LENTI A CONTATTO

Paese vecchio può progettare futuro? 2020 anno di svolta o di altri infingimenti

Progetti concreti e coerenti per realizzarli oltre al denaro servono coraggio e creatività: dove stanno di casa?
Google+ Pinterest LinkedIn Tumblr

Paese vecchio può progettare futuro? 2020 anno di svolta o di infingimenti. Il futuro è un mantra (e non da oggi) che torna in ogni discorso, in ogni proponimento politico. Di quale futuro si parla?Può un Paese vecchio immaginare il futuro?

La domanda – quasi retorica – scaturisce dalla discussione avviata intorno al tema progetti per spendere i miliardi europei stanziati con il Recovery fund. Progetti di cui ancora non si conosce il contenuto e che dovrebbero imprimere una svolta riformista all’Italia (nel suo insieme, s’intende, altrimenti non può esserci storia). Si profila dunque uno sforzo titanico per cercare il modo di diventare virtuosi.

(LEGGI ANCHE http://La sfida economica per l’Italia? Diventare virtuosi)

Questo si capisce dalle dichiarazioni (ad uso dei titoli di giornale) che vengono di tanto in tanto rilasciate dall’apparato politico molto più riflesso sul proprio ombelico che sui macigni irrisolti da tanti anni che da decenni avrebbero avuto necessità di progetti concreti. Per pensarli, costruirli e realizzarli serve coraggio e creatività. Dove stanno di casa?

Può un paese vecchio immaginare il futuro?

Paese vecchio ce la farà a… progettare andando oltre il presente?

Il dilemma: come si fa a progettare il futuro se si parte dal presente? Il progetto si esaurisce nella difesa dell’esistente perché senza una visione (coraggiosa e creativa) quello che vale resta il qui e ora. L’orizzonte di un Paese vecchio è ridotto, non può immaginare lunghe distanze, è un fatto fisiologico. Chi gran parte della propria vita la conserva alle spalle conta su un bagaglio confortante di traguardi e anche di sconfitte che hanno contribuito a forgiare la persona che è oggi.

VECCHIO

Quali scoperte, quali curiosità, quali emozioni vorrà scoprire ancora domani? Chi ha alle spalle un bagaglio di vita, bagaglio confortante di traguardi, di sconfitte e anche di sofferenze è forgiato per difendere quello che ha costruito e raggiunto con fatica e impegno. Difenderlo con i denti se è necessario.

La minaccia peggiore per chi ha sedimentato sotto di sé un bagaglio di vita è il pericolo che tutto venga messo in discussione.

E l’umanità contemporanea è programmata per incedere sicura nel liquido amniotico del proprio benessere dove il potere della creatività e la forza del coraggio non possono avere tanto spazio. L’immaginazione con la sua dirompente capacità di sconvolgere i piani rischia di interrompere il lento e sicuro incedere conquistato. Può un Paese vecchio immaginare il futuro?

Paese vecchio ce la farà a… fare le riforme necessarie?

Quali sono i grandi ingombri che ostacolano il cammino del convoglio su cui navighiamo a vista? Credo che fondamentale sua la conquista del “diritto digitale”, in seconda posizione metterei il progetto di “sgrossare” la pubblica amministrazione dai retaggi borbonici e naturalmente costruire un equilibrio fiscale in cui ciascuno partecipi per dare risorse ai servizi che uno Stato come si deve ha il compito di garantire (omogenei) su tutto il suo territorio e per tutti i suoi cittadini e che sintetizzerei in sanità, istruzione e infrastrutture che possibilmente non crollino.

Quasi come volere la luna.

Tre temi enormi non nuovi che tutti conoscono di cui in questi ultimi trent’anni si è sempre sentito parlare. Ora lo stringente impegno che pone l’Europa non lasci più scappatoie. O si fanno i progetti o non arrivano i soldi. Ma attenzione i progetti devono essere fatti secondo gli schemi europei e soprattutto devono essere rendicontati a tappe altrimenti… può saltare tutto. Può un Paese vecchio immaginare il futuro?

Paese vecchio ce la farà a… superare il digital devide?

Quasi stucchevole parlare di questo argomento come fossimo agli albori di internet. Eppure sono trascorsi 25 anni dai primi “smanettamenti” al computer. 25 anni almeno da quando abbiamo iniziato a usare le mail e ancora oggi ci sono zone (molto ampie) in cui non funziona non solo internet ma anche il cellulare.

Di recente un amico mi raccontava che con la famiglia ha trascorso due settimane estive sull’Appennino piacentino. Tutto molto rilassante, tutto molto bucolico. Forse troppo per i suoi figli che per due settimane non hanno potuto utilizzare internet per connessione assente.

VECCHIO

Sì, purtroppo è così – ha commentato – i miei ragazzi erano molto arrabbiati però almeno si sono disintossicati un po’. Ok si deve per forza fare con quello che si ha ma è lecito domandarsi come possiamo ancora essere a questo punto?

Due le ipotesi.

1) L’area piacentina soffre di un’arretratezza macroscopica ed è una mosca bianca e se così fosse sarebbe più facile (e veloce) porre rimedio.

2) L’altra ipotesi è che il problema esista in tutte le zone alte, particolarmente impervie e affollate di alberi che rappresentano un ostacolo naturale per i sistemi di connessione aerea.

Primo progetto indispensabile dunque riguarda il digitale che insieme alle strutture dovrebbe essere corredato dall’alfabetizzazione digitale che accusa un po’ di stallo insieme alla diffusione del computer. L’evento drammatico della pandemia lo ha messo in evidenza.

Tanti bambini sono rimasti esclusi dalle lezioni on-line per un deficit di conoscenza digitale e di strumenti per accedervi: il computer. Viene da chiedersi che cosa sia stato fatto in questi anni, a parte farne un gran parlare.

