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Suolo a consumo 0 entro il 2050, è chimera?

I rischi derivanti dal clima cambiato impongono una riflessione concreta sulle scelte urbanistiche. Piacenza ha in corso la discussione sul PUG, la prospettiva permetterebbe di espandere ancora il terreno edificabile: sarà questa la scelta?
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Suolo a consumo 0 entro il 2050, è chimera?

Non serve ripeterlo, è stato detto all’infinito. Ora bisogna invertire la rotta. Davvero. È una possibilità sul tavolo da tempo che ora, dopo l’ennesima alluvione dai contorni eccezionalmente devastanti, diventa un imperativo per scelte, comportamenti, cura e pianificazione del territorio. Torna ancora sotto i riflettori l’eccesso di cemento. È questo il problema, la cementificazione? Forse sì. Anzi, è più di un forse. Sicuramente è una delle parti in commedia. O meglio della tragedia.

I dati pubblicati da ISPRA, Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale non lasciano dubbi in proposito. In tutta la regione Emilia Romagna – e naturalmente anche a Piacenza su cui si vuole focalizzare l’attenzione – si è costruito molto. Troppo.

Suolo – I dati che riguardano Piacenza e provincia

Basta consultare le schede che riportano dati pesanti che trafiggono come frecce. Ecco alcuni numeri: gli ettari di consumo di suolo nel 2021 sono stati per la provincia di Piacenza 19.719, tradotti sono 694,96 metri quadrati per abitante, di questi  – solo tra il ‘20 e il ‘21 – i metri quadrati pro capite sono stati quantificati in 3,63% del territorio.

Nel 2020 e 2021 il dato di Piacenza è di 15,24 ettari equivalente a 1,48 metri quadrati pro capite che consegna una densità di consumo di suolo (quantificata in metri quadrati per ogni ettaro) pari a 12,88 (Parma ha il 4,30, Bologna il 2,13 e Ferrara l’1,61, ma Reggio si attesta sul 15,36).  Il fatto che tutta l’Italia sia investita da questa “calamità” non consola e neppure esime da ripensamenti e dubbi.

Sempre riferendosi all’ultimo rapporto di ISPRA del 2021 negli ultimi dieci anni l’incremento del consumo di suolo segnala l’Emilia Romagna come la terza regione dopo Lombardia e Veneto. In questo contesto ancora il Piacentino mostra nelle fasce di primo piano alcuni Comuni della provincia. Tra questi ci sono alcuni comuni in cui il calcolo di consumo di suolo assegna a ciascun abitante una quantità di metri quadrati. Ecco quindi Besenzone con16,4 metri quadrati per abitante, Castel San Giovanni con 15,75 metri quadrati, Gossolengo con 13,84 metri quadrati e Fiorenzuola con 10,06 metri quadrati.

Suolo – “Quello consumabile è limitato” ma poi…

Il punto di riferimento per il futuro è la legge urbanistica del 2017 che pone come orizzonte temporale il 2050 con consumo di suolo 0. In essa luci e ombre che hanno sollevato non poche critiche da parte degli ambientalisti. A Piacenza si è avviato l’iter per il Piano Urbanistico Generale (PUG) che dovrà appunto far riferimento a quella legge regionale. Il nodo riguarda la possibilità di un ulteriore espansione pari al 3% che ha come riferimento l’area utilizzata nel 2017, anno di entrata in vigore della legge stessa.

In questi anni tanti hanno analizzato la situazione e progettato un’inversione di tendenza. Sulla situazione piacentina da segnalare anche il documento di analisi dei numeri attuali redatto dalla Provincia di Piacenza in vista della discussione sul Piano Territoriale di Area Vasta che sostituirà il vecchio PTCP.

Quali sono dunque le conclusioni con cui si presenta il Piano Territoriale di Area Vasta (PTAV)? Sono esplicitamente dette: “Il sistema locale dovrà affrontare un mutamento di paradigma nel rapporto tra sviluppo del sistema produttivo e consumo di suolo: il suolo consumabile diventa una risorsa disponibile in una quantità limitata e non incrementabile – si pone un classico problema di scelte tra usi alternativi e tra loro concorrenti – fare le scelte “giuste” in termini di sostenibilità territoriale ed ambientale e di efficienza (capacità di generare valore aggiunto ed occupazione) degli insediamenti sarà decisivo per sostenere la competitività del sistema locale”.  

