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TERZO MILLENNIO QUALE SINISTRA – Mix 2022: congresso Pd, Alternativa, elezioni di Piacenza

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Perché il Pd ha dato l’addio ad Alternativa per Piacenza così a tambur battente? E’ accaduto a poche ore dalla “rottura” consumata nell’assemblea di giovedì 3 febbraio (innescata da emendamenti su un documento che non sono piaciuti al Pd).

E’ solo l’ultimo episodio di una sfilacciata convivenza nella ipotesi di coalizione di centrosinistra tra alcune rappresentanze partitiche (diverso il comportamento di alcuni, dai M5s a Europa Verde) di cui il Pd è stato “azionista di maggioranza” e le componenti civiche e movimentiste presenti nell’assemblea plenaria, l’organismo in dissenso sulla “delega totale” al tavolo politico (presenti anche i coordinatori dei gruppi programmatici formati nell’assemblea stessa) sull’indicazione della candidatura.

Questo è quello che appare dall’esterno e che ha fatto e continua a far discutere (anche con parole dure, come sempre quando una relazione si rompe) ma ad un’osservazione attenta della situazione che si è creata in questi giorni altri fattori  – non secondari – potrebbero aver portato alla separazione di fatto.

Alcuni fattori sono di prospettiva, come il difficile rapporto tra alcuni partiti e i movimenti nell’area della sinistra, già sottolineati nei giorni scorsi nel post intitolato “TERZO MILLENNIO, QUALE SINISTRA – 2022 Divisi alla meta, partiti e movimenti dialogo impossibile?” (https://www.antonellalenti.it/2022/02/partiti-movimenti-dialogo.html

Altre ragioni però potrebbero risiedere tutte all’interno del Pd. Sarebbero da collegare alla particolare stagione politica che il partito sta vivendo in questo momento alle prese con il congresso (due le candidature in campo: Carlo Berra e Paola Gazzolo).

Si vedranno a breve gli equilibri che si determineranno e chi convergerà su chi. Un’altra storia, certamente, ma può aver determinato incursioni anche in quel che sta succedendo nel tentato campo largo di centrosinistra chiamato ApP.

I tempi degli accadimenti in questa vicenda hanno un loro significativo peso.

La stagione congressuale Pd

L’appuntamento è arrivato a pochi mesi dall’orizzonte delle elezioni amministrative in cui si gioca una partita politica molto importante per i Dem (brucia ancora la sconfitta subita nel 2017) e il sogno di rivincita sulla sindaca uscente e la sua coalizione cova da tempo. E’ per questo che il Pd ha di fronte un imperativo che non può permettersi di trascurare: restare unito. Quanto sia unità vera o di facciata non importa…  

La stagione elettorale

All’appuntamento elettorale il partito non può permettersi di arrivare diviso. Se mai ci sarà da scontrarsi lo si farà poi, a bocce ferme.

In questo momento il Pd ha preso la decisione di uscire dall’immagine lacerata che ha trasmesso la costituenda coalizione di centrosinistra di cui faceva parte. Da settimane il Pd è al centro del braccio di ferro con le componenti civiche e movimentiste legate a questioni di regole di partecipazione e di rappresentanza che portano dritti-dritti a “chi sceglie chi”. Tradotto significa: chi sceglie la candidatura per le comunali 2022. I partiti o la forma assembleare chiamata Alternativa per Piacenza?

Ora il Pd si è smarcato da Alternativa, da veti incrociati e con questa decisione sulla candidatura avrà libertà di manovra. In parallelo si vedrà cosa accadrà alla residua Alternativa per Piacenza e se questo organismo si muoverà anche sulla scena elettorale. Proseguirà e sceglierà un proprio candidato o più avanti ci sarà un ricollegamento con Pd e partiti collegati?

Le divisioni del Pd

Che novità, si potrebbe dire, le divisioni del Pd sono note, arcinote…il Pd è diviso da sempre.

Ma con il congresso in corso e con le amministrative alle viste quelle divisioni potrebbero pesare. Soprattutto perché da tempo non tutto il partito aveva visto con favore la presenza in Alternativa. Tra le critiche più sentite infatti c’era il timore che il partito fosse “eccessivamente appiattito” su ApP.

