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Sanità del dopo pandemia? In ristrettezze

Pronto soccorsi: poco personale, troppi codici bianchi e verdi serve una struttura intermedia: al vaglio la sperimentazione dei Centri di assistenza Urgenza per i malati meno gravi. Pronto soccorsi: poco personale, troppi codici bianchi e verdi serve una struttura intermedia: al vaglio la sperimentazione dei Centri di Assistenza Urgenza (CAU) per i malati meno gravi

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Sanità: l’assessore Raffaele Donini ospite del Pd parla dei servizi sanitari territoriali: ospedali e Case di comunità per Fiorenzuola e Castel San Giovanni

“Il Pd che discute di sanità? Non c’è nulla di sovversivo in questo. È giusto che il Pd si occupi dei problemi dei cittadini”.

Parola di Raffaele Donini, assessore regionale alla sanità ospite del confronto con i rappresentanti piacentini interessati all’orizzonte dei servizi sanitari da Piacenza a Fiorenzuola e Castel San Giovanni.

A parte l’interesse sull’argomento trattato, emerge un altro elemento da mettere in primo piano. È il gesto politico dei Dem di dare vita a una conferenza pubblica dedicata alla politica sanitaria che rappresenta un unicum per il partito in questi ultimi anni.

L’incontro di cui si parla è quello dei giorni scorsi nella chiesetta della cooperativa il Germoglio di via Bubba che ha preso avvio dal convergere dell’iniziativa del consigliere regionale del Pd Gianluigi Molinari e della segreteria provinciale guidata da Carlo Berra. Durante la presentazione della giornata (presente anche la sindaca Katia Tarasconi) si è fatto cenno ad altri momenti di confronto che saranno organizzati sulle questioni più importanti che intersecano la vita di tutti.

Vien da pensare che dunque il Partito democratico abbia inaugurato una nuova stagione nell’ottica di recuperare quel filo di dialogo costruttivo con i cittadini che, invece, sembrava dismesso da tempo trasformandolo in una macchina amministrativa e istituzionale e, di tanto in tanto, elettorale.

Una nuova via su cui, tra l’altro, non sono subito mancate le polemiche. Nonostante tutto, se un partito esce dalle sue stanze – e lontano da appuntamenti elettorali imminenti – illustra le proprie idee e posizioni perché i cittadini ne discutano, non può che essere salutato positivamente anche se su quelle idee non si concorda appieno o per nulla. Tanto più che la sanità è oggi avvolta da molte nubi che investono il prossimo futuro.

Al confronto del Pd sulla sanità presenti i rappresentanti dei circoli di Fiorenzuola, Castel San Giovanni e Piacenza. Territori interessati – e un tantino preoccupati – dalle strette di bilancio che su un settore cruciale come la salute non fanno ben sperare. Se il livello nazionale è di primo piano, da esso dipende anche tutto il potenziale della capacità di spesa regionale e quindi locale, non da meno sono i “ritocchi” all’organizzazione di cui ha parlato l’assessore Donini e che riguardano i servizi nel Piacentino.

Sanità – Legge d’iniziativa popolare per salvare il SSN

Dapprima l’iniziativa politica. L’assessore stesso ha parlato di “Bivio, l’ultimo bivio in cui si trova il Servizio Sanitario Nazionale; noi con Toscana e Veneto siamo un sistema pubblico universalistico  e, a differenza della Lombardia orientata verso la sanità privata, i costi per gestire tutto questo sono molto alti. Ma siamo anche le realtà che lo stesso Governo ha accreditato come miglior sistema del 2020 e del 2021”.

Il messaggio dunque è chiaro, per quanto tempo si potranno tamponare le falle se non saranno riequilibrati i bilanci con le spese sostenute durante la pandemia che ora “sono stati riequilibrati mettendo a disposizione un milione di euro di risorse nostre?”. Non c’è più tempo. Da qui l’avvio di una accolta di firme per una legge d’iniziativa popolare che torni a finanziare la sanità con 4 miliardi euro all’anno per 5 anni per raggiungere in questo modo una quota del 7,5% del Pil. Una strada che – secondo Donini – permetterebbe la programmazione e di dare risposte concrete ai cittadini.

Se durante la pandemia la convinzione generale era che la sanità sarebbe stato il settore su cui puntare mettendo a disposizione i finanziamenti previsti col il PNRR, nei fatti, questo proposito si è andato dissolvendo e non si è realizzato. 