Il quadro tratteggiato dalla Provincia illustra ed entra nel dettaglio di alcuni aspetti della situazione esistente.

Tra queste viene data una valutazione riguardo alle superfici comunale del suolo ad uso insediamenti produttivi, commerciali, dei servizi pubblici e privati, delle reti e delle aree infrastrutturali. “L’incidenza sulla superficie comunale è molto diversificata. Ad una dato medio del 4% per la provincia – si afferma –  corrispondono valori massimi, maggiori del 10% per Piacenza, Castel San Giovanni e Fiorenzuola e valori maggiori all’1% nelle zone montane”. Per quanto riguarda il periodo 1994-2008 e per il 2008-2017 si parla di una “conferma della polarizzazione lungo il corridoio della pianura”.

Suolo – “Uso inefficiente”

Interessante, sempre attingendo dal documento della Provincia, l’analisi del rapporto tra suolo utilizzato e addetti alle attività extra-agricole che – si spiega – può essere considerato “un indice di efficienza dell’uso del suolo”.

Su questo si evidenzia “Un’elevata variabilità, con valori inferiori a 1.000 mq per addetto nella zona di pianura a valori anche 10 volte più elevati in alcuni comuni montani. Il dato mette in luce la presenza di ‘economie di scala’, che consentono un utilizzo più efficiente del suolo nei sistemi produttivi di maggiori dimensioni”.

Non è positiva la valutazione sul rapporto tra suolo utilizzato e occupazione e viene evidenziato così: “A fronte di un’incidenza sulla superficie provinciale inferiore a quella media regionale, Piacenza si caratterizza per un uso di suolo ‘meno efficiente’ sia in rapporto agli occupati sia rispetto al valore aggiunto prodotto. Vengono utilizzati 77 ettari ogni mille occupati ( +61%) e 1,25 ettari per ogni milione di valore aggiunto prodotto (+75%) mentre nelle altre realtà regionali il suolo produttivo “rende” di più e la percentuale scende come a Rimini (36,8%), a Forlì-Cesena (45,81%), a Parma (55,4%), a Modena (46,42%).

L’esame provinciale parla di un radicale cambio di scenario con la nuova legge regionale 24 del 2017 rispetto al consolidato.
Cosa significa concretamente tutto questo?

Suolo – Nuova legge urbanistica, lo scenario futuro

Ancora i numeri (espressi nell’esame compiuto dalla Provincia) possono aiutare a capire quale situazione si presenterà per il futuro. Il totale del territorio urbanizzato nel Piacentino tra il 2008  e il 2017 è pari a 12.736 ettari (la valutazione deriva da una stima calcolata sui piani comunali) quindi il limite del 3% contenuto nella legge 24 porterebbe il limite del consumo di suolo a 382,10 ettari.

Se sarà questa la trama da scrivere per i prossimi anni lo si vedrà. Al centro dell’attenzione, naturalmente, il prossimo PUG di Piacenza su cui sono avviati incontri con i cittadini per tracciarne le linee.

Intanto secondo la legge in vigore dal 2022 al 2050, utilizzando il 3% di costruibile, il Comune di Piacenza ha la possibilità di prevedere altri 93,35 ettari di suolo. Una possibilità che hanno a disposizione tutti i Comuni della provincia. Per citare i più importanti: Castel San Giovanni potrà  aggiungere 20,3 ettari, Fiorenzuola 14,45.

Ma ce ne sono altri con superfici a due cifre come Caorso, con 334 ettari urbanizzati può aggiungere 10,2 ettari, Podenzano con 458,55 ettari occupati può ampliarsi di 13,6 ettari, Pontenure che ha 354,51 ettari di superficie urbanizzata può aggiungere 10,64 ettari, Rivergaro ha una superficie occupata si 469,68  e può allargarsi di 14,09 ettari e Rottofreno, con 391,98 ettari occupati ha possibilità di ampliarsi di 11,76 ettari. Consumo di suolo zero? Una chimera.

