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TERZO MILLENNIO, QUALE PD – “In politica? Troppi tweet, poca razionalità e creatività”

Il neo segretario del Pd Carlo Berra a tutto campo sul rapporto con Alternativa per Piacenza. Primo impegno indicare una candidatura: civica, popolare, competente… meglio se donna
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TERZO MILLENNIO, QUALE PD – “In politica? troppi tweet, poca razionalità e creatività”

PD, Carlo Berra è IL segretario. Da una paio di settimane e immediatamente, dopo la proclamazione nell’assemblea di giovedì, è atteso a un compito impegnativo: sbrogliare una matassa ingarbugliata per arrivare, entro la fine del mese, a indicare una candidatura che guiderà la coalizione di centro sinistra che avrà il Pd come perno. Una contrapposizione “in casa” con l’altro centro-sinistra che si trova in Alternativa per Piacenza (m5S, Europa Verde, +Europa e gruppi civici) che ha già indicato il candidato sindaco in Stefano Cugini ex capogruppo Dem nell’amministrazione uscente.

Carlo Berra è segretario del Pd da alcuni giorni e immediatamente, dopo la proclamazione nell’assemblea di giovedì, è atteso a un compito impegnativo: sbrogliare una matassa ingarbugliata per arrivare, entro la fine del mese, a indicare una candidatura che guiderà la coalizione di centro sinistra che avrà il Pd come perno. Una contrapposizione “in casa” con l’altro centro-sinistra che si trova in Alternativa per Piacenza (m5S, Europa Verde, +Europa e gruppi civici) che ha già indicato il candidato sindaco in Stefano Cugini ex capogruppo Dem nell’amministrazione uscente.

Carlo Berra, 73 anni, nasce politicamente nello Psiup (1968) poi nel 1972 partecipa alla confluenza nel Pci. Nel 1975 eletto consigliere regionale e nell’80 vicesindaco di Piacenza prima con Stefano Pareti e poi con Franco Benaglia. Per un paio di mandati è entrato anche in consiglio provinciale, tra il ‘95 e il ‘99 è stato presidente dell’ente fieristico. Ha ricoperto diversi incarichi di partito.

Ora è alle prese con gli adempimenti di partito come nominare i componenti dell’esecutivo “Ci saranno donne – dice – ma ancora non è completata. Pensavo a Giorgia Buscarini all’organizzazione (incarico che ha già ricoperto in passato) e poi vorrei introdurre amministratori come Luca Quintavalla e Patrizia Calza. Ci saranno le presenze di diritto come il segretario dei giovani e la rappresentanza della conferenza delle donne…”. Un Pd a gestione unitaria o di maggioranza? “La minoranza rappresentata dal gruppo di Paola Gazzolo sarà presente di diritto in direzione, per quanto riguarda la presenza nell’esecutivo e nella segreteria è un’opzione a disposizione di cui possono avvalersi”.

Luca Quintavalla con Stefano Bonaccini

pd
Patrizia Calza, sindaco di Gragnano

Ma la prima vera prova sarà la preparazione di partito e coalizione alle amministrative di giugno. Accanto alla candidatura anche la definizione del perimetro della coalizione che avrà come perno il Pd. “Si è già riunita – spiega Berra – ne fanno parte Articolo uno, la lista civica dei moderati, il Psi, Pri. Ora il punto è capire dove potrà allargarsi… ad Azione di Calenda, a Italia Viva? Ecco nei prossimi giorni si dovrà tirare le fila su questo terreno”.

Il neo segretario del Partito democratico si dice convinto però che sulla “patata bollente” amministrative il tema chiave sarà il nome del candidato o della candidata attorno a cui si aggregherà la coalizione. Sarà questa la “chiave di volta” politica.

Quale profilo dovrà avere la candidatura per questo centrosinistra “pd-centrico”? Berra parla di una figura civica, nota, competente, popolare… e “meglio se donna, anche se non è facile trovare donne disponibili che spesso non si vogliono cimentare…a parte alcune eccezioni.” Aggiunge.