Una posizione che forse ha serpeggiato, crescendo in queste settimane quando si è entrati nel vivo della scelta di una candidatura che si fa attendere da inizio dicembre. Tanti nomi sono caduti uno dopo l’altro non appena la stampa li ha pubblicizzati. E poi loro stessi, uno dopo l’altro, hanno detto “no grazie, non ci interessa”.

La svolta sulla candidatura

Poi una settimana fa le cose sono cambiate e hanno avuto un’accelerazione. I segni della rottura erano già evidenti: una parte del tavolo politico riferimento dell’assemblea di ApP se ne era uscito. Per tutta risposta il Pd aveva mandato l’avvertimento… “attenzione questa situazione non può andare avanti… si potrebbe arrivare a divaricare le nostre strade…” Sulla candidatura era stata lanciata una prospettiva nuova: “se entro 15 giorni emergerà un nome che possa unificare le parti non ci saranno le primarie… ma se ci fosse un nome…”

Quel nome a distanza di pochi giorni  è  emerso con la possibilità di una candidatura di Massimo Castelli, sindaco di Cerignale e impegnato a livello nazionale in Anci-piccoli Comuni. E’ intorno al suo nome che se si sono coalizzate tutte le componenti interne del Pd ma al contempo è emersa freddezza da parte di ApP.

E qui sta forse il punto della scelta di oggi. Unità per unità, il Pd ha preferito quella del partito. Alle amministrative non si può arrivare divisi… Con buona pace della più volte richiamata unità all’interno di Alternativa che fino all’ultimo si è tentato di affermare come valore primario. Ma senza riuscirci, visti gli esiti finali.

C’è poi un altro problema (ancora aperto) che tiene in vita la relazione tra il Pd e quel che resta di Alternativa per Piacenza (si attende di conoscere quali saranno i nuovi contorni delle persone, dei movimenti e dei partiti che resteranno in quell’esperienza).

Questa relazione interrotta ha mantenuto un anello di congiunzione, Stefano Cugini, che in consiglio comunale è capogruppo del Pd; sul suo nome, già da mesi, hanno spinto i colleghi consiglieri comunali Sergio Dagnino e Luigi Rabuffi oltre agli esponenti ambientalisti e altre componenti di ApP, ma nel Pd questa proposta è stata accolta freddamente e non ha mai avuto aperto sostegno anche se pubblicamente ciò non è mai stato dichiarato. Ora lo stesso Cugini ha risolto il rapporto con il Pd uscendo dal gruppo consigliare e affiancandosi ai due colleghi Rabuffi e Dagnino nel nuovo gruppo che si protende verso le elezioni. 

E la questione ora è ancora più complicata per il fatto che al manifesto di adesione per la candidatura di Massimo Castelli ha fatto eco un altro manifesto a sostegno di Stefano Cugini.

Confronto da decidere con le primarie tornate all’attenzione dopo la decisa contestazione a inizio gennaio quando fu il Pd a proporle con la candidatura certa sul tavolo Cugini (che poi aveva fatto un passo indietro) e diverse ipotesi mai confermate di esponenti Pd. Ora le primarie (a sorpresa) sono rientrate dalla finestra. Non è più il Pd a ipotizzarle, ma il gruppo di Alternativa che prima le contestava. Il motivo? “Perché la candidatura possibile di Massimo Castelli le rende fattibili”. Così la tesi degli ex contrari.

Con il distacco del Pd da Alternativa per Piacenza, con la convinzione (dichiarata) che Massimo Castelli sia il candidato unitario di un’area larga di centrosinistra (sul perimetro di quella che sostenne Bonaccini nel 2020 così le dichiarazioni più recenti) rendono la posizione di Stefano Cugini e il manifesto in suo sostegno un’arma spuntata. Per lui con chi saranno le primarie eventuali se il Pd ora ha scelto un’altra strada? Sviluppi si attendono.

Interrogativi investono anche il comportamento che terrà il M5s rispetto alla coalizione che ha annunciato di costruire il Pd dopo l’uscita da ApP. Prevarranno ragioni locali (restare in ApP o quello che seguirà) oppure quelle nazionali scegliendo un’alleanza coi Dem?

