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Facili promesse e ponti sgretolati

Storie di ordinaria dimenticanza che si rinnova e si ripete da anni sulle opere pubbliche del Paese. Cosucce di fronte agli effetti drammatici della pandemia. Pensando al dopo però sarà necessario un patto tra "onesti e leali" tra Stato e cittadini perché tutti contribuiscano equamente ad alimentare le casse esangui dello Stato. Anche i piccoli ponti di provincia ne potrebbero beneficiare
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Facili promesse e ponti sgretolati.

La scoperta casuale durante una passeggiata a piedi. Non si passa da un comune all’altro ma a piedi ci sono tante strade e percorsi nuovi che aiutano a sommare i chilometri necessari ogni giorno per dare un “aiutino” al metabolismo stanco e provato che non vuole saperne di lavorare spontaneamente.

Passeggiate veloci con almeno 10mila passi che, oltre a liberare la testa dal pensiero ossessivo su ciò che si può fare e ciò che non si può fare durante la pandemia, aiutano anche a guadagnarsi un tantino di benessere e a scoprire cose interessanti. Tra cui i parapetti molto malati… sul ponte del Trebbia tra la Bellaria in territorio di Rivergaro e la località i Marchesi di Travo.

Ponti: dopo il crollo del Lenzino sono un’insidia per tutte le amministrazioni. In questo caso però il “bene” è visibilmente malato e in fondo è solo un parapetto. Cosa piccola rispetto a ben altre situazioni di pericolo. Forse potrebbe bastare un intervento veloce su quel parapetto che, tra l’altro, è veramente molto basso. Camminando sul ponte e lanciando lo sguardo al fiume non c’è da stupirsi se ti prende un capogiro.

Facili promesse stop – Intanto si parla d’altro

Comprendo che un parapetto che si sgretola non fa testo in una situazione come quella che stiamo vivendo. La pesantezza della vita di questi mesi infatti sta mettendo a dura prova la quotidianità imbrigliata in ogni sua espressione, anche la più innocua.

Tremo già all’idea che per almeno un mese dovremo sorbirci blasonate trasmissioni televisive dove l’interrogativo principale sarà “Come sarà il nostro Natale?” “Quante persone potranno stare attorno al tavolo” per tacere del tormentone invernale che ha sostituito quello estivo. La vita pulsante per paese dalle discoteche si è ora spostata sulle pista da sci.

La preoccupazione dovrebbe forse concentrarsi di più su altri argomenti. Comunque è il disastro del business mancato dell’inverno, con le piste da sci chiuse, alberghi e ristoranti costretti a zero incassi… e via di questo passo facilmente si arriva a una crisi di nervi.

Inoltre l’inconscio guarda già al dopo. Il dopo come sarà?

Non sto a soffermarmi sul terrore che provo al pensiero di quando la bolla della spesa – si sta ingigantendo a dismisura – magicamente si romperà e improvvisamente bisognerà trovare i soldi per ripianare i debiti di cui oggi non ci curiamo.

Facili promesse stop – E nel dopo Covid un imperativo: Pagare tutti secondo equità

Mi auguro (almeno su questo scenario futuro) che quando verrà quel momento drammatico della verità si faccia anche una scelta di responsabilità non più rinviabile: creare le condizioni perché tutti i cittadini – tutti uguali e in pari misura se un paese è veramente democratico come si professa – contribuiscano equamente alla cassa comune dello stato.

Cassa comune necessaria per mantenere i servizi ad uso di tutti, anche di chi non contribuisce a pagarli, a mantenerli, a ripararli o rifarli quando è necessario. In questo bagaglio ci sta anche un ponte col suo parapetto

Però l’elenco è ben più largo e consistente: dalla sanità alla scuola, alle opere pubbliche in generale che di salute proprio non stanno tanto bene. Basta lanciare uno sguardo al cielo passando sotto un qualsiasi viadotto che attraversa i centri abitati (vedasi sulla strada che da Fermo nelle Marche porta alla costa). Un impegno non più rinviabile anche alla luce di quanto lo stato in questo momento sta facendo per dare uno stipendio (anche piccolo, certo) a chi per la pandemia non ha risorse dalla propria attività interrotta. Un patto tra onesti e leali.

