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Traffico, centro storico e mobilità sostenibile la memoria corre alle barricate di 40 anni fa

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Traffico, centro storico e mobilità sostenibile la memoria corre alle barricate di 40 anni fa

2024: in fatto di traffico siamo arrivati al dunque. O si affronta o si soccombe di fronte a una massa di mezzi che convergono ad ogni ora del giorno in una unica direzione ed è come se si volesse passare tutti in una cruna molto stretta da cui a breve, senza studiare rimedi, non potrà “scorrere” più nessuno.

Strade intasate di veicoli in sosta in moltissime vie strette della città. Strade adibite a tutte le funzioni: sopportano contemporaneamente pedoni, bici, soste, doppie direzioni di marcia pullman compresi che, per ragioni di ampiezza delle strade, e di questa macedonia viabilistica non possono godere di corsie preferenziali che farebbero accelerare un po’ rendendoli (forse) competitivi rispetto ad altri mezzi.

Il risultato? Oltre a un evidente laissez faire in cui ciascuno cerca di ritagliarsi spazi di sopravvivenza per difendere le abitudini consolidate, vanno considerate le insane boccate di CO2 che vanno giù ad ogni passo, per tacere poi dei rischi per chi, nonostante l’aumento del traffico e con esso della sua deregulation, si cimenta nell’uso della bici.

In soldoni il caos viabilistico a Piacenza continua. È questo il punto centrale quando si parla di questo argomento.

E per quel che riguarda il traffico entro le mura e i servizi di sosta fuori le mura sembra tutto fermo a quarant’anni fa. A metà anni Ottanta.

Pescando infatti nella memoria del passato sembra di essere rimasti a quel tempo, ora come allora quando si parla di traffico la difficoltà si fa insormontabile, un ostacolo del decimo grado. Non si esce da quel perimetro e neppure da quella concezione. Auguriamoci almeno di esserci lasciati alle spalle le barricate che si alzarono a quel tempo, intorno alla richiesta di ampliamento delle zone pedonalizzate.

Grandi manifestazioni gridarono allo scandalo raffigurando in un disegno una città murata sul cui anello erano disposti minacciosi divieti. Attorno a questo dissenso si organizzò anche una campagna politica che sfociò nell’elezione di alcuni consiglieri comunali che furono strenui oppositori di qualsiasi intervento legato alla regolamentazione del traffico nel centro storico. Da allora poche cose sono cambiate.

Di recente si è avuto un mini allargamento dell’isola che interessa le zone monumentali. Null’altro. E non si dimentichi che in una città turistica (come Piacenza ambisce di diventare) i turisti è proprio lì che si recano.

Nel frattempo le strade dentro e attorno al centro non hanno adeguato le funzioni alla nuova realtà. Di strada (è il caso di dirlo) dal 1985 ad oggi se ne è fatta parecchia e non in senso positivo.

Va messo in evidenza l’incremento del numero di veicoli circolanti, la crescita della loro dimensione, enormemente aumentata rispetto ad allora, una condizione che oltre all’intasamento delle vie stesse, contribuisce anche a un peggioramento della qualità dell’aria che fa di Piacenza (ma non sono da meno le città vicine come Cremona) una delle più inquinate, avamposto della plumbea pianura padana schiacciata da polveri, CO2 e Ozono.

Ed ecco un’altra contraddizione. Il tema della qualità dell’aria dovrebbe essere una delle ragioni indiscutibili per ragionare intorno a un rimodellamento della viabilità locale. Dovrebbero essere gli stessi cittadini a domandarlo, a convincersi che il momento di mettere in discussione le proprie consolidate abitudini è arrivato senza tante possibilità di appelli.

Invece? Nulla di tutto questo. Anzi.

Una timida affermazione da parte dell’assessore Matteo Bongiorni lanciata durante una trasmissione televisiva su Telelibertà sull’ipotesi di rivedere il transito di certe vie di scorrimento e di farne dei sensi unici (stradone Farnese e via IV Novembre) sembra aver fatto rinverdire il sentimento di opposizione che caratterizzò gli anni Ottanta piacentini.

Tutto questo nonostante che – anche a livello sanitario – si ripetono ormai all’infinito i dati sull’incidenza che l’inquinamento da polveri provoca al sistema cardiocircolatorio oltre che sulla salute dei polmoni.

Giù le mani dall’automobile è il refrain che ci arriva dall’antico e che si sente ancora ripetere. Convinti che, dietro i progetti di riorganizzazione della viabilità, vi sia una nascosta intenzione punitiva dei cittadini, spinta da un’ideologia ecologista dominante.

Eppure scelte per una nuova politica della mobilità cittadina avrebbero potuto essere già possibili visto che è del 2020 l’approvazione del nuovo Piano urbano del traffico nel quale si delineavano alcune scelte di razionalizzazione e di alleggerimento degli attraversamenti e in cui si parlava di una rete ciclabile attualmente molto carente.

Osservando e ascoltando le discussioni intorno alle prospettive e novità su questo argomento si ha spesso l’impressione di percorrere una strada circolare che non approda a nulla e riconduce al punto di partenza: una volta arrivati lì si sta fermi. Immobili. In questo modo non si fa che parlare senza arrivare a decisioni per le quali servono determinazione e coraggio e la difficoltà, le paure albergano proprio qui: correre il rischio di provocare l’alzata di nuove barricate.

Come di recente sta accadendo in altre città (leggi Bologna) dove la decisione di allargare le zone 30 è interpretata come un attentato alla libertà automobilistica (quando va bene) e al peggio un’insidia per la stessa economia secondo la logica che il tempo è sempre denaro. Ma approfondendo un poco si scopre però che il tempo è spesso vita.

Sul tema dell’incremento spropositato del traffico vanno considerati e non sottaciuti gli effetti delle scelte urbanistiche compiute nel corso di questi decenni che hanno contribuito (oltre ad aumentare il consumo di suolo) ad accrescere la necessità di spingersi ai margini della città per fornirsi dei servizi commerciali che hanno “popolato” sempre di più i numerosi centri commerciali presenti nella cintura cittadina.

ciclabili

Con questo sguarnendo di punti commerciali al servizio della residenza che, via via, ha lasciato anch’essa le zone centrali a favore delle aree periferiche e dell’hinterland e quindi creando una nuova categoria di residenti-pendolari che necessitano di strade e di parcheggi quando arrivano in città.

Parcheggi, l’altro punto debole che emerge qualora si affronta il tema della mobilità sostenibile. Da anni si chiede – anche per togliere dalle strade interne l’enorme numero di vetture in sosta –  la creazione di parcheggi scambiatori intorno alla cerchia cittadina. Ma dopo anni siamo anche in questo caso al punto di partenza. Un solo parcheggio alle porte della città servito da un bus navetta. Aree di sosta che andrebbero moltiplicate al servizio delle porte di accesso, ma resta un desiderata irrealizzato.

Bisogna poi considerare anche il servizio di trasporto pubblico che non ha mai goduto di grande appeal per i potenziali utenti. Una riorganizzazione della viabilità interna alla città, determinando quindi le strade che dovranno svolgere solo la funzione di scorrimento, non può non coordinarsi anche con il servizio della mobilità pubblica. Ed è un problema nel problema.

Tutto quanto, nonostante l’impellenza di iniziative concrete, sembra muoversi su un terreno accidentato che, come è già accaduto quarant’anni fa, potrebbe di nuovo inabissarsi nella palude.

Ma intanto traffico e inquinamento non temono fastidi. Procedono spediti verso i nostri polmoni.

Antonella Lenti

traffico

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