Quasi nulla. O per lo meno si è concentrata l’azione sui sistemi urbani tralasciando le aree marginali. Probabilmente contribuendo a facilitarne lo spopolamento e l’abbandono perché affette da eccessivo isolamento dal mondo.

Tutto questo mentre gli altri Paesi europei (in primis proprio i cosiddetti frugali) hanno spinto sugli aspetti del digitale? Ma non solo i cosiddetti frugali. Nel 2004 l’Europa si è allargata a paesi dell’Est tra questi anche le repubbliche baltiche che immediatamente hanno spinto l’acceleratore sulle nuove autostrade digitali. Nel 2020 l’Italia ha scoperto nel lockdown di essere ancora all’abc del digitale. Può un Paese vecchio immaginare il futuro?

Paese vecchio ce la farà a… sgrossare la pubblica amministrazione?

Altro argomento da mille e una notte. Su cui si è favoleggiato senza sosta. Spingendosi a far balenare che una società libera sarà tale solo se annulla i lacci e i lacciuoli della pubblica amministrazione. Impresa titanica e dichiarazione ipocrita.

Per due motivi.

 La prima è che un sistema di regole per il funzionamento della società è indispensabile e quindi sono necessarie le persone che facciano funzionare la macchina; la seconda ragione è che la pubblica amministrazione è stata sempre un ammortizzatore sociale potente e, in quanto tale, direttamente collegata ai sistemi politici e partitici, quindi ipotizzare l’azzeramento della pubblica amministrazione risulta oltre che offensivo per chi lavora a vari livelli nel sistema pubblico anche ipocrita per chi lo afferma visto che costituisce un naturale serbatoio elettorale da non disprezzare.

Quale sarebbe dunque il percorso per sgrossare la pubblica amministrazione?

Il punto è collegato al precedente. Ancora una volta il tema digitale è sostanziale. Quante procedure sarebbe possibile applicare in autonomia e fino al lockdown non è stato possibile fare? Dai certificati alle ricette digitali per fare solo alcuni esempi.

Per avere una ricetta occorreva fare anticamera o mandare una mail al medico e poi passare a ritirare il pezzo di carta. Perché solo in tempi di distanziamento sociale forzato è stato possibile avere il codice sul telefonino da esibire al farmacista per poter avere il farmaco? Con internet sarebbe stato possibile già 5 forse 7 o 8 anni fa. Ma si è lasciato correre. Un Paese vecchio che bisogno ha di semplificare e ridurre i tempi sprecati?

Un esempio semplice e concreto ma tanti altri se ne potrebbero aggiungere. Alcuni anni fa si parlava del valore del tempo tanto che per alleggerire il carico che grava soprattutto sulle donne (tempo di lavoro esterno e lavoro domestico e lavoro di cura) era entrato nel sentire collettivo una definizione che equivaleva a un progetto: la banca del tempo.

Un progetto che poi ha trovato poche realizzazioni e di cui non si parla più. Come se il peso dei “lavori” (esterno, domestico e di cura) non gravasse più sulle donne.

Come si è imparato in questo periodo di “smart working” le donne sono state le più penalizzate perché anche il lavoro esterno è entrato tra le mura domestiche ed è andato a sommarsi agli altri due che le spettano diciamo per onere “di nascita”. Sconcertante. Anche questo è un progetto su cui lavorare con coraggio e creatività. Può un Paese vecchio immaginare il futuro?

Paese vecchio ce la farà a… creare un senso civico tra i cittadini?

Impalpabile, sottile l’impegno a far sì che ciascuno partecipi per dare risorse ai servizi che uno Stato come si deve ha il compito di garantire (omogenei) su tutto il suo territorio e per tutti i suoi cittadini. In una parola riusciranno i nostri eroi dopo tanti impegni presi e ripresi e ancora presi e poi ancora ripresi e puntualmente disattesi a creare un equilibrio contributivo?

Sarebbe una rivoluzione.

Ma c’è da chiedersi da dove si possa cominciare l’operazione. E’ qui che – chi si impegna su questo fronte – deve mettere sul piatto una gran dose di coraggio. Coraggio anche a contraddire se stesso (leggi lo Stato) che chiudendo gli occhi sulle sottrazioni delle tasse ha forse inteso farsi perdonare tante inefficienze e mancanze nell’erogazione dei servizi. Oltre ai tagli che equivalgono ad altrettante riduzioni di prestazioni (pensiamo alla sanità) rese come servizi ma semplicemente acquistabili.

Serve coraggio per cambiare strada perché impegnarsi a riequilibrare il peso della contribuzione tra i cittadini significa creare tanti scontenti il che, buttandola in politica, equivale a dire farsi tanti nemici. E la politica i nemici li coltiva al proprio interno non li gradisce tra i cittadini.

Mettere in discussione quel perverso equilibrio sedimentato nel corso del tempo non è facile. Gli echi in questi mesi invece parlano blandamente di una riduzione della tassazione che strozza i contribuenti e allontana i finanziatori. Sarebbe corretto certamente ridurre il peso della tassazione, chi potrebbe opporsi?

Sacrosanto progetto se arrivasse di pari passo con un altro fatto concreto – non solo teorico – mettere in chiaro le sorgenti di quei fiumi di denaro che scorrono alla luce del sole quando si parla di possesso e di fruizione di beni e servizi di lusso. Anche in questo caso l’informatica è un passaggio fondamentale… Che sia per questo che il nostro deficit digitale stenta ad essere colmato?

Può un Paese vecchio immaginare il futuro?

VECCHIO
VECCHIO
IL TACCUINO DI AELLE

info@antonellalenti.it

Lascia un commento