Facili promesse stop – E ora il punto dolente

Un patto tra onesti e leali che porta al piccolo parapetto di un piccolo ponte di provincia che lega due sponde del fiume Trebbia. Complice la passeggiata ho potuto notare quello che passando con l’automobile su quel ponte non si può vedere. Le foto qui sotto sono eloquenti. Inverosimile.

Mi corre l’obbligo di scivolare sul qualunquismo (del genere spicciolo e a buon mercato) che tutti frequentiamo una volta o l’altra. L’indignazione tante volte si sposa con il qualunquismo ma arrivati a questo punto con il fondo che abbiamo toccato con la pandemia che giornalmente sta uccidendo centinaia di persone sarebbe necessario un colpo di reni di dignità, responsabilità e sincerità. Parole roboanti e dal suono retorico che non mi appartengono solitamente ma – forse a causa della vita costretta che ci tocca fare – in questo caso trovo appropriate.

Facili promesse stop – Ora prendersi cura

E una domanda è all’origine dell’indignazione che a volte mi spinge a desiderare di non vedere, di non sentire e non partecipare alla condivisione di tanto abbandono. Per quale ragione si persevera nelle false promesse che poi si traducono in un abbandono pressoché ripetuto e costante di tutte le iniziative messe in atto? Sembra quasi che tutto sia immediatamente dimenticato non appena realizzato. Punto e a capo ogni volta per passare ad altro capitolo ad altra opera ad altra sbadata dimenticanza.

Facili promesse stop – Vedere per credere

promesse
info@antonellalenti

2 Comments

  1. Giuseppe Miserotti Reply

    Nino Andreatta affermava che la manutenzione ordinaria delle opere di un Paese costituisce reddito e benessere… verrebbe da dire che non sono necessarie opere pantagrueliche che non servono a nulla ,(se non ai soliti noti). Opere tipo TAV, aumento scriteriato di tangenziali e di pedemontane, rubano territorio all’agricoltura e non servono alle economie di paesi e cittadine che anzi, venendo tagliate fuori dal flusso (anche quello ragionevole del traffico) finiscono per perdere caratteristiche e riferimenti per le piccole economia locali. Semmai il problema è quello di passare più velocemente possibile ad automazione basata sulle vere rinnovabili, ad un ripensamento della viabilità in citta’. Vedremo se nel posto Covid l’economia saprà farsi veicolo di cambiamento vero e radicale o se ancora una volta sarà pane per appetiti e rendite di posizione oggi non più tollerabili.

    • Sono d’accordo. Spero che si cambi indirizzo. Tuttavia le parole che sento in queste settimane non mi fanno ben sperare. Non credo che si sia capita la portata di quello che è accaduto. Sento le solite considerazioni condite di piagnistei (diventati insopportabili). Una cosa è certa non sappiamo neanche copiare da chi invece si prende cura delle opere pubbliche che significa certamente lavoro ma anche sicurezza per tutti. Non sappiamo copiare forse perché ci siamo convinti che siamo creativi estrosi e la nostra intelligenza non ha bisogno di trarre ispirazioni dagli esempi e questo ci porta ad essere una spanna sopra a tutto. Non è così. Temo che la storia si ripeta. I lavori contano per il meccanismo finanziario che innescano e quindi una volta indetta la gara, affidato l’appalto nessuno se ne cura più. Il lavoro però non finisce lì. Direi che comincia in quel momento. Vogliamo dirlo fino in fondo che se i ponti sono crollati è per la mancata manutenzione e perché non ci sono stati i controlli necessari sistematici e ciclici? Invece per noi sia una strada, un ponte, una ferrovia la goduria sta tutta nella prima fase. Poi tutto diventa banale ordinaria amministrazione. Quando l’impronta è questa si fa fatica a cambiare. Si resta solo tronfi dell’illusoria convinzione che tanto ce la facciamo. Come sempre. In un modo o nell’altro. Ecco è questo in un modo o nell’altro che non sopporto più.

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