuno nega che gli ospedali assumano una specializzazione particolare. Così per Castelsangiovanni e Fiorenzuola ma non si può eliminare da questi poli ospedalieri quella risposta d’urgenza che deve essere accessibile.

S’intende pronto soccorso ma anche medicina d’urgenza e si devono avere anche le strutture ospedaliere su cui appoggiarsi. L’arrivo della pandemia ha reso ancora più evidente le fragilità e la carenza di organico, un pezzo della rete ospedaliera ridimensionata come per esempio a Fiorenzuola che è un cantiere aperto”.

“I sindaci protestano dopo, ma prima sono con l’Ausl”

Anelli parla anche della necessità di un nuovo protagonismo dei sindaci espressione dei territori e portatori delle istanze dei loro cittadini. Si attivano sempre quando scoppia il problema – dice – iniziano a protestare però, quando abbiamo fatto gli incontri, tutti a difendere l’Ausl. Del resto non va dimenticato che il piano di riorganizzazione attuale ha avuto il voto di tutti i sindaci o quasi tutti. In quelle occasioni devo dire che noi del Coordinamento salute e medicina territoriale ci siamo presi non pochi pesci in faccia.

Da qui dunque l’attività autonoma – spiega – con iniziative nei paesi alcune già fatte altre in programma. A cosa servono? “Naturalmente cerchiamo di sollecitare i cittadini a prestare attenzione a quello che sta succedendo. Oggi più che mai l’attenzione è indispensabile perché a nostro parere la situazione si sta ulteriormente aggravando”. Aggravamento dovuto in particolare al periodo della pandemia che ha “scarnificato quel poco di capacità di resistenza che aveva ancora la nostra rete ospedaliera. Per questo – dice Anelli – pensiamo sia urgente in questa fase riprendere la discussione su come riorganizzare la rete potenziandone la distribuzione.

La storia dimostra che, concentrando tutto su un unico hub quello di Piacenza il sistema va in crisi. Sia perché la struttura del territorio richiede che ci sia la distribuzione territoriale e sia perché, con questa carenza di organici e di risorse non possiamo pensare che tutte le risorse che ci sono vadano verso la costruzione di un nuovo ospedale quando gli ospedali attuali stanno andando al collasso per la pressione che arriva dal territorio”.

info@antonellalenti.it

salute

Lascia un commento