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FRIDAY FOR FUTURE: chi sono gli attivisti di Greta a Piacenza “Ambiente, cosa fare se fossi premier? Lavorerei per cambiare la mentalità dei cittadini”

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QUADRANTE SULLA REALTA’ I RAGAZZI IN PIAZZA PER IL CLIMA (2) – Seconda tappa del viaggio all’interno del movimento dei ragazzi che hanno animato il Friday For Future a Piacenza. Il secondo step – pubblicato su Piacentini inserto all’interno di Corriere Padano (sfoglia qui il giornale)- vede protagonista un gruppo di ragazzi del Liceo Colombini. Il tentativo come la prima parte che ha messo i riflettori sulla classe VB del Liceo Gioia, è di dare voce all’arcipelago giovanile che in questi ultimi mesi è stata l’assoluta novità delle piazze italiane, mondiali e anche piacentine. Chiunque se va a cercare nella memoria è costretto a fare un salto triplo mortale all’indietro per incontrare tanta partecipazione di giovani attorno a un tema di bene comune, l’ambiente, che esso stesso già per il fatto di aver deciso di scendere in campo in prima persona un atto politico antico ma molto nuovo per i tempi che viviamo. L’interrogativo che mi sono posta avvicinandomi a loro è stato capire soprattutto quanto questa aria fresca potrà davvero far cambiare il vento, l’attenzione e le azioni capaci di farci svoltare verso una nuovo stile per vivere la terra. Quello che segue è il secondo step.

L’emergenza climatica dovrebbe diventare materia scolastica già dalle Elementari, una proposta valida fin da ora

Liceo Colombini ore 11 di mercoledì 13 novembre, nasce una mini piattaforma “Io e l’emergenza climatica” targata under 18 e formulata così… su due piedi.

“Se domattina mi svegliassi primo ministro, sindaco, presidente di Regione quali provvedimenti prenderei per contrastare il mutamento climatico? Prima di tutto metterei a punto un progetto che cambiasse la mentalità dei cittadini. E il cambiamento climatico potrebbe diventare materia scolastica fin dalle elementari… perché no? Educazione ok ma anche sanzioni. Solo con le sanzioni si accelerano i cambiamenti: sali sul pullman senza biglietto? Ti multano, la volta dopo non lo fai più, capisci che hai sbagliato. Ma non solo: occorrerebbe chiedersi il significato di produrre e consumare in un ritmo incessante e tutto per buttare e ricomprare un altro cellulare. Diffonderi la presenza di auto-sharing: l’auto verrebbe sfruttata al 99% della sua vita… E ancora, perché non abbinare all’abbonamento del bus anche la card per le bike-sharing poco utilizzate perché costose?”

Sono tutti d’accordo gli studenti del gruppo del Colombini (vari indirizzi scolastici e varie classi, III B e IV A di Scienze applicate; V B di Scienze umane e IV B di Economia sociale) incontrati tra una campenella e l’altra, su come agire – già qui e ora – per fare qualcosa e bloccare l’entropia della terra. Loro sono Amin, Greta, Jacopo, Giana, Giovanni Paolo, Letizia, Andrea e Davide incontrati nell’aula magna della scuola di via Beverora grazie all’aiuto della professoressa Francesca Argenzano.

Danno suggerimenti concreti e “minimi ma efficaci” ispirati alla tutela ambientale. “Carica sempre il telefonino in modalità aerea, non sarà attivo in Internet e quindi consumerà meno energia durante la carica che si concluderà prima”, e poi gli apparecchi elettrici “mai lasciarli in stand by, consumano”. Una forma di risparmio casalingo ma anche globale. E che dire “del riscaldamento e dell’aria condizionata “a balla” negli edifici pubblici scuole comprese e nei negozi che disperdono calore lasciando le porte spalancate d’inverno? Ridurre, ridurre”. Argomenti ambientali che fanno breccia anche nella campagna elettorale per le elezioni degli studenti negli organi scolastici “Nella mia lista – dice Letizia – chiediamo l’installazione degli erogatori di acqua per dire addio alle bottigliette e poi insistiamo sul controllo dell’accensione delle luci che si accendono tutte insieme. Devono essere alternate”.

In cerchio si discute e si riflette

Informati, curiosi e interrogativi mostrano di aver a cuore il tema e dalle loro parole – come già i loro colleghi del Gioia – mostrano la consapevolezza di vivere un momento cruciale per loro, per le loro vite future coscienti che al cambiamento degli stili di vita, dai comportamenti quotidiani alle grandi scelte globali, non ci sono alternative possibili: bisogna cambiare. Consapevoli anche dei limiti oggettivi che in questi decenni hanno fatto arretrare dall’agenda politica le decisioni ormai non più rinviabili. “Tutti sanno che i problemi dell’ambiente sono importanti ma poi tutto si piega alle scelte economiche – mette in evidenza Davide – se produrre con il carbone costa meno, se produrre nei paesi come Cina e India determina un costo del lavoro ridotto è difficile cambiare, è difficile imboccare l’altra rotta”. E’ quindi necessaria la conoscenza e l’informazione. Più capillare è meglio è anche per la generazione Moplen… “Le persone adulte e gli anziani trattano con leggerezza comportamenti corretti. Prendiamo i rifiuti – segnala Greta – discuto spesso con la nonna sulla differenziata: se butto un pezzo di plastica nel sacco nero che male c’è, mi dice a volte… no, io credo che l’impegno debba essere la regola per tutti noi. Si inizia anche così”.

Scendere in piazza una perdita di tempo?

