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“Generazioni future? S’arrangiassero” Nella società del qui e ora non c’è spazio per loro

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Generazioni future? S’arrangiassero…” Nella società del qui e ora non c’è spazio per loro

Si fa un gran parlare delle future generazioni. Di quello che lasceremo (soprattutto tanti grattacapi da sbrogliare) ma in una società che oramai brucia e insegue il qui e ora quale spazio può restare per pensare al mondo che troveranno le nuove generazioni grazie a noi?

Vale per la vita di tutti i giorni delle persone normali e anche per chi si muove nelle istituzioni mostrando voglia e presunzione di agire attivamente per il futuro. Prima di tutto occorrerebbe stabilire una cronologia di questo futuro.

Per quanto tempo siamo capaci di pensare oltre il nostro corto respiro quotidiano? E’ questo l’interrogativo che ci dovremmo porre di tanto in tanto.

Generazioni future – I contemporanei disinteressati

Se è il futuro delle prossime generazioni che ci interessa – e questo interesse è tutto da dimostrare – ci sarebbe da riflettere molto e soprattutto dovremmo convincerci che la svolta ambientale e sostenibile è una cosa seria e pertanto dovremmo prenderla davvero sul serio.

Da quello che sento e soprattutto vedo mi sembra che sia per lo più un atteggiamento, un linguaggio appreso e immagazzinato perché tanti ne parlano e quei termini sono rimasti incisi nella nostra “memoria copiativa” esattamente come per tante altre influenze di linguaggio e di comportamento che abbiamo fatto nostre. Anche senza rendercene conto.

Vi siete mai accorti della cantilena che diamo ai nostri discorsi ai tentativi di chiudere sempre le frasi con un’affermazione che ammicca all’interlocutore. Tipo “no, non ce la posso fare…” “si potrebbe fare questo o quello…ma anche no”; e tutto con quell’intonazione di sicurezza nella voce e nell’espressione del volto che esso stesso vuole trasmettere sicurezza alla persona che hai di fronte. Un misto di “piacceria, condita di sicumera camuffata e di ganzeria che rende più incisiva la presenza sociale di ciascuno. In una parola: poca sostanza e molta forma.

Generazioni future – L’importante è il qui e ora

A che serve tutto questo? Al qui e ora. Guai a presentarsi insicuri, guai a mostrare dubbi, si viene immediatamente scartati se va bene e giudicati se va peggio. E lo stesso linguaggio ripetitivo e impostato lo sento spesso anche sulle cose serie trattate come fossero le facezie più inutili.

Il sottogambismo è la filosofia del momento: tu parla, spara sentenze, giudizi qua e là, dì qualcosa a vanvera tanto nessuno verificherà perché il tuo dire sarà a breve superato da qualcun altro che con un tono più piacione, con una sfumatura più ganza ti farà fuori immediatamente dalla cerchia.  Non è questo il principio con cui i social macinano e macinano parole senza senso ogni secondo della giornata?

E mi chiedo anche il nostro cervello si è abituato a consumare tanto in fretta i pensieri propri e degli altri?

Possiamo fingere di non accorgercene. Possiamo non ascoltare e possiamo non impegnarci ma questo non ferma l’ineluttabile.

Generazioni future – Il nodo sostenibilità

Prendiamo il mantra del momento. La sostenibilità. Che ci frega sentirne parlare e parlarne in continuazione se non siamo disposti a fare sul serio con la svolta sostenibile e ambientale. Smettiamola di raccontarci la fola che lo dobbiamo fare per le nuove generazioni.

generazioni
Lo sciopero per l’ambiente dei giovani di Friday for future

I giovani di Friday for future di Piacenza

Guardiamoci in faccia e diciamolo senza veli: delle giovani generazioni a noi contemporanei non ci importa. Se non fosse così non resteremmo impassibili di fronte ai segnali sotto gli occhi di tutti.

Delle giovani generazioni non sentiamo il fiato sul collo perché sono pochi, perché il loro futuro rispetto alle nostre vite di oggi già complicate a sufficienza è tanto lontano.

Per essere brutali fino in fondo sono convinta che delle nuove generazioni non ci interessa proprio nulla.

Del resto quando mai alla moltitudine è interessato il cambio radicale delle condizioni di vita di tutti? Troppo grande l’orizzonte per riuscire a centrare l’obiettivo. Sufficiente pensare di poter modificare qualcosa nelle proprie cerchie che, stringi-stringi, si riduce alla propria famiglia fino ad arrivare a limitare il campo sono a se stessi. E finisce che la grande rivoluzione si esaurisce all’interno delle nostre quattro mura. Perché alla fine il confronto con il mondo è troppo difficile, complicato, e poi il mondo è tutto e niente e non ci si può sentire onnipotenti.