Comunque sia, ad ogni elezione si parla di candidature femminili che nessuno individua e alla fine della ricerca c’è sempre un uomo pronto a correre… Le donne però sono state in questo congresso  – segnala il segretario – anche un motore della sua elezione: “Sì, sono state loro a chiedermi di candidarmi, se non ci fossero state non so se lo avrei fatto. Francamente non ci pensavo più di fare il segretario del partito. Ci ho sperato, è vero, tanti anni fa e non ci sono riuscito. Ma questa è storia lontana.”

Due i filoni seguiti tratteggiati in questa intervista. Da un lato le questioni locali che hanno visto protagonisti conflittuali l’area del Pd e dei partiti alleati e la rappresentanza civico-politica di Alternativa per Piacenza che, dopo un cammino insieme, si sono separati. Altro terreno di riflessione il partito di cui Berra è stato eletto segretario. Gli errori, le potenzialità future sono alcuni spunti di riflessione che esprime il segretario.

PD, PIACENZA E LE ALLEANZE…

In tanti indicano il Pd come la forza che ha minato Alternativa per Piacenza. Cosa ne pensa?

“Riguardo ad ApP, se vogliamo dire la verità fino in fondo, diciamo che all’inizio e fino all’estate scorsa il Pd, attraverso il suo segretario, ha partecipato a questo percorso anche con fiducia e ottimismo. Personalmente, aggiungo, anche con un po’ di ingenuità ed eccesso di generosità. Io sarei stato più prudente. Comunque sembrava procedere tutto. Le incrinature si sono manifestate quando si è avvicinato il momento finale: quello della scelta della candidatura.

E’ lì  che i problemi sono esplosi. Contestualmente abbiamo assistito all’emergere di una serie di candidature espressione della società civile. Va detto però che nessuna di esse è nata all’interno del Pd: né quella di Massimo Toscani né quella di Stefania Calza. Dal Pd gli unici nomi espressi sono quelli noti e sono stati il frutto di consultazioni interne. Sono i nomi di Stefano Cugini, Christian Fiazza, Katia Tarasconi, Paola Gazzolo e Marco Bergonzi. Tra l’altro, poi, alcuni di questi hanno fatto un passo indietro.”

E’ Berra, il nuovo segretario del Pd, che ha inserito il cuneo che ha fatto saltare ApP introducendo la proposta delle primarie?

“In questa vicenda posso dire che è vera una cosa. A un certo punto quando al tavolo è arrivata la proposta di Stefania Calza nel Pd è stata presa  in considerazione seriamente. Se ne è cominciato a discutere seriamente e la sua candidatura avrebbe risolto non pochi problemi. Poi la stessa Stefania Calza annuncia che declina l’offerta. Non ha intenzione di candidarsi. E’ a quel punto abbiamo pensato, con il segretario Silvio Bisotti, che l’unica strada per uscire dall’impasse era proporre le primarie. Il ragionamento sotteso era questo: tutti i migliori che vogliono candidarsi si cimentino e chi raccoglie più consensi sarà il nostro candidato. Questo abbiamo proposto al primo comitato politico utile. Apriti cielo!”

Per il Pd a Piacenza di fatto c’è un rapporto difficile con le forze alla sua sinistra…

C’è una parte della sinistra che ha come impronta quella di congelare l’esistente. Emblematica di una sinistra che non sa parlare alla modernità per me è stata la battaglia

per contrastare l’abbattimento del mercato ortofrutticolo”.

Perché?

“Andava demolito. Non solo era un deposito di rifiuti, di abusivismo abitativo, ma era un luogo pericoloso anche dal punto di vista ambientale perché aveva in sé una quantità elevata di materiali con amianto. Si contesta la destinazione a parcheggio. Contrasti questa scelta? E allora rilancia, non per proporre di trasformarlo in centro culturale, rilancia in un’altra direzione. Lanciando una sfida all’amministrazione perché tutta quella zona, via Roma e via Scalabrini, sia chiusa al traffico. Le auto arrivano fino a lì, parcheggiano e le persone con la navetta o in bici arrivano in centro. Se fossi stato Pd in consiglio comunale avrei rilanciato in questo modo”.

