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IL DOPO COVID (1) – Istat fa l’esame ai territori d’Italia: “Sarà utile a chi deciderà le politiche nel dopo Covid”

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IL DOPO COVID (1) – Istat, il primo Rapporto sull’Italia e i suoi territori 2020. “Utile ai decisori delle politiche del dopo Covid”. Tutto questo naturalmente anche in relazione alle prospettive di lavoro in una situazione ecomomica che si preannuncia difficile. Un aiuto per disegnare il dopo Covid potrebbe venire il primo Rapporto sul territorio 2020 realizzato da Istat che tratteggia una prospettiva sull’Italia e i suoi territori analizzando vari punti: lo spazio fisico e le risorse naturali, le pressioni antropiche sull’ambiente, le caratteristiche e le condizioni di vita, l’economia i servizi pubblici e le reti infrastrutturali e immateriali.

  • Sommario
  • Link a intervista su Twitter
  • Spunti dall’introduzione
  • Alcuni estratti: dove viviamo
  • Grafico stato di salute 2019
  • La situazione che abbiamo lasciato

Link a intervista su Twitter

Su Twitter pubblicata un’intervista al curatore del Rapporto Istat Andrea De Panizza https://twitter.com/istat_it/status/1248543287545409536 il testo dell’intervista è riportato qui sotto

“Certo, non è tutto quello che sarebbe necessario ma è un punto di partenza”.  Conclude così la sua intervista. “Uno strumento che è stato pensato per offrire un’informazione ai cittadini e anche ai decisori delle politiche e agli esperti.

Ci auguriamo – dice Andrea De Panizza – che sarà utile, speriamo presto, quando sarà possibile tornare a ragionare sulle politiche. Il rapporto, insieme al peso della divisione tradizionale tra Nord e Sud del paese o tra città e aree rurali permetterà anche di scoprire differenze tra zone vicine e all’opposto di riconoscere tendenze comuni all’interno del territorio nazionale ad esempio l’istruzione o la cura dell’ambiente.

Il volume del Rapporto Istat contiene 61 quadri informativi – prosegue – su fenomeni distinti, 11 approfondimenti tematici, un capitolo sui cambiamenti di fondo e uno sulle geografie collegati tra loro attraverso un reticolo di rimandi e contiene oltre 200 tra mappe e grafici i cui dati sono tutti immediatamente accessibili attraverso collegamenti ipertestuali”.

Spunti dall’introduzione del Rapporto Istat

Il protagonista di questo volume è il territorio, considerato come ambiente fisico e, insieme, come luogo in cui si svolgono le relazioni sociali e la produzione, e che condiziona qualità della vita ed economia.

Queste prospettive sono strettamente interconnesse, fin dall’antichità. Tra i fattori più rilevanti attualmente vi sono la vicinanza (e i collegamenti) ai mercati e ad altri centri economicamente forti (a loro volta territori), il patrimonio culturale, ambientale, di capitale umano.

L’Italia presenta differenze molto ampie tra il Nord e il Sud, tra città e campagne e tra le zone di pianura e quelle di montagna, che in larga parte si sovrappongono alle aree interne. D’altra parte, la qualità della vita – comunque la si voglia intendere – spesso è influenzata da elementi diversi: i grandi centri urbani, a confronto con le aree rurali offrono attrazioni e servizi, ma a prezzo di tempi più sacrificati per la vita di relazione, minore disponibilità di risorse ambientali, criminalità più elevata.

Il nostro paese, lungo e difficile da attraversare è caratterizzato da differenze territoriali molto pronunciate per condizioni e stili di vita e, spesso, da una varietà elevata anche tra ambiti territoriali simili. Di contro, vi sono caratteristiche e tendenze che accomunano i territori pure se lontani tra loro. Nei capitoli in cui si articola questo Rapporto Istat abbiamo cercato di restituire varietà e similitudini attraverso diverse dimensioni: le caratteristiche strutturali e i cambiamenti di più ampio respiro (Capitolo 1), la struttura dell’ambiente fisico (trattata nel Capitolo 2), le risorse ambientali e la pressione antropica (Capitolo 3), i luoghi e i modi in cui viviamo (Capitolo 4), l’economia (Capitolo 5), i servizi pubblici (Capitolo 6) e le reti infrastrutturali e sociali (Capitolo 7)”.

Alcuni estratti: dove viviamo

CAPITOLO 4

Nelle 14 città metropolitane vive il 36,2% della popolazione italiana. Esse rappresentano l’ambito urbano più dinamico in termini socio-economici e, coincidendo largamente coi maggiori centri urbani del Paese, sono caratterizzate da movimenti demografici consistenti anche all’interno del proprio territorio. Dall’inizio del 2015 all’inizio del 2019, la popolazione è cresciuta nelle Città metropolitane di Milano, Bologna, Firenze e Roma mentre nelle altre è diminuita, in linea con l’andamento nazionale.

