LENTI A CONTATTO

Cultura come fare? Qualche piccola idea potrebbe essere un buon inizio

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QUADRANTE SULLA REALTA’: CULTURA – La cultura di un territorio ci parla attraverso innumerevoli elementi e la qualità della vita dei cittadini fa la parte del leone. Se i cittadini di un territorio vivono una tensione culturale costante di conseguenza quel territorio diventa attrattivo. Ma c’è di più.

In virtù del principio circolare dell’interesse si crea un circuito virtuoso difficile da recidere. Un circuito virtuoso che deve essere però tenuto in vita. Come? Rimboccandosi le maniche e anche stuzzicare il cervello. Basta camminare per le vie della città per rendersi conto di quante maniche si dovrebbero rimboccare per rimediare allo stato attuale.

Prendiamo la teoria di negozi chiusi che si susseguono nelle vie centrali della città. Pochi mesi fa per non saper che fare mi sono divertita a contare le saracinesche abbassate tra via Calzolai e il tratto di via Poggiali che conduce a Piazza Borgo: in quel periodo erano 28, forse sono diminuite o forse aumentate non so ma 28 vetrine spente su uno storico asse commerciale fanno impressione e fanno pensare.

Mi sono chiesta come si potrebbe rimediare alla situazione. Considerato che ciò che è perduto difficilmente si ricrea nelle stesse modalità e considerato che alle porte della città sono state costruite innumerevoli cittadelle del consumo, viene da sé che la forza centrifuga verso quei poli attrezzati di tutti e di più è difficile da fermare. E’ il terreno fertile per sperimentare.

  1. Perché quei negozi irrimediabilmente chiusi non potrebbero diventare spazi espositivi occasionali?
  2. Perché non potrebbero diventare palestra di esercizio per i writers? Nessuno potrebbe contestare l’effetto benefico di una espressione artistica che spazza via la desolazione di un vetro impolverato…
  3. Perché non farne spazi di coworking per giovani artisti in cerca di spazi che non si trovano mai?
  4. Perché non impostare un’asse della creatività tentando un esperimento per far emergere le start up che pure ne sono certa esistono e che tante volte emigrano?

Idee balzane? Forse.

Ma a forza di camminare per macinare chilometri e stimolare il metabolismo amico giurato del benessere, le idee arrivano, prendono forma, stazionano nella mente e quando succede è difficile eliminarle.

Idee che frullano in testa non a caso. In questi giorni è stata data notizia di un evento di grande rilievo per la sua quasi esclusiva unicità. E’ stata annunciata l’alleanza tra Piacenza, Parma  e Reggio Emilia per iniziative comuni per promuovere i due territori in occasione del 2020 quando Parma entrerà nell’anno che l’ha incoronata città della cultura. Bene. Una novità sotto il cielo dell’area ex ducale che oggi identifica con Emilia occidentale superando storiche e profonde contrapposizioni e rivalità che ha fatto stragi di buoni propositi e progetti che avrebbero potuto portare non pochi benefici. A Parma certo ma anche a Piacenza. E tutti sanno di quanto abbia bisogno Piacenza di progetti che portino benefici.

L’alleanza è stata suggellata come hanno riferito tutti i media al teatro Regio dai rappresentanti istituzionali dei due enti locali. L’accordo prevede la stesura di un calendario comune di iniziative “sinergico e condiviso” – si dice – che promuovano l’area dell’Emilia occidentale per l’intero arco del 2020.

Si è parlato di “brand unico e accattivante capace di attrarre turismo e interesse sul territorio”. Dopo l’accordo non poteva mancare la nascita di una cabina di regia che coordini tutte le idee e le proposte che usciranno dal think-tank del marketing territoriale 4.0. Ci saranno sindaci, assessori con tecnici e funzionari, rappresentanti della Regione che metterà a disposizione fondi per l’organizzazione degli eventi ospitati il prossimo anno sull’asse della Via Emilia che toccheranno Piacenza, Parma e Reggio Emilia.

Bene prospettive positive dunque per una città che mostra tutti i segni di vetustà e di trascuratezza che un corpo stanco e da anni non “coltivato” segnala. Confidiamo che quell’accordo per l’Emilia occidentale porti anche sulle rive del Po un poco di vitalità di cui tanti sentono la nostalgia. Vitalità, cura e attenzione. L’elenco dei segni di vecchiezza – da non confondere con l’antico, scritto nelle origini del 218 a.C. – è lungo, lunghissimo. La qualità dell’ambiente urbano è al primo posto e la dimensione culturale di una realtà parte da qui. Un contenitore illimitato che va alimentato giorno per giorno. A poco possono servire gli interventi sporadici, occasionali messi in campo per eventi pur importanti ma caduchi.