Tra l’altro – ha richiamato Donini – durante la pandemia le Regioni, su mandato del Governo hanno curato, ricoverato, vaccinato e fatto tutto quello che era necessario per impedire che le persone soccombessero al virus.

In Emilia Romagna – ha ricordato – sono stati curati 100mila pazienti in ospedale e 300mila a domicilio con un totale di un milione di prestazioni. Una situazione che ha portato al rinvio di 76mila interventi chirurgici. Nonostante tutto questo il sistema ha tenuto dimostrando che la sanità pubblica è stata la risposta vincente a quella situazione di emergenza.

Ma c’è un particolare che va sottolineato: “Il sistema pubblico risponde bene alle emergenze, ma costa caro. La Regione ha messo a disposizione 1 milione di euro per tre anni per sostenere e contrastare la pandemia a cui si sono aggiunte poi le spese energetiche… intervenute lo scorso anno con la guerra in Ucraina”.  La pandemia però ha anche significato un rallentamento delle prestazioni: nel 2019 sia le attese specialistiche sia quelle diagnostiche (salvo la chirurgia a bassa complessità) erano ad un livello accettabile. Dal 2020, però, la “produzione ospedaliera si è dimezzata: dovevamo curare le persone che per il Covid non respiravano più”. 

È questo il bivio oltre il quale non si può andare perché – ha ripetuto più volte Donini – o viene rifinanziata la sanità pubblica oppure si va verso la dequalificazione progressiva del Sistema sanitario nazionale. Ha poi parlato di una grande disattenzione su questo tema tanto che “anche l’ultimo DEF è in calo e finanzia il 6,2% del Pil anziché il 7,4% del 2020”.

Sanità – Quali ruoli per gli ospedali piacentini?

Per rispondere agli esponenti territoriali di Fiorenzuola e Castel San Giovanni, presenti con le loro liste di domande sul futuro dei rispettivi ospedali, Donini è partito da una premessa dicendo che agli ospedali territoriali e non hub (considerato quello di Piacenza) è necessario venga definita un’identità specifica. Individuarne, insomma, una funzione originale che attragga, per quella funzione, su quel territorio portando quindi a un elevata quantità di prestazioni che ne eleva il livello della competenza.

Per quanto riguarda l’ospedale di Fiorenzuola (oggi ospita l’unità spinale) ha parlato di potenziamento della fase di riabilitazione con 10 posti letto in più. Quindi ha puntato sulla prospettiva per  “allargare le prestazioni anche alla riabilitazione ortopedica; sarà questa la nuova funzione individuata conservando la riabilitazione cardiologica Castel San Giovanni”.

Quanto alle sale operatorie da tempo in attesa di essere realizzate? È stata la richiesta da Fiorenzuola, Donini ha rassicurato che i finanziamenti sono ora a disposizione e l’Ausl può dare il via alla realizzazione delle due sale operatorie previste. Lamentati poi i tempi lunghi per la Case della salute “in forte ritardo dal 2015” e forte incertezza sul ruolo dell’ospedale per la parte non riguardante la riabilitazione. Prospettive – è stato detto – su cui sembra di vedere una “navigazione a vista”.

Nulla di tutto questo – ha rilanciato l’assessore – compatibilmente con le difficoltà della regione a programmare in quanto non ha certezza di fondi adeguati per dare il via ai progetti. Sia per Fiorenzuola che per Castel San Giovanni l’assessore ha parlato della realizzazione degli Osco, gli ospedali di comunità che – ha avvertito – “attenzione a considerarli un declassamento perché non è affatto così.

Non si tratta di una dequalificazione. Siamo in presenza di una sempre maggiore utenza di persone che non devono essere ospedalizzate, ma non possono neppure stare al loro domicilio e queste strutture, rivolte alle cure primarie, sono una grande opportunità per il territorio. Accanto a questi ospedali poi ci sono le Case di comunità che insieme contengono la rete clinica (con attività di medicina generale – in regione su 2600 medici già 600 svolgono attività nelle case di comunità, ma non risulta così larga l’adesione nel Piacentino) con la rete assistenziale (infermiere di comunità) e l’assistenza domiciliare.

