SERPE IN SENO/SALUTE

REPORT MORTALITA’ NEI PRIMI SEI MESI DEL 2020

Un dato racchiude tutta la gravità della pandemia: “nel primo semestre del 2020 – segnala il report - si è verificato in regione un numero di morti pari al 60% di quelli dell’anno precedente (30.330 dei circa 50.000 tra i residenti in Emilia- Romagna nel 2019) dato che richiede una particolare attenzione da parte dei sistemi di monitoraggio, sia a livello nazionale sia locale”.
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REPORT MORTALITA’ NEI PRIMI SEI MESI DEL 2020. Torno su un argomento che resta inevaso e senza spiegazione e credo che lo resterà per molto tempo se non per sempre. Si dice che la scienza non sia una materia esatta e neppure prevedibile. Lo sappiamo. Alla scienza, si sa, non si chiede l’assoluto, ma il percorso più vicino alla soluzione.

In tutti i campi. Anche in quello medico sanitario. Mai come in questo ultimo anno ce ne siamo resi conto e non ci diamo pace perché cerchiamo ragioni, spiegazioni, motivazioni che razionalmente non si riescono a trovare.

La memoria dei tanti morti (leggi anche qui) sembra un po’ sbiadita in questi mesi. Il tempo ci ha travolto e con esso le polemiche spicciole e senza capo ne coda a cui assistiamo. Anzi, talvolta si ha l’impressione che tutti quei morti – quelle bare che hanno ispirato pregevoli e alti pensieri carichi di commozione nella primavera scorsa – sembrano eclissati. Persi nella memoria collettiva e vivi solo nelle persone vicine e care che li piangono ancora e che ancora si domandano le ragioni della loro scomparsa.

La retorica in questo paese non smette di essere al centro. Della politica in particolare. Ora che giorno dopo giorno il report della pandemia ci racconta di centinaia di morti e il calcolatore supera ormai gli 80mila decessi, si ha quasi l’impressione che morire per Covid sia diventato un fattore normale entrato a far parte della nostra vita. Ma non può essere così.

Capire perché ci sono stati quei morti è necessario per voltare pagina. Capire è sempre fondamentale. Per non ripetere gli errori. Non ultimo sarebbe necessario chiedersi se il sistema sanitario di cui disponiamo (non va nascosto che negli ultimi vent’anni è stato oggetto di tagli smisurati) per come è diventato sia adatto a sostenere il punto più alto di prestazioni, di servizi, di strutture e di professionisti che una pandemia richiede quando ce l’hai in casa.

Evidentemente tutto questo non lo abbiamo a disposizione. Si va spesso alla ricerca degli esempi degli altri paesi, giusto farlo. Ma sarebbe ancora più giusto imparare e portare a casa per applicarli gli esempi positivi che in quegli stessi paesi vengono sviluppati. Primo fra tutti avere chiaro che i servizi per la salute hanno bisogno di enormi investimenti finanziari. Che in Italia non sono stati fatti per anni. Una volta stabilito che per avere servizi efficienti è necessario pensarli, finanziarli, realizzarli non resta che rimboccarsi le maniche. E qui casca l’asino. Qui è cascato l’asino.

E nonostante i tentativi per raccontarci un’altra storia la pandemia è in casa. Bussa bramosa alla porta di ciascuno quando meno ce lo aspettiamo. Fare i conti con la nostra realtà (esattamente come con il proprio passato e la propria storia) è condizione per ripartire.

Altrimenti si resta immobili. O peggio si spera di poter comunque stare a galla. A che condizioni?

Spunti dal report della Regione Emilia Romagna.

Marzo e aprile 2020 nel focus del report sul Covid promosso dalla regione Emilia Romagna che presenta un monitoraggio dell’esplosione della malattia nelle 9 province.

REPORT
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Un dato racchiude tutta la gravità della pandemia: “nel primo semestre del 2020 – segnala il report – si è verificato in regione un numero di morti pari al 60% di quelli dell’anno precedente (30.330 dei circa 50.000 tra i residenti in Emilia- Romagna nel 2019) dato che richiede una particolare attenzione da parte dei sistemi di monitoraggio, sia a livello nazionale sia locale”.

Da dove vengono i dati? “I numeri che compongono il monitoraggio fin da subito – si spiega nel rapporto – è stato basato sui dati delle anagrafi e del sistema di notifiche che ha rivelato, già a partire dal mese di marzo, un eccesso di mortalità rispetto all’atteso, concentrato maggiormente e prima nelle aree nord- occidentali dell’Emilia-Romagna ed eterogeneo per sesso ed età”.

REPORT – Che cosa si evince dunque dall’esame della realtà regionale?