Ora però a pochi mesi dalle elezioni la separazione tra Pd e l’area a sinistra è conclamata…

“Non è certo un aiuto. Sì, non contribuisce a un futuro nuovo.”

“ECCO LA MIA IDEA DI PARTITO”

Quale lo spirito per fare il segretario di partito oggi, ci vuole coraggio, incoscienza o speranza nel futuro?

“Non lo so, dipende da chi lo fa. Anche l’atteggiamento psicologico varia da persona a persona perché dipende anche dall’età. Parole eccessive dire coraggio, incoscienza. Nel mio caso, la passione per la politica è ancora presente anche se in forme diverse rispetto a quando ero più giovane. Resta la speranza dare un contributo alla ricostruzione della politica. Mi auguro di riuscire a lasciare a chi verrà dopo qualcosa di buono per continuare un cammino che è indispensabile. Sia chiaro: i partiti ci vogliono, non si scappa. E credo che tutti i partiti debbano pensare a se stessi e anche organizzarsi meglio in vista del futuro”.

E Piacenza? Qual è la strada da percorrere?

“Intanto la provincia è molto lenta, arriva sempre in ritardo rispetto alle tendenze le pulsioni di città più grandi, per cui i cambiamenti sono rallentati. Su una cosa non ci sono dubbi. A tutti i livelli si registra la fragilità del sistema politico e delle formazioni politiche, non solo per numero di aderenti e militanti. E’ fragilità rispetto alla qualità della politica. C’è poco spazio al pensiero…”

Intende che non si fa più politica, che l’azione è concentrata unicamente sulla gestione del potere?

“Ci si concentra sul governo del presente. Il presente conta molto in una società come la nostra che va a velocità pazzesche. Se non sei sul presente sei tagliato fuori.In sostanza devi scrivere i twitter d’accordo, ma devi saper scrivere anche i saggi. Devi saper fare l’uno e l’altro insieme. In fondo la funzione della politica è quella di far pensare”.

Non è così, è un aspetto dimenticato?

“La politica è il combinato di due discipline fondamentali è scienza e arte al contempo. Quindi ci vuole molta razionalità, – perciò scienza –  ma sono necessarie anche grandi intuizioni, capacità inventive e fantasia – e questo è arte- . E spesso in politica l’intuizione, la fantasia anticipa la scienza. Lo stesso Einstein lo diceva  a proposito della teoria della relatività: prima l’ho intuita e poi l’ho dovuta dimostrare. Vale anche di più per la politica dove devi capire, devi intuire in anticipo dove si muove la società. Devi avvertire quello che sta avvenendo quello che passa per la testa della gente”.

Quindi la politica non compie questo percorso di comprensione intuitiva?

“Voglio riprendere una frase che ricorreva negli anni 80-90 nell’allora Pci. Si diceva spesso “bisogna partite dai fatti guardare a quello che succede”. Una battuta che sembra di buon senso. Ma attenzione – se la politica agisce sulla base dei fatti contingenti -significa che sei già indietro rispetto alla realtà. Ebbene, sono passati decenni ma credo che siamo ancora immersi in questo meccanismo. Con una differenza, la società oggi si muove con una velocità che nel passato non aveva”.

Come si fa a superare questa situazione? Una delle critiche al Pd è di puntare esclusivamente a stare al governo. E la spinta a cambiare le cose dove finisce?

“Secondo me c’è stato un periodo, non breve, in cui prevaleva la linea stare al governo; periodo in cui hanno diretto questo partito personaggi di diversa estrazione politica. Non mi riferisco solo alle figure provenienti dalla Dc. No, mi riferisco anche a persone provenienti dall’ex Pci. Adesso credo che parole d’ordine  improntate al “governismo” siano entrate in crisi. Quel pensiero non sta nella logica di una democrazia moderna avanzata che deve prevedere un’alternanza continua. In cui si rimetta in discussione permanente i ruoli di opposizione e maggioranza, e viceversa. La democrazia non può essere cristallizzata. E’ necessario quindi uscire dalla logica secondo cui, dato che siamo un paese anomalo, bisogna garantire la stabilità in una sola direzione.”

Forse perché c’è una destra molto a destra…?

