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Donne e uomini, pari dignità di partenza? Ma quando!

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Donne e uomini, pari dignità di partenza? Ma quando! Tutto quello che segue potrà non essere classificato “politicamente scorretto” ma è quello che penso. Da sempre. Visto che il tema cruciale del dialogo tra diversi da sempre si regge sull’ipocrisia mortifera di un gioco delle parti che non aiuta a fare passi in avanti. Quali? Garantire il senso pieno del diritto all’esistenza di donne, uomini, umani tutti in quanto tali e non in quanto collocati in schemi sovrastrutturali frutto del nostro essere soggetti politici nelle relazioni umane una volta “scesi” in società. Prima che tutto questo si compia siamo persone che meritano pari dignità. Quanti saranno disposti a fare un esame interiore e tradurlo nelle azioni di ogni giorno?

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Donne e uomini, pari dignità di partenza? Ma quando!

Vuoi per quella particolare conformazione fisica che hanno.

Vuoi per una preponderante forza muscolare che faticano a non esibire e a tenere a freno.

Vuoi perché ci hanno messo lo zampino anche le religioni e le interpretazioni che ad esse si è scelto di dare.

Vuoi perché alla base della “concorrenza” tra generi c’è da sempre il conflitto tra un maschio che comunque sia parte sempre già sul podio e una femmina che nei racconti, (ancora prima che nei gesti) si vuole eterna ancella, vuoi questo e altro il fatto è che da duemila anni e più la storia si ripete.

Così a conti fatti la pari dignità tra essere viventi come valore in sé resta un labirinto dove l’affermazione vana e formale svanisce e si annulla nei fatti.

Donne e uomini: punto di partenza immutabile

Il punto di partenza resta immutabile: una pari dignità tra gli esseri viventi resta lontano anni luce.

Talvolta è proprio negato e tante volte neppure considerato. Non importa se la società è progredita e se anche le donne occupano posti importanti di potere. Non è una questione di numeri, è una questione di sentire dentro quelle considerazioni e quel rispetto che si deve a una persona in quanto essere umano. Ma la diversità è difficile da accettare. Basta osservare intorno a noi i comportamenti (anche innocui) delle persone per avere un’immagine chiara di cosa s’intende per pari dignità in quanto esseri umani.

Viene in aiuto l’episodio che qualche settimana fa ha fatto rumore in Turchia (protagonisti due uomini, il leader turco, ma anche l’europeo presidente del parlamento) dove alla presidente della commissione europea Von der Layen non è stato concesso di sedere alla pari dei due uomini con lei protagonisti di un incontro internazionale. Episodio che ha messo a nudo quanto la forma tante volte sveli il retropensiero che sopravvive nonostante tutto. (Per tralasciare le dinamiche di potere che investono le nazioni in questione).

Episodio a parte il punto di partenza è sempre lo stesso: la pari dignità in quanto esseri viventi, non subordinato al sesso, alla religione, alla nazionalità e tutte le sovrastrutture che vogliamo aggiungere. Il tema resta irrisolto e mai affrontato oltre che mai apertamente denunciato.

Donne e uomini: forse non si vuole cambiare

Forse non lo si vuole fare.

(In alcune parti del mondo è anche peggio ancora oggi. Il genere femminile è poco gradito, il caso cinese è emblematico trattandosi di una grande potenza, anche in Africa chi nasce femmina non ha certo davanti un futuro radioso a cominciare dalla possibilità di studio ed erudizione. Vengono alla mente le centinaia di studentesse rapite in Nigeria ed è di questi giorni l’uccisione di decine di studentesse a Kabul).

Tono alla mia piccola esperienza. Quando sono nata io nascevamo in tanti, tuttavia quando in una casa arrivava una bambina il vicinato e il comune sentire considerava l’evento come un dono a metà.

Uno degli handicap era che non avrebbe perpetuato il cognome paterno per i suoi figli (convinzione quasi tribale che equivale a dire che l’uomo di famiglia non avrebbe lasciato il segno della sua stirpe). Per genere poi le sarebbe spettato il ruolo di fattrice lanciando alle ortiche le eventuali incertezze che avrebbe avuto circa il suo destino di donna di casa prima di tutto. Un bel fardello affibbiato sulle spalle di quella bambina al primo respiro.

Lo schema mentale diffuso alle soglie degli anni Sessanta (naturalmente le eccezioni si facevano largo anche in contesti culturali arretrati) non lasciava molto spazio all’idea che in quanto essere umano, bambina o bambino, avrebbero dovuto avere davanti a sé le stesse possibilità mostrando, in base alle proprie capacità, come scegliere di stare al mondo. Si perpetuava insomma la convinzione arcaica che le donne fossero funzionali solo alla procreazione.