Generazioni future – Il futuro un’incognita

Riguardo al futuro poi… la nostra voce in capitolo è un flebile rumorino soffocato da tanti boati che la schiacciano in un angolino dimenticato.

Forse agivano guardando al domani con una nota di un certo romanticismo i genitori di qualche decennio fa che pur pensando in questa chiave anche loro erano mossi da un sereno, congruo egoismo concentrato soprattutto sul desiderio di lasciare ai loro figli una vita migliore di quella che loro stessi avevano potuto avere. Irta di sofferenze, difficoltà, ingiustizie, fame, malattie sopraffazione, guerre eccetera.

Non è di ere geologiche fa che si parla ma della seconda parte del ‘900 appena trascorso di cui la maggior parte degli italiani di oggi è figlio. Sano egoismo che si misurava come traguardo raggiunto con il primo della famiglia che aveva portato a casa un diploma se era poi una laurea la soddisfazione era massima. Era il biglietto per poter entrare in una vita migliore. E visto da chi aveva vissuto la guerra e gli stenti che aveva portato questo rappresentava un traguardo impensabile nei loro anni della giovinezza.

Generazioni future – L’egoismo dominante

Si trattava di traguardi che comportavano raggiungere anche le cose materiali. Dalla macchina, al televisore, alla lavatrice, alla moto a tutto quello che era sinonimo di benessere e qualità della vita materiale che poi in tanti casi trascinava con sé anche una qualità della vita civile, intellettuale e professionale. Una scala mobile sociale sempre in movimento e nell’immaginario collettivo sempre in salita e aperta a tutti. Ai singoli, alle diversi classi sociali e a tutte le nazioni del mondo. Ma è stato davvero così? E a quali costi?

Naturalmente questa spinta progressiva concepita a tutto tondo era pia illusione. Quanto ai costi li stiamo verificando sessant’anni dopo e sono pesantissimi. Eppure ha dominato e ancora domina un pensiero costante, frutto di volontà fintamente positiva, che ci fa credere che le sorti umane siano convogliate in un’unica sorte come avvolta in un “tuttismo positivista” che non conosce fasi di arresto.

Però si scopre che non è così. E’ vero che se si osservano le società e le loro evoluzioni con uno sguardo macro ci si mostrano come fossero un’emulsione positiva e si può quindi credere in una visione del mondo a colori spinta al raggiungimento di un progresso inarrestabile. Ben diverso è l’effetto che si produce scendendo più vicino a noi stessi utilizzando uno sguardo più puntiforme. Con una visione più focalizzata sui particolari l’occhio coglie le sfumature e quei colori cambiano di tono e di intensità e sono ben diversi.

Generazioni future – Progresso ininterrotto

Così l’idea di un progresso collettivo omogeneo e spalmato su tutti non solo si allontana e in certi casi sparisce ma produce effetti talmente devastanti da toglierci il sostentamento vitale dato dall’ambiente in cui viviamo.

L’unico elemento di novità che possa garantire quella progressione in chiave sostenibile sono le forze giovanili presenti nella società. Loro hanno sempre rappresentato un motore, una spinta al movimento ed è stata una costante di tutte le epoche ed è per questo che quel motore deve essere valorizzato, sostenuto e spinto al massimo togliendolo dalla sfera infantile in cui egoisticamente li si tiene apparentemente coccolati, ma in realtà esclusi dal confronto sociale. Unico vero e reale momento plurale di cambiamento. Se il cambiamento non è plurale non è cambiamento. Proprio di quel motore giovanile siamo orfani. E si sente parecchio tanto più oggi che servirebbe per svoltare in altra direzione

Da qualsiasi angolo si osservi la situazione le debolezze, le crisi, le demotivazioni che stiamo vivendo il punto è sempre questo. E per tornare all’origine il fatto è che delle giovani generazioni non importa granché a noi contemporanei. Non sappiamo che contorni dare al loro futuro perché conosciamo solo il corto respiro del qui ed ora. Se così non fosse ci occuperemmo con meno “mondanità” di facciata, meno ipocrisia pubblica e con più reale impegno concreto delle questioni ambientali che sono il lascito alle generazioni future. Ma tutto questo non succede. Il timore? Che l’atteggiamento di falso interesse sia destinato solo a peggiorare.

Antonella Lenti

info@antonellalenti.it

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