“Emerge una spiccata variabilità del fenomeno, sia per le principali caratteristiche demografiche sia per le cause di morte indagate. Durante il primo semestre del 2020 in Emilia-Romagna si sono registrati 30.330 decessi, il 19% in più rispetto agli stessi semestri del quinquennio 2015-2019 (eccesso di morte del 15% tra le donne e del 23% tra gli uomini).

REPORT – Il 14% dei decessi totali è stato per Covid equivalenti all’87% dei decessi registrati in più

REPORT
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L’interrogativo che scotta di più è quanti siano i morti determinati dal Covid-19. Su questo il report segnala che “Il 14% dei decessi totali è riferibile a casi notificati di COVID-19, corrispondente all’87% del numero di decessi in eccesso. Da segnalare, come anche altre ricerche hanno dimostrato che tra gennaio e la prima metà di febbraio (non si era ancora in tempo di Covid 19) il numero dei decessi osservati è risultato inferiore all’atteso (basato sui dati storici degli anni precedenti.

Tutto cambia però alla fine di febbraio quando si spiega nel report regionale “le variazioni diventano positive e il numero di morti in eccesso rispetto al numero atteso aumenta costantemente fino a raggiungere il picco tra marzo e l’inizio di aprile con una dinamica temporale che varia tra sessi e fasce di età”.

Ma non è tutto la presenza di Covid 19 non è omogenea su tutto il territorio regionale. Così il report: “Emerge un chiaro divario geografico tra l’Emilia e la Romagna, la prima interessata precocemente e cospicuamente dall’eccesso di mortalità e la seconda interessata in maniera piuttosto lieve ad eccezione delle province di Rimini e Forlì-Cesena nelle quali si sono registrati sensibili incrementi della mortalità durante i mesi epidemici”.

REPORT – Marzo e aprile i mesi terribili

“L’analisi dei dati dei Registri di mortalità ha permesso di valutare il contributo all’eccesso delle principali cause di morte. Durante i mesi di marzo e aprile 2020, la mortalità generale è apparsa in eccesso rispetto al dato atteso sulla base dei dati degli anni precedenti in entrambi i sessi nei territori in studio (variazione percentuale sul dato atteso: 124% in più tra gli uomini in marzo e 68% in più in aprile, 67% tra le donne in marzo e 63% in aprile).

Tale eccesso è apparso attribuibile in misura importante alla mortalità per COVID-19 (57% dell’eccesso in marzo, 75% in aprile) e a seguire alla mortalità per malattie respiratorie (20% in marzo, 9% in aprile) e in misura minore a quella per cause circolatorie.

Compatibilmente con l’ondata di contagi proveniente dalla Lombardia, la mortalità per COVID-19 è stata più importante e è avvenuta più precocemente nei territori di Piacenza e Parma”.

REPORT – Obesità la patologia pregressa più frequente

“L’analisi della co-morbilità nei certificati ISTAT di morte per COVID- 19 ha mostrato che in associazione ad esso sono state segnalate patologie preesistenti nel 65% dei casi. Tra i soggetti deceduti prima dei 75 anni una delle patologie più frequentemente segnalate assieme al COVID-19 è risultata essere l’obesità.

REPORT – I dati che riguardano Piacenza

Quanto ai numeri di Piacenza nei due mesi presi in considerazione febbraio e marzo sono morte 1.838 persone (638 per 100.000 abitanti), di cui 771 per COVID-19 (41,9%). Numeri e percentuali che ha portato Piacenza in testa alla classifica regionale (29,4%). Dunque a Piacenza c’è Covid in primo piano per causa di morte, seguono altre cause: il sistema respiratorio (315, 17%), circolatorio (293, 16%) e tumori (156, 8,5%).

Nel primo semestre del 2020 invece si sono registrati 3.056 decessi nella provincia di Piacenza (49% negli uomini e 51% nelle donne), 1.240 di più (68,3%) rispetto all’atteso, ovvero alla media del numero dei decessi avvenuti durante lo stesso periodo del quinquennio 2015- 19.

I decessi correlati al COVID-19 sono stati 947 (63% negli uomini e 37% nelle donne).

Anche a Piacenza i dati relativi ai primi due mesi dell’anno sono inferiori rispetto al riferimento degli anni precedenti.

REPORT
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REPORT – Lo tsunami di di fine febbraio

Tutto cambierà, come si sa, però a fine febbraio. Infatti – segnala il report – “A partire dalla settimana del 26/2-2/3 le variazioni diventano positive e il numero di morti in eccesso aumenta costantemente fino a raggiungere il picco nella settimana 18-24/3 in entrambi i sessi (+182 uomini, +139 donne).