DONNE E UOMINI: Un salto indietro nella storia del pensiero su questo argomento

Del resto erano convinzioni che arrivavano da lontano. Interessante quanto spiega Giada Tognazzi (università di Siena) nello studio La concezione biologica della donna nel Corpus Hippocraticum: dalla teoria alla terapia”

 “Per quanto riguarda la fisiologia, la donna, secondo gli ippocratici, è calda e umida, la sua pelle è porosa, come quella di una spugna e assorbe gli umori prodotti dal cibo in misura maggiore rispetto al suo fabbisogno: è come un panno di lana morbida e soffice al tatto, dalla consistenza porosa e rarefatta. Proprio per questo motivo è costretta a espellere periodicamente la quantità umorale in esubero. Le mestruazioni adempiono proprio a questo compito e la loro presenza diventa indispensabile per garantire la salute della donna. Il ciclo mestruale però è anche il segno di una instabilità femminile, di una mancanza di armonia e equilibrio che la costringe a questa espulsione mensile.

Inoltre l’eccesso di liquido che si accumula nel corpo femminile rende la donna più calda. L’uomo invece, che ha una carne compatta e asciutta e smaltisce gli umori in esubero grazie alla fatica fisica, non ha le mestruazioni ed è molto meno caldo della donna”.  E poi continua: “Partendo da tali presupposti, la medicina ippocratica riteneva che la condizione migliore della donna fosse quella della gravidanza poiché durante la gestazione tutti i liquidi in eccesso venivano impiegati per il nutrimento del feto; non c’era più bisogno del ciclo mestruale e in quei nove mesi la donna viveva un periodo di equilibrio perfetto”.

Un punto di partenza molto lontano nel tempo ma ben sedimentato che ha pesato sulle femmine. Ci sono voluti secoli per scoprirne la fisiologia, fino ad allora si pensava al genere femminile come essere imperfetto utile alla prosecuzione della specie. Punto.

Donne e uomini: le convinzioni dure a morire

INSOMMA, uscendo dal tuffo nei millenni trascorsi per tornare a noi va detto che anche solo una manciata di decenni fa per chi nasceva femmina – per molte è stato così – la carriera poteva essere già tracciata, soprattutto in certi contesti culturali dove la formazione personale di una ragazza spesso voleva dire scegliere di non coltivare contestualmente la propria formazione ai sentimenti.

Suore laiche della conoscenza. “O così-O così” perpetuando ancora il concetto di una barriera insormontabile per arrivare a raggiungere completezza nel realizzarsi come persona nella sua totalità coltivando la propria mente e la conoscenza e nello stesso tempo poter avere una propria vita di relazione. L’incertezza o il dubbio che si sbagliasse valutazione contagiava pochi. O forse pochissimi.

Di decenni ne sono trascorsi da allora ma un’eco di quello schema rischia di ripetersi. Anzi per certi aspetti si ha l’impressione che si sia compiuto un salto qualitativo all’indietro con uno scenario che si è fatto pesante e senza appello. La reclusione legata alla pandemia ha messo i riflettori poi su una subalternità femminile esistente e sancita sotto traccia nel lavoro, nella famiglia oltre che nei rapporti personali che mostrano insopportabili cariche di violenza. Non è buona cosa.

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Tutto questo senza che nessuno in questi lunghi anni (uomini vincenti non per meriti ma per “destino” naturale) abbia mai trovato qualcosa da ridire. Abbia cercato un appiglio per interrogarsi sui motivi perché tra uguali si debbano stabilire dei primati immaginari.

Donne e uomini: modello maschile?

Tutto per avere la vita facile e tenere fede al modello dominante che è declinato al maschile?

Tutto per ripetere il già visto e non cimentarsi mai in una nuova avventura, quella della scoperta dell’altra e nella conoscenza delle persone che possono esprimere diversi sentire?

Alla fine ci sarebbe da concludere che quello che gran parte dei maschi percorre, quello che insegue non sono altro che i modelli appresi, fatti propri e portati avanti per quieto vivere, per affezione, per insegnamenti non impartiti ma assorbiti anche da una schiera di donne che attorno a quei maschi, come nutrici, come protettrici amorevoli hanno contribuito al prodotto finale. Se il punto di approdo è quello di conquistarsi una vita facile come già scritta prima ancora della nascita perché cambiare?

In fondo la vita facile non dispiace a nessuno. Visto che la storia l’hanno scritta i forti, vai a spiegare ai cervelli già orientati e formati che tutto questo è una cazzata. Non ti crederanno, sposteranno il concetto fondamentale dell’uguaglianza di partenza tra uomini e donne secondo i propri parametri e secondo le proprie inclinazioni e ti ripeteranno a macchinetta “no così non funziona”.

Quindi la morale non cambia: il modello è uno solo, quello maschile quindi da “fotocopiare”, venerare e sempre più imitare. Può darsi che non sia detto esplicitamente, in fondo non siamo più ai tempi di Ippocrate, ma a buon intenditrice…

Donne e uomini: lacuna evidente

Però la lacuna è evidente. E c’è un ruolo che anche le donne devono costruire per sé. Non può loro bastare essere presenti, misurate in numero in quanto rappresentanti di una diversità di specie. Non può bastare se quel modello assunto come esempio non viene incrinato né messo in discussione. Ci saranno donne certo, ma il modello sarà sempre maschile.

Perché?

Perché modello che vince non si cambia. Si copia, of course!

info@antonellalenti.it

osare

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