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Dietro le quinte dell’export piacentino. Esportiamo moda senza produrla

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Dietro le quinte dell’export piacentino. Esportiamo moda senza produrla

Forte nell’export, debole in demografia. In difesa sul versante dell’occupazione, performante sul piano dell’accumulo bancario ma molto frenata (più di altri) sul fronte degli impieghi… alcuni tasselli per una fotografia che pone la provincia di Piacenza nella fase del dopo Covid quasi in zona neutra in fatto di performances economiche ma che apre alcuni interrogativi.

Il punto cruciale però è di quelli grandi e impegnativi. Che cosa intende fare Piacenza da grande e come si rapporterà alla sfida della transizione ecologica, un percorso avviato a cui non ci si può sottrarre altrimenti son dolori. E ancora come si adopererà per attrarre aziende che producano sul territorio, visto che oggi quasi la metà di quelle presenti hanno sede altrove e in provincia di Piacenza hanno solo attività di stoccaggio. E ancora: come potrà avere lavoro qualificato come conseguenza…

In sostanza il punto di svolta si riassume in una frase: come andare oltre la logistica e creare posti di lavoro?

In sostanza si potrebbe dire che dietro ai dati c’è più di quanto appare a prima vista. E questo interrogativi sono stati posti nel confronto sul canale Youtube della Provincia di Piacenza nel video della presentazione del n. 39 della rivista della Provincia Piacenza@ economia, lavoro e società che fa il punto sull’andamento dei settori, delle aziende e dell’occupazione traendone anche considerazioni sul futuro.

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GUIDO CASALI (UNIONCAMERE EMILIA ROMAGNA)

Sono soprattutto le interpretazioni date dal responsabile Union Camere della regione Emilia Romagna Guido Casali e del professor Enrico Ciciotti già docente all’università Cattolica ad aver colpito la mia attenzione.

EXPORT – Dietro ai dati c’è di più

Dapprima Guido Casali di Union Camere regionale ha scandagliato “dietro le quinte” delle esportazioni e ha cercato di capire che tipo di aziende esportano da Piacenza verso il mondo. “Piacenza tra il 2010 e il 2019 – ha esordito – è stata la quarta provincia in Italia per crescita di export che ha avuto un effetto positivo su tutta l’economia della provincia”.

Ma attenzione, la lettura più approfondita dei dati porta a sottolineare alcuni aspetti particolari: “se nel settore della logistica nel 2020 si è incrementata l’occupazione del 14%, un quarto dell’occupazione è ascrivibile a imprese che hanno a Piacenza unità operative ma non sede legale, la metà dell’export è originato da imprese non locali, il 40 per cento da imprese estere”.

Inoltre tra le prime 10 aziende che creano occupazione 7 sono di fuori provincia. Delle 2650 imprese che esportano una metà ha sede fuori Piacenza e qui hanno piccole unità operative, centro logistico o smistamento commerciale.

EXPORT – Moda all’estero senza produrre moda

Altro dato significativo portato all’attenzione dall’esponente di Unioncamere ha riguardato il tipo di aziende esportatrici del Piacentino e il settore di attività. Accanto al settore della meccanica compare il sistema moda, tessile e abbigliamento che però è costituito in gran parte da imprese che non sono di Piacenza ma hanno qui hub di logistica o sono presenti con piccole imprese. Occorre capire più concretamente – ha segnalato Casali – se l’aver attratto qui aziende di quel settore può aver contribuito a creare un piccolo nucleo produttivo.

EXPORT – “Numeri utili per le scelte di sviluppo”

Sono numeri importanti – ha sottolineato – che sono messi a disposizione dei decisori politici e che dovranno guidarli nelle scelte per questo territorio. Quella della collaborazione di Union Camere Emilia Romagna è una novità assoluta salutata come molto positiva dalla sindaca e presidente della Provincia Patrizia Barbieri.

EXPORT – E’ un momento cruciale: cogliamo le sfide

Da Enrico Ciciotti un’esortazione a leggere politicamente dati che devono far riflettere. Il professore ha sollecitato le istituzioni piacentine, partendo dai punti di debolezza che presenta la realtà economica a dare vita una governance efficace per lavorare su quattro sfide che non possono essere accantonate.

“Cosa dobbiamo fare noi come attori del futuro da qui ai prossimi dieci anni?” Ha chiesto Ciciotti e sintetizzando ha concentrato le sfide in quattro punti deboli del sistema, dal problema demografico, alla mancanza di un ruolo dell’università come capacità di attrarre investimenti, la sfida della transizione ecologica che significa soprattutto la decarbonizzazione e la trasformazione in un sistema più resiliente e sostenibile e quindi la necessità di mettere insieme tutti questi elementi per capire meglio quello che sta avvenendo.