“Anche per questo, però bisogna rispondere impostando battaglie politiche che mettano in risalto la dicotomia tra destra e sinistra. Oggi la contraddizione principale (non è solo nostra ma è mondiale) credo sia quella tra una prospettiva democratica e una autoritaria. Un partito come il Pd deve fare una scelta e un’opzione netta e condurre una battaglia politica a tutto tondo sul tema della democrazia.

Dall’altra parte ci sono forze della nuova destra, un po’ populista e un po’ sovranista che hanno disegni di segno contrario. Ecco, su questo si fa la battaglia. Alla fine questo percorso arriverà a vittorie o a sconfitte, quindi o governo o opposizione. L’importante dovrà essere però individuare il punto di discrimine che non è il governo, ma i contenuti su cui si lavora. Credo debba essere così e che non si debba avere paura di fronteggiare l’opinione pubblica”.

Il Pd dunque ha paura?

“Nel Pd ci sono varie caratteristiche e a volte il valore rappresentato dal senso di responsabilità può frenare. Sono convinto che il senso di responsabilità sia necessario ma bisogna chiarirsi rispetto a cosa sia inderogabile. Credo lo sia rispetto ai valori e ai principi basati sui valori democratici, non rispetto al quieto vivere. A volte si ha l’impressione che prevalga il pensiero che, se non agganci la leva governativa a tutti i livelli, sei fuori gioco. Invece non è vero.

Le situazioni cambiano e questo succede soprattutto in una società mobile come l’attuale. Gli esiti non sono mai scontati né in un senso né nell’altro. Il punto è che si deve agire. Se poni la democrazia come discrimine hai un campo infinito di lavoro. Dal campo dei diritti, dei doveri, dei corpi intermedi, dell’uguaglianza.

Tutti i temi che sono presenti nella Costituzione e altri che non sono presenti ma che prima o poi dovranno rientrare. Vuole dire affrontare la questione dello stato di diritto, della separazione dei poteri, dei rapporti tra magistratura e potere politico e anche il ruolo del Parlamento, dei governi, la sussidiarietà verticale, orizzontale… Insomma agire tenendo la barra dritta sul discrimine della democrazia significa affrontare una miriade di problemi enormi. In questo modo si può avere un approccio sistemico e, su queste basi, condurre le battaglie necessarie”.

A proposito di battaglie e di scelte. In questo momento si ha l’impressione che tanti nodi siano al pettine e che esigano soluzioni immediate però manca il tempo per affrontarle tutte nello stesso momento…

“E’ indubbia la straordinarietà della fase in cui stiamo vivendo. Non c’è una sola emergenza. Ogni mese ne emerge una nuova. L’ultima della serie è l’emergenza energetica. E questo scombussola tutto: i bilanci dello stato, le priorità eccetera. Una domanda da porsi è come si fa carico di tutto ciò il Pnrr? E’ la pandemia che ha sollevato tutto questo. Ed è un assaggio di quello che potrebbe avvenire.

Su questo ha avuto un’intuizione favolosa papa Francesco. In un’enciclica aveva individuato il sovrapporsi di tante emergenze e metteva in guardia dai problemi da affrontare non solo la sanità ma anche quelli dell’economica, dell’ambientale e la questione democratica. Lo aveva sollevato chiaramente”.

Che sia un papa a dire queste cose.. è significativo, non dovrebbe essere la politica?

“Già. Papa Francesco è bravo. Ci sono cose dette da lui che potrebbero essere pezzi di tesi congressuali… Ne sono convinto”.

Emerge nel Berra segretario politico l’originaria radice cattolica?

“La mia radice cattolica, già. Ho smesso di essere cattolico a 20 anni. Ho letto tanto di matrice cattolica. Poi, alla fine degli anni Sessanta ho cominciato a leggere cose di sinistra e mi sono anche “convertito” alla sinistra. A posteriori devo dire che gli studi e le letture cattoliche mi sono state di grande aiuto e mi hanno favorito nella dialettica che è stata alla base della formazione del Pd. Quando si è posto il problema della collaborazione tra cattolici e comunisti io mi sentivo a mio agio ad affrontare questa nuova situazione”.