Il ruolo trainante della città capoluogo è evidente sia in positivo sia in negativo nelle variazioni osservate durante il periodo considerato, a eccezione del territorio metropolitano di Firenze e Roma per le quali si evidenzia una tendenza contraria: diminuisce la popolazione nel capoluogo e aumenta nell’aggregato urbano circostante.

Le dinamiche demografiche sono associate a quelle economiche, principalmente attraverso i movimenti migratori. Nel quinquennio 2012-2017, i redditi imponibili per abitante delle città metropolitane sono diminuiti in tutte le città metropolitane, con l’eccezione di quelle di Torino, Venezia, Bologna e, nel Mezzogiorno, Messina. Tuttavia, questo andamento riflette dinamiche demografiche e reddituali molto diverse tra i centri considerati. Il reddito imponibile complessivo è infatti cresciuto dell’8,2% nella città metropolitana di Milano, ma l’aumento ancora maggiore della popolazione ha portato a una leggera riduzione dei valori pro capite.

Per effetto della crescita demografica i redditi imponibili per abitante sono diminuiti, in particolare, a Roma e Firenze, mentre nelle città metropolitane del Mezzogiorno (a eccezione di Catania) l’effetto di una crescita modesta o negativa dei redditi imponibili è stato mitigato dall’aumento di popolazione più contenuto – nel caso di Messina, lo spopolamento – a sua volta associato alla minor attrattività economica di questi centri.

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Grafico stato di salute 2019

In questo grafico la “fotografia” prima del virus da fonte Istat. Sarà utile da tenere presente per i prossimi confronti con i primi 5 mesi del 2020.

La situazione che abbiamo lasciato

Utile fare il punto sui dati che ci siamo lasciati alle spalle in campo economico. Sempre traendo da fonti Istat chiarisce le idee per rinfrescarci da dove veniamo ed è utile un excursus sulla situazione economica pre pandemia in Italia.

PRODUZIONE INDUSTRIALE Questi i dati Istat:

“A febbraio 2020 si stima che l’indice destagionalizzato della produzione industriale diminuisca dell’1,2% rispetto a gennaio. Nella media del trimestre dicembre-febbraio, il livello destagionalizzato della produzione diminuisce dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti.

L’indice destagionalizzato mensile cresce su base congiunturale solo per l’energia (+2,7%); diminuiscono, invece, i beni intermedi (-1,1%) e i beni di consumo (-0,9%) mentre i beni strumentali risultano stabili.

Corretto per gli effetti di calendario, a febbraio 2020 l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 2,4% (i giorni lavorativi sono stati 20, come a febbraio 2019).

Su base tendenziale e al netto degli effetti di calendario, a febbraio 2020 si registra una contenuta crescita solo per i beni strumentali (+1,4%). Diminuiscono, in misura marcata, i beni di consumo (-3,0%) e i beni intermedi (-2,3%); cala, in maniera più contenuta, l’energia (-0,6%).

I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi tendenziali sono la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+8,3%), l’industria del legno, della carta e stampa (+6,0%) e le altre industrie (+5,7%). Le flessioni più ampie si registrano invece nelle industrie tessili, abbigliamento e pelli (-12,1%), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore e acqua (-6,2%) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto (-3,7%)”.

COMMERCIO AL DETTAGLIO

Questo il quadro che proponeva Istat

“A febbraio 2020 si stima, per le vendite al dettaglio, una variazione congiunturale positiva dello 0,8% in valore e dello 0,9% in volume.

In aumento sia le vendite dei beni alimentari (+1,1% in valore e +1,2% in volume), sia quelle dei beni non alimentari (+0,5% in valore e +0,6% in volume).

Nel trimestre dicembre 2019-febbraio 2020, le vendite al dettaglio registrano una crescita dello 0,6% in valore e dello 0,7% in volume rispetto al trimestre precedente. Sono in aumento sia le vendite dei beni alimentari (+1,1% in valore e +1,0% in volume) sia le vendite dei beni non alimentari (+0,4% in valore e +0,7% in volume).

Su base tendenziale, a febbraio, si registra una crescita del 5,7% in valore e del 5,8% in volume. L’aumento riguarda soprattutto le vendite dei beni alimentari (+8,2% in valore e +7,8% in volume), ma risultano in crescita anche quelle dei beni non alimentari (+3,8% in valore e +4,3% in volume).

Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali positive per tutti i gruppi di prodotti. Gli aumenti maggiori riguardano Generi casalinghi durevoli e non durevoli (+7,6%) e Utensileria per la casa e la ferramenta (+6,3%) mentre l’aumento minore si registra per Cartoleria, libri, giornali e riviste (+1,0%).

Rispetto a febbraio 2019, il valore delle vendite al dettaglio aumenta dell’8,4% per la grande distribuzione e del 3,3% per le imprese operanti su piccole superfici. Le vendite al di fuori dei negozi calano dello 0,1% mentre è in crescita sostenuta il commercio elettronico (+15,3%)”.

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