SERPE IN SENO/SALUTE

Non è ipnosi aiuta a rafforzare la resilienza dei pazienti nel riconoscere e convivere con i traumi: è l’EMDR

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La tecnica che utilizza il movimento bilaterale oculare nell’esperienza piacentina con i malati di cancro, di sclerosi multipla, ma anche con i bambini, i rifugiati e le persone con disturbi alimentari.

Trauma dopo trauma, il peso dei frantumi pesa sulla personalità che man mano si costruisce circondata da ansie, timori, fino a scivolare verso la rinuncia a vivere appieno o peggio a mettere in atto sistemi difensivi verso un esterno nel quale rivivono i vecchi traumi negati soprattutto a se stessi.

Come riuscire a ricomporre i cocci che, anche inconsapevolmente, fanno male e rendono fragili nell’affrontare le difficoltà della vita? Di questo tema si è parlato di recente in un convegno di formazione di cui sono stati protagonisti gli psicologi piacentini organizzato nella sala conferenze della palazzina risorse umane dell’Ausl di Piacenza.

DA SINISTRA MASSIMO ESPOSITO, PAOLA FRATTOLA, MICHELA MONFREDO, MARTA BETTINI, ELISA FARETTA E ANTONIETTA PROVINZANO

L’incontro introdotto dalla dottoressa Emanuela Fanzini è stato incentrato sull’approccio EMDR (Eye Movement Desensitization e Reprocessing scoperta dalla dottoressa americana Francine Shapiro di recente scomparsa) di cui ha estesamente parlato la dottoressa Elisa Faretta accanto a lei diversi professionisti piacentini hanno illustrato i risultati delle loro esperienze condotte in diverse situazioni in cui hanno utilizzato il trattamento EMDR nello svolgimento del loro lavoro. In apertura portando i saluti il professor Luigi Cavanna ha sottolineato come l’aiuto psicologico sia sempre di più un segmento indispensabile che si affianca alla medicina. I reparti oncologici – ha detto – non vengono accreditati se non hanno all’interno la figura dello psicologo.

Come si sviluppa la tecnica EMDR? Alla base vi è il movimento oculare bilaterale. Un movimento – ha spiegato la dottoressa Faretta – che tende a stimolare la capacità del sistema di aprire il collegamento. Ci aiutano a smuovere queste informazioni dopo le sedute quello stesso ricordo traumatico è lontano non mi fa più male. Si è sviluppata dunque una risoluzione più adattiva. Il processo di rielaborazione avviene autonomamente infatti in questa tecnica il paziente ricopre un ruolo alla pari del terapeuta, si potrebbe dire che è di fatto un co-terapeuta. Il terapeuta interviene poco è il paziente che sviluppa una serie di relazioni attraverso nuovi link e questo processo determina il rafforzamento di sé. L’obiettivo non è cancellare ma elaborare, sbloccare le connessioni dei ricordi. In metodo non è direttivo ma collaborativo. La persona è incoraggiata a lasciare andare il ricordo non a soffocarli…

Che cosa è il trattamento EMDR? Di certo non è ipnosi ma un percorso di ristrutturazione dei traumi vissuti che come primo passo devono essere riconosciuti e solo in quel momento possono essere superati.

L’approccio EMDR – ha spiegato la dottoressa Faretta – può  rafforzare la resilienza. EMDR può intervenire a modificare informazioni originate a livello neuronale e su questo si sono sommate evidenze cliniche.

Se l’esperienza del dramma rimane bloccata il dramma è presente e vivrà sensazioni uguali. Ha portato ad esempio il terremoto su cui sono stati eseguiti diversi interventi con EMDR. Si lavora dunque su esperienze vissute che sono tradotte in ricordi fisici. La prospettiva EMDR è quella di intervenire su questo circuito rompendolo e riparando le antiche memorie somatiche. Il circolo vizioso se non spezzato si alimenta e quindi aumenta il senso di sofferenza. Con EMDR si lavora sul passato ma anche sul presente.

Alcune esperienze condotte a Piacenza

Nella discussione sono intervenuti diversi professionisti che hanno messo l’accento come la tecnica possa essere importante e d’aiuto in vari campi. Il dottor Massimo Esposito ha parlato infatti del trattamento EMDR integrato all’esordio della Sclerosi multipla, e la dottoressa Antonietta Provinzano ha approfondito gli interventi nei casi di disturbi alimentari. Quindi la dottoressa Paola Frattola si è dedicata ai traumi dell’infanzia. Traumi che si sviluppano su un terreno molto vario possono spaziare dalla violenza assistita alla grave malattia di un genitore, all’abuso sessuale a maltrattamenti psicologici fino a grave trascuratezza. La dottoressa Frattola ha portato ad esempio il caso di una violenza sulla mamma e ha raccontato il percorso  col bambino per riuscire a far emergere il trauma che si era prodotto su di lui. Ha letto in conclusione una lunga lettera scritta dalla mamma per raccontare i fatti senza nascondere la realtà di quanto avvenuto.