Se sono tutti concordi sugli obiettivi dissentono invece sui mezzi per raggiungerli. Manifestazione sì o manifestazione no…  “Non partecipo alle manifestazioni – apre la discussione Amin – perché non mi sembra serio. Mi spiego: si passa per ragazzi che non hanno voglia di andare a scuola quel giorno. Sarebbe più importante utilizzare questo tempo per attingere a informazioni, per ascoltare scienziati e persone che ci spieghino che cosa sta succedendo… E poi di manifestazioni se ne sono fatte e se ne fanno tante su innumerevoli argomenti: non è forma nuova”.

Come dire il tema del clima dovrebbe avere un altro approccio. Ma c’è chi non è d’accordo: “Le manifestazioni servono, eccome – segnala Jacopo – servono per farsi sentire, per portare avanti questo tema. Con i grandi numeri e migliaia e migliaia di ragazzi in piazza il problema ha conquistato la ribalta”. “Tra l’altro – segnala Giovanni Paolo – è importante perché le decisioni arrivino a livello politico, a livello centrale. Anche nelle campagne elettorali questi argomenti non entrano per nulla”. Senza tanta mobilitazione non se ne parlerebbe. Arrivano anche i dati a supportare l’urgenza di una mobilitazione di massa che possa incidere. “Il 90% degli scienziati è d’accordo e non resta tanto tempo per decidere cosa fare, lo possiamo vedere da quello che succede ripetutamente in Italia. Se non si inizia ad agire ci resta una manciata di anni perché non ci sia più nulla da fare. Il collasso rischia di essere inevitabile”. Quindi occorre far presto è il messaggio sotteso alle loro parole. Nonostante si facciano strada gli scetticismi velati. Compresi anche i tentativi di screditare il movimento degli studenti “C’è chi lavora per screditare quello che si sta facendo e prende a pretesto la malattia di Greta Thunberg – puntualizza Giana – la si attacca perché è giovane, perché è piccola e poi c’è anche un elemento che definirei di sessismo”.

La politica assente e attratta dal “benaltrismo”

Li disorientano gli attacchi perché incongruenti con il rimprovero che spesso di sentono rivolgere: “La fascia di mezza età, gli adulti tante volteci accusano di non impegnarci, di non fare nulla per la società ma Greta mostra proprio il contrario e si scatenano le critiche feroci”. “Sono convinto – dice Davide – che questi problemi interessino tutti, ma non si è disposti a rinunciare a qualcosa, ma si deve riflettere su questo punto e pensare che si tratta di un sacrificio per una buona causa”. Li colpisce la scarsa attenzione che la politica mostra nei confronti dei temi dell’ambiente. “Ora il problema climatico sembra non interessare”. “Il fatto è – precisa Letizia – che in Italia chi è sensibile a questi problemi resta una minoranza e quindi i partiti non se li prendono a cuore perché non portano e non spostano voti. Alle ultime elezioni ho votato per la prima volta e mi sono documentata per capire quali fossero i programmi su questi argomenti, però…” L’ambiente resta argomento per un libro politicamente ancora da scrivere. La convinzione dei ragazzi è che ci si attardi a discutere di tutto il “benaltrismo” purché si scalzi la questione centrale della nostra epoca. Esempio? “Si dà tanta importanza alle unioni civili quando ormai nella società sono una realtà, un dato di fatto. Segnala Giana.

I ragazzi nati con l’euro hanno anche l’orizzonte europeo a cui affidarsi: “Contro l’inquinamento – dice Andrea – dalla Ue sono arrivati tantissimi soldi, 19 miliardi per combattere l’inquinamento ma i politici non usano tutto quel denaro. Ne è stato speso solo il 26%. Credo dunque che l’iniziativa dei giovani sia importante ma i giovani non hanno ancora il loro spazio”.

Lo sfruttamento del Terzo mondo

Orizzonti larghi per questi ragazzi “Continuiamo a discutere sull’uso della bottiglietta di plastica. D’accordo è ok i comportamenti individuali sono importanti ma riflettiamo cosa stiamo facendo nei confronti dell’Africa – aggiunge Jacopo – in quel continente noi inviamo i nostri scarti, (computer, telefonini, televisori, ecc) inutilizzabili. Una volta tolte le parti utili entrano nel circuito dei rifiuti; sono gettati nei fiumi che poi arrivano nei mari e tornano quindi al punto di partenza oppure vengono bruciati e tutti conosciamo il potenziale velenoso della plastica”. Insomma da cosa nasce cosa, tutto si tiene e nulla può avere vita propria. Da qui un’amara e terribile considerazione: “Finché non ci sarà un altro sistema quello che sta avvenendo non è altro che distruzione di massa”. E a quale sistema pensano i ragazzi 2019? Quasi un mondo collettivo dove il possesso degli oggetti non sia il segno per esaltare la propria individualità. Ma ci sono i problemi globali. “In Europa – dice Greta – la coscienza è abbastanza diffusa verso la decarbonizzazione e per l’abbandono dei combustibili fossili…” “Già ma ci sono Paesi come l’India che oppongono resistenza e intravedono in questo percorso un tentativo di ridurre le potenzialità di sviluppo e progresso – replica Giana – però il problema è che non c’è più tempo da perdere”. “Al fondo c’è un fatto -aggiunge Amin – le materie prime fossili si stanno esaurendo e alla fine una strada alternativa si deve trovare perché sarebbe il crollo. Quindi se non si accelera sulle alternative energetiche si rischia di finire con il mondo rovinato e anche di restare a secco”. Se i paesi emergenti sono un problema gli Stati Uniti non sono da meno “Se tutti gli abitanti della terra – dice Jacopo – vivessero come si vive negli States, ci sarebbe bisogno di sette terre per mantenere questa vita”.

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