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ENRICO CICIOTTI, ECONOMISTA

EXPORT – In campo il ruolo delle università

Abbiamo qui eccellenze di ricerca, il Politecnico, l’Agraria il Musp e Leap quanto possono interagire in futuro per attrarre investimenti? E il punto cruciale a questo punto è la governance.

“A Piacenza abbiamo in discussione il Piano di Area vasta e la questione del PNRR e non è possibile trovare una governance unica? Perché non mettere insieme quattro elementi fondamentali Provincia, Comune, imprese (sistema produttivo Camera commercio ecc) Università (in altre città siedono al tavolo di concertazione) i cittadini e le parti sociali? I dati forniti da Union Camere sono estremamente interessanti un punto di partenza se vogliamo preoccuparci di cosa succederà a Piacenza nei prossimi anni.

Ciciotti ha sottolineato il fatto che Piacenza ha mostrato sì una buona capacità di resistenza ma si è chiesto: “dove sta la necessaria capacità di resilienza?” E’ questo a cui occorre pensare perché la resilienza riguarda il dopo, il futuro.

EXPORT – Non si può rinviare la transizione ecologica

C’è una necessità su tutte secondo Ciciotti: “Non accontentarsi dei livelli di sviluppo di prima, sta succedendo qualcosa di molto diverso da prima. E’ la transizione ecologica che deve portare il sistema produttivo a cambiare. Assolutamente. E da qui la domanda: il nostro sistema socio-economico è in grado di affrontare questo cambiamento?

Le sfide, secondo l’economista dipendono da fatti interni e fatti esterni. Il problema principale endogeno è il tema della demografia. E’ un elemento – ha spiegato – che si collega direttamente al problema produttivo e allora che facciamo? Attiriamo imprese dall’esterno? Come? E quali imprese?

La nostra economia – ha poi sottolineato – è già molto dipendente dall’esterno e sono i settori esterni all’economia piacentina perché la produzione non è qui. Sono settori attivati da magazzini di logistica. Se ci saranno investimenti dall’esterno dovranno essere servizi o siti produttivi che se non la sede principale localizzino qui la produzione.

L’altra questione messa in evidenza dall’economista riguarda direttamente il sistema delle imprese “Quanto è in grado di affrontare le sfide del futuro? Le imprese si stanno attrezzando per questo? Non lo sappiamo”.

Non è un terreno facile da affrontare, come si è visto in Germania dove la riduzione dei combustibili fossili ha portato a una levata di scudi delle case produttrici di auto che chiedono tempo. Bisogna ragionare bene su questo argomento perché se spostiamo in là nel tempo può essere troppo tardi per l’ambiente. Trasformarsi vuol dire fare investimenti innovativi. Prima si innova e meglio è.

EXPORT – La scheda sui dati economici

I dati sono stati ampiamente pubblicati da tutti i mezzi di informazione che seguono i fatti quotidiani della nostra realtà provinciale. Ma ecco succintamente su cosa si discute. Così riferisce una sintesi dei dati: “La produzione/fatturato dell’industria e dell’artigianato manifatturieri confermano i risultati del primo semestre, mostrando variazioni tendenziali negative inferiori a quelle regionali; stesso andamento per gli indicatori del commercio al dettaglio.

Nell’interscambio con l’estero, le esportazioni calano a Piacenza del 7,5%, contro il -8,2% dell’Emilia-Romagna e il -9,7% dell’Italia, e le importazioni piacentine (complice la presenza dei poli logistici) vanno addirittura in controtendenza segnando un aumento del 6,7%, quando invece si riducono a livello regionale (-8,7%) e nazionale (-12,8%).

Anche nel caso del turismo, uno dei settori economici – insieme al commercio – più colpiti dalla pandemia, nonostante si rilevi una fortissima flessione degli arrivi dei turisti (-55%) e dei pernottamenti (-42%), emerge come il nostro territorio si sia comunque comportato sempre meglio rispetto alle province di Parma, Reggio-Emilia, Modena e Bologna.

Sul mercato del lavoro Piacenza si caratterizza per la tenuta del tasso di occupazione, del tasso di attività e del tasso di disoccupazione, che rimangono ai vertici nel confronto con le altre province di riferimento, registrando altresì a consuntivo d’anno un consistente saldo positivo tra avviamenti e cessazioni dei rapporti di lavoro dipendente, in recupero rispetto alle variazioni negative del primo semestre.

Punto di debolezza invece la Cassa Integrazione, esplosa anche in conseguenza del blocco dei licenziamenti, e cresciuta da noi molto di più che non a livello regionale e nazionale”.

Alla conferenza su YouTube hanno partecipato anche i curatori della rivista Piacenz@ Economia Lavoro e Società: Paolo Rizzi della Cattolica, Vittorio Silva direttore generale della Provincia di Piacenza, Vittorio Colnaghi della Provincia di Piacenza coordinati da Patrizia Barbieri sindaca di Piacenza e presidente della Provincia di Piacenza.

Antonella Lenti (info@antonellalenti.it)

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