Suolo – Dieci anni di forte cementificazione

Una classifica in costante ascesa quella che inquadra l’andamento della regione Emilia Romagna se si considera che tra il 2012 e il 2015 l’incremento di ettari di suolo cementificato è salito a 1.570,47 ed è stato in crescendo dal 2006. Questi dati si evincono da un osservatorio regionale stilato per mostrare “lo stato dell’arte” quando si avviò la discussione sulla nuova legge regionale per il consumo di suolo 0 che, come si diceva, è entrata in vigore mnel 2017 ma che ha permesso le deroghe ai comuni fino al 2021.

Una scorpacciata di terreno edificabile, si dovrebbe dire osservando i dati anche degli anni successivi al varo della legge nel 2017. Infatti tra il 2017 e il 2018 gli ettari sono stati 559,03; dal 2018 al 2019 649,36; dal 2019 al 2020 468,84 per arrivare al 2020-2021 a 658,16 ettari.

Suolo – Uniti dall’alluvione devastante

Tornando all’attualità, l’apocalisse di oggi della Romagna richiama alla mente quella del 2015 in Val Nure e in Val Trebbia. Eventi unificanti in una stessa regione; realtà tanto diverse, ma parte della stessa geografia e dello stesso modello di vita e di sviluppo. Unite dalla via  Emilia, l’antica strada romana ci testimonia che, in una manciata di decenni, si è trasformata in una specie di “decumano” che attraversa una pianura vestita di cemento senza soluzione di continuità.

Gli allarmi dati in questi anni sono andati inascoltati, anzi, sono motivo di derisione e di messa all’angolo verso chi li fa e chi concentra l’attenzione sul consumo di suolo e sulla cementificazione esponenziale che, lungo l’asse della via Emilia, ha il suo profilo più eloquente.

Il maggio della Romagna di oggi ci riporta alla mente il settembre del 2015 nel Piacentino quando un’onda di distruzione ha devastato alta Val Trebbia, alta Val Nure e, giù giù, fino a Piacenza. Si ricorderanno gli scenari visti a Ferriere, Farini, Bettola fino a Roncaglia. Un evento che ha mostrato l’eccezionalità. I commenti di allora, come quelli di oggi, improntati sempre sui medesimi concetti, sugli stessi paradigmi.

Rispettare la natura, il territorio, i fiumi e far compiere un passo indietro alla cementificazione. Anche in quel frangente il proposito più raccontato si basava su due presupposti di fondo. Da un lato la presa d’atto (peraltro senza possibilità di scelta) che il clima era cambiato e che le piogge si presentavano ormai come veri e propri uragani devastatori.

Dall’altro la necessaria “presa di coscienza” (quando mai si avuta!!!) che la delicatezza del territorio su cui viviamo avrebbe avuto bisogno di una costante attenzione e cura per evitare che eventi imprevedibili potessero sconquassare – quando non portarsi via – la vita delle persone che in quei luoghi abitano. Detto fatto? No.

Così quel che è successo allora qui, è accaduto ancora a qualche centinaia di chilometri più a Est e con una dimensione molto maggiore anche per la forte presenza di centri urbani di medie e grandi dimensioni.

Un report di Arpae redatto successivamente all’alluvione del 2015 mette l’accento sulla situazione che può essere letta anche come un avvertimento importante quando si parla di consumo di suolo in rapporto alle fragilità di un territorio “Confrontando le mappe dei torrenti Trebbia, Aveto e Nure, mediante l’analisi delle foto aeree e satellitari e controlli sul terreno, risulta che la piena ha interessato non solo le fasce soggette a alluvioni frequenti ma anche, sia pure in modo relativamente esiguo, le fasce soggette a alluvioni rare ( da più di  20-50 anni) e molto rare (a più di 200 anni).

Risulta inoltre che le aree allagate del torrente Nure hanno coinvolto aree esterne alle varie fasce in entità maggiore rispetto al torrente Trebbia a causa dell’interessamento delle zone pianeggianti nei dintorni delle località di Pontenure, Boschetto e Roncaglia, e in misura minore (per superficie, ma non per importanza) dei centri abitati di Farini e Bettola”.

Come dire, gli eventi accaduti ci parlano, sta a noi volerli ascoltare.

Antonella Lenti

info@antonellalenti.it

suolo

Nella foto di copertina la parte blu indica i Corpi idrici e aree potenzialmente allagabili nei tre diversi scenari di probabilità elevata, media e bassa nelle province della Regione Emilia Romagna. Fonte: Mosaicatura ISPRA 2020.

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