Se per Castel San Giovanni viene confermata la specificità di “Ospedale della donna” con l’attività senologica e altri servizi, viene ridefinito il pronto soccorso e chirurgia a bassa complessità. Sia per Castel San Giovanni sia per Fiorenzuola – ha annunciato Donini – si fa largo l’ammodernamento delle strutture diagnostiche. Dopo un’analisi puntuale del “parco macchine” in dotazione si è evidenziato che molte di esse si trovavano in uno stato di forte obsolescenza e comportano un investimento di almeno 70 milioni. “Ora, attraverso il PNRR ce ne saranno assegnati 80 e quindi si interverrà in questo senso”.

Sanità – Ridefinizione dei sevizi di Pronto soccorso

Tra i progetti che riguardano tutta la sanità ne spicca uno che riguarda la rimodulazione del sistema di emergenza-urgenza, in sostanza il 118 “Lo abbiamo inventato noi – ha rivendicato Donini – ed ora è necessario ripensarlo. Quella della risposta di emergenza è un problema che investe tutta l’Italia – ha sottolineato. Per questo c’è chi chiude i Pronto soccorsi per mancanza di personale… Un problema che si presenta come un’emergenza sull’emergenza. Come fare?

Secondo quanto evidenziato la strada non deve essere l’esternalizzazione. Le scelte di oggi devono tenere conto di questa nuova situazione dovendo escludere l’esternalizzazione del servizio. Lo stesso ministro – ha ricordato Donini – ha stoppato il ricorso alle cooperative che, oltre a discontinuità di presenza, determinavano un ingiusto trattamento economico tra medici dipendenti del sistema nazionale e i liberi professionisti.

Sanità – Resta la domanda cruciale del come

Un punto di partenza sarà l’inserimento di un medico presente 24 ore al giorno nella sede del 118 che sarà parte attiva già al momento della chiamata del cittadino. E poi ci si orienta sulla separazione delle prestazioni di “emergenza-urgenza” che, con priorità diverse, non possono confluire entrambe nei Pronto soccorsi.

Consideriamo – ha puntualizzato l’assessore – che sempre di più il ricorso al Pronto soccorso riguarda codici bianchi o codici verdi che non pongono problematiche “salva vita” e neppure “tempo dipendenti” contribuendo ad intasare le strutture e allungare i tempi di attesa. Da qui la necessità di creare una struttura intermedia che intercetti il paziente al momento dell’emergenza e sia in grado di prestare le cure necessarie attivando in quel momento anche l’urgenza in presenza di gravità delle condizioni..  Una decisione che si sta sperimentando in alcune realtà della regione – ha rilevato Donini – e che nasce dall’analisi degli attuali dati di accesso ai Pronto soccorsi.

È stata promossa in Romagna una nuova forma di “assistenza-Urgenza” chiamati CAU Centri di Assistenza Urgenza e, in questo modo, se la sperimentazione avrà successo i malati meno gravi potranno non essere più trattati nei Pronto soccorsi. Se questa sarà la via quindi è inevitabile che i Pronto soccorsi cambieranno le loro funzioni.

La riorganizzazione che si sta ipotizzando  nasce però anche da un altro punto critico. Affonda le radici nella carenza di personale, particolarmente tangibile per questo segmento della sanità di prima linea.

Un problema che è generalizzato nel campo sanitario su cui Donini non si esime dall’autocritica: “Si è investito poco in capitale umano – ha puntualizzato – e, a parte il numero chiuso in medicina, va rilevato che negli ultimi 15 anni il definanziamento al settore sanitario ha prodotto la carenza di medici e infermieri negli ospedali”.

Anche qui la domanda si ripete: che fare? Il progetto di ridefinizione è in fase di costruzione e attribuisce un ruolo fondamentale all’apporto della telemedicina: la presenza del medico specialista in remoto che rileva gli esami del paziente in tempo reale può superare la necessità di una struttura fisica di emergenza così come la conosciamo ora.

Il progetto punta sui fondamentali accordi con i medici di medicina generale e deve essere portato a compimento con il coinvolgimento dei cittadini che spesso si rivolgono al pronto soccorso perché, pur in presenza di una emergenza non tempo-dipendente, non hanno trovato un medico che li assista. Una svolta dunque che, a parte il ripensamento del servizio, investe anche un aspetto culturale che non sarà facile impostare.

Antonella Lenti

info@antonellalenti.it

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