Due gli argomenti su cui ho scelto di focalizzare l’attenzione il trattamento con EMDR dei pazienti oncologici e quello applicato ai traumi di cui sono portatori i profughi che arrivano nel nostro Paese attraversando situazioni di pericolo indescrivibili.

I racconti: il percorso con i malati oncologici

Il cancro è un evento molto traumatico che spesso si aggiunge ad altri traumi che si sono consumati nella persona lungo tutta la sua esistenza. Michela Monfredo ha centrato il suo racconto sull’esperienza con i pazienti oncologici. Tratti comuni si evidenziano nelle persone che sono aggredite dalla malattia. Tra le minacce più frequenti il sentirsi in balia degli eventi e non avere più il controllo della propria vita, ma anche l’incapacità di vedersi e sentirsi proiettati nel futuro l’idea che tutto il mondo vada avanti prosegua mentre tu che sei malati assisti escluso dal consesso. La dottoressa Monfredo ha proposto all’attenzione l’intervista a una delle pazienti seguite. Il cancro che ha colto la paziente all’età di 44 anni ha messo in discussione il percorso che aveva stracciato per la sua esistenza: dalla negazione iniziale alla convinzione di essere stata tradita dal proprio corpo e con l’avvio delle cure una serie di convinzioni tra cui quella di non potercela fare a riprendere una vita normale, la convinzione di morire presto e di sentirsi in pericolo e soprattutto gettata nella solitudine perché avverte difficoltà di comprensione della sua situazione da parte degli altri. Nel video intervista offerta all’attenzione della platea la stessa paziente ha rilevato come dopo il trattamento con Emdr è riuscita a riprendere il filo di un percorso che si era spezzato. Non si annullano i problemi ma li si riconoscono – ha spiegato – e quindi si riesce a superarli. La dottoressa Monfredo ha quindi sottolineato come la paziente sia riuscita a ristrutturare la propria vita riducendo il tempo di lavoro e inserendo un principio nuovo: cosa posso fare per me per stare meglio.

I rifugiati: “Sono malato nella testa e nel cuore”

Dai malati oncologici ai rifugiati. Altro intervento interessante ha riguardato l’applicazione della tecnica EMDR nell’ambito dell’assistenza ai rifugiati. Il tema è stato sviluppato dalla dottoressa Marta Bettini che ha raccontato il percorso intrapreso con Hammed un rifugiato dal Bangladesh col quale la prima difficoltà è stata la lingua e quindi è stato necessario l’intervento di un mediatore culturale per stabilire il dialogo. Ma questo non è bastato perché l’uomo portava con sé una lunga serie di traumi a cominciare da quando a causa di un cataclisma sul suo villaggio ha deciso di emigrare perché la sua attività di agricoltore e allevatore era andata completamente distrutta. Hammed era sposato con tre figli. S’indebita per partire nella speranza di trovare lavoro, approda in Libia e qui resta diverso tempo. Assiste e subisce violenze di ogni tipo fino al momento in cui in un ospedale assiste all’omicidio di una persona da parte delle guardie. A trauma si aggiunge trauma. Quando Hammed con un barcone approda in Italia, in Sicilia a Lampedusa viene destinato a Piacenza e da qui inizia il percorso di riabilitazione lunghissimo e faticosissimo – ha richiamato la dottoressa Bettini. Di sé diceva soltanto una frase “Sono malato nella testa e nel cuore”. La seconda difficoltà dopo la lingua è stata la paura di tutto quello che aveva intorno e la convinzione che per lui esisteva solo la morte. Quindi l’approccio del terapeuta si sviluppato innanzitutto sul canale teso a stabilire un rapporto di fiducia. Alla fine attraverso l’applicazione della tecnica EMDR il miglioramento della percezione di sé e l’avvio di un percorso relazionale esterno per Hammed ha potuto avviarsi. Ora non ha più incubi, ha trovato lavoro ha iniziato la scuola per imparare l’italiano. Il ruolo di EMDR è stato fondamentale. Ha concluso la dottoressa Bettini.

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