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Se democratico è pure il vestire… dove finisce la democrazia?

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Se democratico è pure il vestire… dove finisce la democrazia?

Dicono che presto ci si potrà anche vestire da Ikea. Ideata per i giapponesi, i capi street wear del marchio svedese diventeranno globali. Non c’è rischio che così non sia. Se è globale è un imperativo averlo tutti. Trovi tutto in un solo posto, per dormire, per il giardino, per “soggiornare”, per mangiare. Che c’è di più comodo? Che importa se lo stile è unificato! Meglio, che ce ne facciamo della differenza! Faticosa e basta.

Mi ha colpito questa notizia apparsa di recente secondo cui il colosso dell’abitare a prezzi bassi si starebbe dedicando anche all’abbigliamento creando – così il messaggio arrivato dall’articolo – un modo di vestire essenziale e “democratico”.

Al lettore questa ultima espressione fa pensare subito che i prodotti saranno a poco prezzo e per questo abbordabili da tutti, per questo democratici. Espressione che vuole intendere rassicurazione: qualcosa per coprirsi ci sarà per tutti. La parola democratico dà una certa sensazione di giustezza. Se vivi in un mondo democratico le tue potenzialità possono librarsi e non verranno costrette.

Che cosa si intende oggi quando si pronuncia la parola democratico?

Vestire democratico a parte, di rassicurazione in merito a cosa è democratico c’è tanto bisogno di questi tempi incerti. La china imboccata negli ultimi vent’anni è all’insegna del vago per non dire del dubbio estremo. Il dominio dei social spinge su un terreno sconosciuto gli orizzonti delle nostre vite che si interrogano su cosa sia o meno democratico oggi. Spesso ci si trova in mezzo al guado e si è incerti, si è nel dubbio su quale strada scegliere.

Difficile infatti stabilire se il nostro agire nel campo infinito dei social sia sinonimo di libertà totale e assoluta (quindi spinta da una forza democratica) o non sia invece una gabbia senza barriere che però ci trattiene legati a una rete invisibile dai cui lacci non ti puoi separare (dove il concetto democratico è confinato ai margini).

Anche chi con grande orgoglio di sé proclama la sua assenza dai social non può dirsi privo di zavorra in questo senso. Anche il fortunato che fa a meno dei social che vanno per la maggiore, suo malgrado o (quasi a sua insaputa) è nella rete e come tutti cede diritti di sovranità facenti parte della sua persona e il bello è che non se ne accorge anzi crede di essere un fortunato “immune”.

Si usano spesso – anche e sempre più nel linguaggio quotidiano – termini forti come democrazia, dittatura, libertà senza rendersi conto che tanto di quello che esce dalle nostre riflessioni sono frutto di un costante e continuo condizionamento invisibile di cui noi siamo partecipi e consenzienti a nostra insaputa.

Come è possibile tutto questo? E dove porterà le tante specificità del mondo se il ritmo di omologazione galopperà con tanta velocità? E dove ritroveremo il sentire democratico?

Se facciamo un salto indietro nella memoria e ripercorriamo i primi anni del nuovo secolo ci rendiamo conto, esaminando noi stessi, di quanto oggi nei gesti, nelle scelte, nella quotidianità la nostra vita sia profondamente cambiata. E quanto sentire democratico è andato perduto strada facendo?

E’ come se fosse intervenuta una mutazione di noi stessi dettata dalle tecnologie che si sono prima timidamente affacciate nel mondo del lavoro, poi nella gestione della casa fino alla gestione dei gusti e dello stesso pensiero.

L’introduzione delle macchine nella storia del lavoro umano ha da un lato facilitato il lavoro e dall’altro estromesso tanti lavoratori dai lavori tradizionali, ma è anche vero che dall’evoluzione della tecnica sono emersi tanti nuovi lavori in un ciclo quasi continuo tra crisi ed espansioni. E si è arrivati alla nuova rivoluzione. Quella digitale.

L’introduzione della tecnologia digitale sta facendo la stessa cosa ma ad un livello molto più profondo. Sta facilitando il lavoro, sotto certi aspetti però lo sta standardizzando rendendolo armonizzabile alla macchina che non conosce sfumature e quasi estromettendo la vivacità umana.

E l’essere umano che è fatto di sfumature? Di intelligenza vitale che modifica, che cambia con l’osservazione delle cose reali?

All’apparenza sembra non sia contemplato.

democratico
Photo by Cookie the Pom on Unsplash

Tante volte le conversazioni tra persone ascoltate al volo mentre passeggi o mentre sei in un bar o al supermercato sono illuminanti.

Ha detto lui: “Devo scrivermi il biglietto per ricordarmi di pagare il bollo della macchina”

Ha risposto lei: “Non fare mai biglietti! Me lo ha detto il dottore. Perché se ti abitui a scrivere i post-it la tua memoria si siede e non la tieni allenata”.

La conversazione è andata avanti e io non ho ascoltato la conclusione, ma ci ho pensato su… E’ la memoria che ci permette di sapere chi siamo come individui. E’ la memoria che ci permette di riconoscere gli altri. E ora con i “tutori smart” che ci ricordano di spegnere la luce quando si va a dormire in quanto tempo i bit della nostra memoria andranno a ramengo? E poi? Riconosceremo più la differenza tra democrazia, dittatura o libertà? In fondo a voler essere sinceri una certa confusione sul significato di questi concetti si è già fatto strada.

E poi come i bambini son fatta di domande. L’ultima è questa: se anche il vestire è democratico dove è finita la democrazia

info@antonellalenti.it

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In homepage Photo by Cookie the Pom on Unsplash

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