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Scuola, la libertà che allarga la mente. Quanti hanno raccolto la lezione del maestro Mario Lodi?

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Non so se la scuola che Mario Lodi ha immaginato e realizzato abbia ancora un seguito nel nostro paese dove l’apprendimento e la facilitazione all’espressione della creatività sembrano pretese da illusi. Non so se ci sono esempi che riconducono a quella storia raccontata sui muri della Biblioteca Passerini Landi a Piacenza nella mostra dedicata a Mario Lodi che ho intercettato nell’ultimo giorno della sua esposizione e che è stata illuminante per la coralità delle innovazioni, per la profondità del pensiero e per l’originalità dei ragionamenti raccolti dallo stesso maestro che non lasciava mai cadere nel vuoto le voci dei suoi alunni. “La scuola di Mario Lodi” il titolo della mostra con un sottotitolo chiaro, esplicativo e provocatorio “Abbiamo lasciato il segno a chi vuole continuare”…. Ma forse pochi lo hanno fatto.

Voci e pensieri racconti nei pannelli rossi e verdi in cui sono riproposti i dialoghi che avvenivano in classe. Discussioni su temi tanto grandi quanto importanti per i bambini che strada facendo si facevano grandi e imparavano “a scuola” sì proprio a scuola a diventare cittadini. Lo imparavano giorno per giorno partendo dalla stessa organizzazione scolastica che, abbandonando lo schema verticale o per meglio dire autoritario, faceva largo alla comunità e in quanto comunità apriva il varco alla collaborazione, al lavoro di gruppo al confronto senza tralasciare il ruolo del singolo e dell’individuo.
Un modello di scuola che ha ricevuto riconoscimenti in tutto il mondo e che ha portato a Mario Lodi la laurea honoris causa in Pedagogia conferita  nel 1989 dall’Università di Bologna.

“Distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambini, liberarlo da ogni paura, dare motivazione e felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di compagni che non siano antagonisti, dare importanza alla sua vita e ai sentimenti più alti che dentro gli si svilupperanno. Questo è il dovere di un maestro della scuola, di una buona società”. Parole che Mario Lodi ha tradotto in pratica nel suo percorso decennale di educatore non semplice e spesso contrastato. Ma distruggere la prigione e sprigionare dunque la voglia di vivere dei bambini – da cui nascono anche impegno e creatività come conseguenza – credo di aver capito – sono stati i due elementi che hanno seguito come un mantra il suo essere maestro.

Illuminanti e interessanti le osservazioni che si leggono nel percorso della mostra. In particolare sul ruolo del maestro che è in secondo piano non attore ma coadiutore. “I bambini quando sanno cosa fare e perché lo fanno, cominciano a spostarsi nello spazio dell’aula, a discutere con un certo ordine, a lavorare con serenità -descrive – Per l’educatore diventa naturale inserirsi in quella situazione con discrezione dove c’è bisogno per aiutare qualcuno in difficoltà, oppure restare in disparte e osservare”.

Espressione, discussione e libertà. Un’altra categoria dominante e con la libertà la stampa e di conseguenza la libertà di stampa. “Introdurre la stampa vuol dire introdurre la libertà” ci sarebbe molto da riflettere attorno a questa semplice frase quasi lapalissiana ma non è. Mario Lodi la traduce anche in un giornalino redatto dai bambini. “Periodicamente (noi abbiamo stabilito mensilmente) i fogli stampati e illustrati riuniti e agganciati formeranno un giornalino. Qualche volta – spiega – succede che su un testo già stampato sorgono discussioni o critiche; anche queste vengono allora stampate su fogli supplettivi allegati al testo. Ritengo ciò importante perché abitua l’alunno a non ritenere indiscutibile il pensiero stampato, a capire la funzione della stampa divulgatrice, delle opinioni degli uomini, ma soprattutto a sfornire al bambino un’arma contro la deformazione e l’errore a favore della verità”.

Due parole sulla scuola di Mario Lodi

Ma cosa era la scuola di Mario Lodi? La mostra a lui dedicata racconta una storia che si sviluppa tra il 1948 e il 1978. Le foto d’archivio sono il racconto vivo dei luoghi, dell’ambiente e dei volti di un’attività scolastica che ha contribuito in modo significativo al rinnovamento della pedagogia italiana e internazionale aprendo nuovi orizzonti – hanno spiegato gli organizzatori nel pieghevole di illustrazione della mostra alle pratiche d’insegnamento. I testi che accompagnano le immagini sono parole del maestro e degli alunni tratte fedelmente da interviste, articoli, film, giornalini scolastici, relazioni di lavoro, lettere private e dalle sue opere pedagogiche. La mostra è stata promossa dal Movimento Cooperazione educativa e dalla Casa delle Arti e del Gioco -Mario Lodi. L’esposizione piacentina è stata possibile grazie al contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano, da Coop Alleanza 3.0, dal Comune di Piacenza e dalla Biblioteca comunale Passerini Landi.

info@antonellalenti.it

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