Nella foto sopra l’abside del Duomo di Piacenza, in copertina piazza Sant’Antonino in un giorno assolato d’inizio agosti

mail: info@antonellalenti.it

Photo Antonella Lenti

7 Comments

  1. Roberto Lovattini Reply

    Interessante. Abbiamo bisogno di persone che facciano riflettere senza sbraitare insulti e giudizi.

      • Marco Natali Reply

        Anche se Bolsonaro dice che l’Amazzonia è del Brasile e quindi può continuare a tagliare migliaia di ettari di foresta.. sta dicendo delle “castronerie”. L’Amazzonia è un bene dell’intera umanità e quindi va salvaguardata! Nel nostro piccolo se vogliamo contribuire a salvarci dai cambiamenti climatici, da noi scatenati, è necessario piantare più alberi possibile, ma nel contempo vigilare affinchè, nel contempo, a livello nazionale, ma anche locale non se ne abbatta un numero superiore e si continui a consumare suolo, magari per costruire un ospedale che poteva essere costruito in una zona già urbanizzata!!

  2. Marco Natali Reply

    Anche se Bolsonaro dice che l’Amazzonia è del Brasile e quindi può continuare a tagliare migliaia di ettari di foresta.. sta dicendo delle “castronerie”. L’Amazzonia è un bene dell’intera umanità e quindi va salvaguardata! Nel nostro piccolo se vogliamo contribuire a salvarci dai cambiamenti climatici, da noi scatenati, è necessario piantare più alberi possibile, ma nel contempo vigilare affinchè, nel contempo, a livello nazionale, ma anche locale non se ne abbatta un numero superiore e si continui a consumare suolo, magari per costruire un ospedale che poteva essere costruito in una zona già urbanizzata!!

    • A volte penso che la tensione ambientali faccia parte della coreografia di chiunque si cimenti in politica. Su questa faccenda o si fa sul serio o non c’è storia. L’esempio che citi è uno di questi però se ne sommano tantissimi. Quello che non capisco, ma certamente impreparazione e ingenuità mia, è la mancanza di coerenza tra quello che si dice e quello che si fa. Ancora la questione ambientale viene vista come argomento di anime belle che vogliono tornare all’uso della candela per illuminare. A furia di insistere su queste stupidaggini rischiamo che non ci sia più niente da illuminare intorno a noi. noi intesi come umanità che verrà dopo.

  3. Gabriella Blesi ha inviato questo commento:

    “Spero che ti ascoltino. Abito in Via Calzolai ed è davvero triste vedere tutti quei negozi chiusi o trasformati in garage. Ogni volta che un negozio riapre siamo tutti felici, ma purtroppo dura poco, perché inesorabilmente poco tempo dopo verrà di nuovo chiuso. 😪 Sarebbe interessante capire anche perché gli esercizi in questa zona sono costretti a chiudere: affitti troppo onerosi? Mentalità dei piacentini che preferiscono i centri commerciali? Difficoltà dj parcheggio?”

  4. Cara Antonella, spero che il tuo intervento apra una conversazione costruttiva, centrata sullo stato attuale dell’arte a Piacenza .
    Concordo sul fatto che le iniziative personali ed isolate non risolvano ma è un grido di attenzione verso il nulla che da troppi anni si è consolidato .
    Forse il grande problema è che non esiste alcuna coalizione tra gli operatori che si occupano d’arte. Non esiste confronto, partecipazione con la conseguente dispersione di energie . È probabile che per il 2020 ci si adatti ad un programma preconfezionato , magari ben impacchettato dai nostri vicini capaci di costruire e di fare gruppo.
    Alla nostra amministrazione comunale ( non solo da questa )mancano passione, coraggio, idee e , chissà perché, fondi .
    Ci sono comuni molto più modesti del nostro che investono in arte, acquistano opere , da noi , invece, periodicamente arrivano delle ‘donazioni’ con il risultato di dover subire opere di dubbio gusto e pure girevoli … è tutto molto faticoso.
    La Fondazione di Piacenza e Vigevano provvede ampiamente a contribuire con fondi e proposte . Immaginate cosa sarebbe questa città senza la fondazione …
    parliamone.

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