Da dove è partita la conflittualità interna al Pd

Va detto che la situazione interna al Pd che ha portato alle recenti decisioni non è nata ieri. Già a novembre sono iniziati gli scricchiolii. Una parte della direzione del partito (quella che fa riferimento a Roberto Reggi) ha mandato segnali inequivocabili con le dimissioni della segretaria cittadina Annalia Reggiani e con lei anche i membri della stessa componente non hanno più preso parte alla direzione.

La protesta era sì legata alla decisione di far slittare il congresso a dopo le amministrative, ma si era poi evidenziata anche una certa insofferenza per quel che stava venendo avanti in Alternativa per Piacenza dove il segretario uscente Silvio Bisotti era stato presente fin dall’inizio rappresentando tutto il partito. Il dissidio interno è stato dunque un fatto nuovo che ha certamente inciso nel rapporto del Pd con Alternativa.

A questo primo problema si aggiunga il fatto che la decisione di posticipare il congresso è stata riconsiderata su pressione dello stesso segretario nazionale Enrico Letta che a sua volta deve ricucire e soprattutto reimpostare un’azione politica.

E’ un fatto che dopo la sconfitta sulla riforma costituzionale di Renzi nel dicembre del 2016, il successivo cambio di segreteria passato a Nicola Zingaretti il Pd non abbia mai affrontato una discussione congressuale che tanti in questi anni hanno inutilmente chiesto.

Comunque sia appare evidente che la conflittualità interna riemersa dalle ceneri mesi fa è stata un elemento che di fatto ha introdotto una delegittimazione della figura del segretario impegnato nel tessere la tela di un nuovo centrosinistra largo. Anzi larghissimo. Ora con l’uscita del Pd da ApP si ridisegnerà un nuovo campo ma intanto qualche coccio resta sul terreno.

Brevemente l’antefatto dell’ultima assemblea di ApP

Giovedì l’assemblea di Alternativa per Piacenza ha votato una mozione inizialmente sostenuta anche dal Pd. Nella sostanza si prevedeva la ricostituzione del tavolo politico allargato a partiti, movimenti, rappresentanti dell’assemblea stessa. La mozione passa, ma senza il voto del Pd.

Che cosa è accaduto nella lunga discussione (a dir la verità quasi tutta in politico-burocratese) che ha portato a quel risultato finale?

Si può dire che il “veleno” è arrivato dalla coda. Con l’approvazione (forse non attesa) di un emendamento al documento in cui, a proposito della candidatura, due-parole-due hanno cambiato l’esito previsto. Nel documento finale si prevede anche l’approvazione da parte dell’assemblea. Un sostanziale cambiamento che il Pd non ha gradito.

Quelle due parole hanno ribaltato il tavolo politico che, a questo punto, non esiste più come ha operato fino ad ora.

Un tavolo politico che prenderà avvio non sarà all’interno del perimetro di Alternativa per Piacenza di cui – soprattutto all’avvio – era stato marcatamente sottolineato lo spirito unitario da cui nasceva. Partiti, movimenti, associazioni e anche singoli al lavoro per costruire un futuro programmatico per Piacenza. Così si diceva.

Facendo un parallelo azzardato col passato “la gioiosa macchina” del centrosinistra non è riuscita a camminare. Si tratta delle ataviche spinte centrifughe delle forze della sinistra a dividersi e a ragionare sul filone “o con me o contro di me”?

No, non è solo questo che ha fatto implodere quello che da molti veniva considerato un esperimento unico. Sia  per come si era manifestato, sia per il lungo lavoro che ha affrontato scandagliando i problemi della città, discutendoli e cercando soluzioni da sottoporre all’attenzione dei cittadini…

Tutta questa parte del lavoro però – davvero lungo e a cui hanno partecipato tante persone – è rimasto noto solo ai protagonisti. La Piacenza che sarà chiamata a votare cosa sa della visione ragionata, discussa e scandagliata, serata dopo serata, nei giovedì di Alternativa per Piacenza?
Credo molto poco. E, di tutta questa storia che ha del surreale, il che fare resta la questione sostanziale.

info@antonellalenti.it

pd

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