Ha ancora una validità dal suo punto di vista?

“Chi ha pensato di costruire un partito come il Pd sulle ceneri dei partiti precedenti ha avuto una grande intuizione perché questo incontro tra un riformismo laico (presente nel Pci come minoranza e poi progressivamente quasi maggioranza di cui io facevo parte) e il cattolicesimo democratico è stato un incontro profondamente virtuoso.

Se andiamo a fondo dei due riformismi ci sono analogie fortissime. Sono i due riformismi che hanno contribuito a costruire la Repubblica italiana e la Costituzione. Se l’incontro era inevitabile, successivamente non sempre si è tradotto in azioni concrete che integrassero le due parti. Hanno giocato anche le influenze politiche tradizionali che hanno intralciato il percorso. Credo che il Pd sia stato lesionato nella sua fase di costruzione iniziale”.

Cosa intende?

“Sul fronte della componente cattolica mi riferisco a quei nuovi cattolici alla Renzi che, se avevano all’arco anche buone ragioni, erano portatori di una modalità di far politica molto discutibile. Dall’altra, sul fronte ex Pci, sopravviveva il pregiudizio di una vecchia politica di sinistra verso le componenti provenienti dal cattolicesimo democratico. Una situazione che ha lesionato parecchio. Mi auguro che questo appartenga al passato e che siamo entrati in una fase completamente nuova in cui il confronto deve avvenire”.

Quindi ora con questo congresso le conflittualità delle origini si sono stemperate?

“Se consideriamo questo ultimo congresso posso dire che è stato abbastanza vero nel senso che un po’ di rimescolio di carte c’è stato”

Rimescolio… Cosa intende?

“Intendo che la dicotomia sinistra da un lato e cattolici dall’altro non è più così evidente. E questo credo sia dovuto anche alla mia candidatura. Ho cercato di impostare una campagna congressuale su quei temi democrazia, autoritarismo, emergenze… mi sono sforzato in questo congresso di inquadrare i problemi che ha davanti a sè il Pd nel contesto nel quale viviamo per cercare di prenderne consapevolezza. Detto questo l’interrogativo ora è: è in grado o no questo partito, ha consapevolezza di quello che sta succedendo? E’ questo il punto”.

E per Piacenza questo inquadramento dell’azione politica cosa significa?

“E’ un territorio che, come in tutto il Nord Italia, in questi 50 anni è stato segnato da enormi cambiamenti. La Piacenza di oggi è altra cosa rispetto ad allora.

Questo cambiamento, nel bene o nel male, è stato segnato anche dall’azione di un certo centrosinistra non solo dal centrodestra o dal pentapartito. Molte cose fatte sono merito anche del centrosinistra (riferimento alle giunte degli anni ‘70-‘80 ma anche i primi anni ‘90 con Vaciago e poi Reggi). Poi è accaduto qualcosa nel momento in cui si è arrivati al culmine del cambiamento e, a quel punto, si è avviato il declino. Nel momento in cui si era toccato l’azimut è iniziata una crisi molto seria. Sono entrate in crisi le cooperative, le associazioni, i partiti, lo stesso Pd nel momento in cui politicamente avrebbe dovuto raccogliere i frutti invece sono arrivare le bastonate”.

Qual è dunque la spiegazione?

“Quando porti avanti programmi e li realizzi con forti innovazioni devi sempre guardare al futuro. Devi avere la capacità di cambiare continuamente. Non si può dare per assodato quello che hai conquistato e credo che su questo la giunta Dosi sia stata la peggiore. Si è accontentata. E’ questa la cosa che secondo me ha influito. Dichiararsi soddisfatti per quello che si è fatto non funziona. Bisogna avere una capacità di innovazione che guarda al futuro”.

Essere disposti quindi a cambiare la realtà cambiata?

“Eh sì, certo, perché con le scelte compiute strada facendo i cambiamenti innescati hanno contribuito anche a modificare la mentalità delle persone che si attendono di più dalla tua azione di governo. E di queste aspettative devi essere all’altezza.

Qui siamo mancati, c’è poco da fare”.

info@antonellalenti.it

armonia

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