A marzo compare un chiaro eccesso di rischio rispetto al quinquennio precedente per la maggior parte delle classi di età. Infatti, mentre per le donne di età inferiore a 65 anni i livelli di mortalità rimangono sostanzialmente stabili, per quelle di età 65+ il rischio di morte aumenta di circa 3,5 volte; le variazioni tra tassi più marcate si registrano nella fascia di età 85+ anni nella quale la differenza tra tassi (2015-2019 vs 2020) supera le 2.500 unità per 100.000 persone.

REPORT – Mortalità generale e per causa

In totale nei due mesi considerati (marzo e aprile) nel territorio regionale valutato dall’indagine si sono verificati 10.581 decessi (tasso grezzo 329,6 per 100.000 abitanti), di cui il 29,4% dovuti al COVID-19, considerato in questa analisi nel gruppo delle malattie infettive.

La variazione percentuale della mortalità generale sul dato atteso del mese di marzo è stata del 124% tra gli uomini e del 66,6% tra le donne. Tale dato è diminuito notevolmente nel mese di aprile per gli uomini, quasi dimezzandosi (68,1%), mentre tra le donne è diminuito in modo non significativo attestandosi al 63%.

L’eccesso di mortalità, in entrambi i mesi, – spiega il report -ha interessato pressoché tutte le cause di decesso più frequenti ad eccezione dei tumori che hanno presentato solo lievi oscillazioni probabilmente casuali.

La componente principale dell’eccesso di mortalità sul dato atteso, sia nel mese di marzo sia nel mese di aprile, è composta, in particolare, dal gruppo delle malattie infettive (58% dell’eccesso di mortalità di marzo e 76% di aprile), rappresentato nella quasi totalità dei casi dal COVID- 19 considerato in questo gruppo (1.719 casi di COVID-19 su 1.811 morti per malattie infettive in marzo, 1.394 su 1.461 in aprile).

REPORT – Da Piacenza a Reggio Covid prima causa di morte ma non da Modena a Rimini

L’andamento della mortalità per territorio dove il COVID-19 è stato valutato come causa di morte singola non appartenente a gruppi, ha evidenziato alcune differenze.

“In particolare – osserva il report regionale – che il COVID-19 è risultato, da solo, al primo posto per frequenza di decesso nei due mesi, a Piacenza, Parma e Reggio-Emilia, mentre a Modena, Bologna e Rimini si è attestato al secondo posto, scavalcato in questi territori dalle malattie del sistema circolatorio.

Le malattie del sistema respiratorio si sono collocate per frequenza al secondo posto nel territorio di Piacenza e al terzo a Parma, mentre sono risultate meno frequenti nei rimanenti territori.

L’età minima è stata di 18 anni, la massima di 105, l’età media di 81 anni e mediana di 83. Le donne hanno mostrato una età media al decesso superiore agli uomini (85 anni contro 79).

REPORT – Le considerazioni finali

“In ultima istanza – conclude il report – l’analisi della mortalità generale condotta a livello regionale per il primo semestre del 2020 e l’approfondimento per cause di morte realizzato per le aree più colpite sui mesi di marzo e aprile 2020 offre elementi conoscitivi utili per comprendere quanto e come l’ondata dell’epidemia da COVID-19 si sia diffusa tra gli strati della popolazione e quali siano stati i settori nosologici più interessati, sia direttamente sia indirettamente.

La distinzione di caratteristiche demografiche, geografiche e temporali e le modalità di codifica delle cause permettono una profondità maggiore di quella raggiunta con i primi risultati delle sorveglianze della mortalità nei mesi a ridosso del picco epidemico.

Va considerato che una parte degli eccessi osservati potrebbe aver riguardato l’anticipazione di potenziali decessi delle persone più fragili. Da maggio inoltrato si sono osservati alcuni segnali di compensazione del fenomeno nel tempo, che però sono stati deboli e variabili tra gli strati di popolazione.

Talvolta a fine semestre sono emerse anche indicazioni di nuovo aumento del rischio o comunque di mancato recupero, ipoteticamente spiegabili anche con gli effetti indiretti a breve termine del COVID-19, che possono essere legati alla ridotta capacità del sistema sanitario regionale di fornire assistenza durante il picco epidemico.

È inoltre rilevante continuare a monitorare l’evoluzione della mortalità nei prossimi mesi che consentirà una stima più bilanciata dell’effettivo impatto di Covid-19, che tenga conto anche dell’effetto dell’anticipazione dei decessi”.

report
info@antonellalenti.it

Se può interessare ecco una recente ricerca del centro studi NeBo su questo tema https://www.antonellalenti.it/2021/01/decessi-100-mila-vittime.html

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