LENTI A CONTATTO

Corona virus, se il tuo piccolo mondo va a gambe all’aria e la paura dell’ignoto fa sgretolare granitiche certezze

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LENTI A CONTATTO – E’ contagio da corona virus. Ed ecco che il tuo piccolo mondo va a gambe all’aria. La paura dell’ignoto fa sgretolare tante granitiche certezze. All’era digitale se ne affianca un’altra: l’era del contagio e non si tratta di malware incistati nel computer da un trojan.

Per sopravvivere all’ansia che il nuovo incubo porta sono necessarie alcune regole. La prima è mantenere la calma che permette di ragionare con più lucidità. Ma questo dovrebbe valere in ogni circostanza. La seconda sana regola per tenere a bada l’ansia è dimenticarsi le necessità improrogabili, indifferibili e soprattutto rendersi disponibile a cambiare le priorità. Fatto questo si è già a metà dell’opera.

CORONA VIRUS: IMPERATIVO SALVARE LA PELLE

Che fare del bagaglio di esperienza accumulato negli anni?

Deve servire per far fronte a un’altra vita. Una vita su cui è piombato un meteorite a sconquassare l’ordine (o anche il disordine) costruito in anni di impegno da parte del contesto umano. Nell’era del contagio da Corona virus, ogni singolo individuo è chiamato in causa per riscrivere una nuova storia di sé.

Se l’imperativo diventa salvare la pelle si deve lasciare da parte le ciance. Si deve pensare solo alle esigenze primarie tutto il resto passa in secondo piano. (Vedi i Comportamenti virtuosi)

Ci dicono che prima di tutto bisogna evitare il dilagare del contagio … e ha l’effetto deflagrante di una bomba. Nulla di nuovo.

GUERRE E FLAGELLI COSTELLANO LA STORIA UMANA

Come è già accaduto a chi prima di noi ha vissuto momenti terribili come sono stati i conflitti mondiali, oppure sono stati flagellati da malattie epidemiche (la storia umana è costellata di eventi di questo tipo qualcuno si ricorda l’Aids, Ebola, oppure la Spagnola dopo la prima guerra mondiale?). Casi sepolti nei libri di storia oppure non sentiti così vicini anche se poi non è stato così.

Ecco in quei casi sono saltate per aria tante bellissime prospettive. Tanti progetti di vita, tanti impegni, tanti sogni e tante illusioni improvvisamente s’infrangono oppure solamente subiscono una battuta d’arresto. L’imperativo categorico di fronte a queste grandi prove è sempre lo stesso: portare a casa la pelle. Scopo prioritario per tutti e se l’obiettivo sarà raggiunto torneranno i progetti, nuovi progetti, rinverditi e arricchiti dell’esperienza maturata, torneranno gli impegni, i sogni, le sane e bellissime illusioni che sono l’emozione della vita.

La paura del virus più grande della paura dell’inquinamento

Mi si pongono alcuni interrogativi che nascono dalla curiosità di trovare una risposta a qualcosa che mi frulla in testa da quando è scoppiata “l’emergenza” italiana del corona virus. Emergenza che abbiamo noi a Piacenza a pochi passi da casa dove persone che magari conosciamo sono costrette a stare recluse per non intercettare il virus.

Ecco questo scenario mi fa domandare perché non sia mai stata posta tanta perizia per cercare di sottrarsi dall’influenza negativa e letale che provoca l’inquinamento di cui siamo circondati e che sembra farci un baffo. Fino a ieri le classifiche nazionali ci mettevano in testa alle città più inquinate da polveri sottili. Per non intercettare il virus si chiudono gli uffici, le fabbriche… tutte le attività immaginabili fino anche al divieto alla mobilità. Mi viene da dire che ciò che non ha mai potuto fare il ragionamento riesce a fare il virus.

E allora riflettiamo.

Per inquinamento – ci sono dati che lo dimostrano – si muore o ci si ammala seriamente e con effetti cronici. Ma pazienza. Fa parte dei rischi del progresso della modernità, dello sviluppo eccetera. Scelte positive per cambiare la situazione giacciono nel cestino delle buone intenzioni mai attuate. Ecco invece che la paura dell’ignoto, l’invasione di un corpo estraneo per cui non ci sono anticorpi ha il potere di bloccare ogni attività. Interessante comportamento umano non c’è che dire.

Nel frattempo la sensazione è di vivere in un day after

Domenica mattina scaffali dei supermercati vuoti – al Conad di Rivergaro ho cercato i finocchi, ma nulla, scomparsi come i pomodori, il sedano e tante altre verdure. Molte le ceste vuote e restavano solo numerose vaschette di cavolini di Bruxelles che per fortuna piacciono a pochi.

Sabato pomeriggio alle 17 – ora sempre di punta se non siamo in agosto – Stradone Farnese completamente senza auto di passaggio: nessun problema l’immissione dalle vie laterali… Sabato mattina mercato dimezzato di banchi e di clienti. E a proposito dei controlli riguardo alla quarantena in cui si invitava gli abitanti della zona di Codogno a stare in casa o entro il perimetro dei detti comuni devo registrare un episodio che mi ha lasciato un poco perplessa. Sabato mattina al bar un signore robusto raccontava di essere partito di mattina presto da Codogno per venire a Piacenza ed esporre la sua bancarella sul mercato.

All’uscita dal paese nessuno l’ha fermata? Ha chiesto qualcuno.

No c’erano i volontari della protezione civile – ha risposto – ma nessuno mi ha detto nulla ed eccomi qui.

Contento come una Pasqua di averla fatta in barba al divieto. (Siamo sempre italiani dopo tutto). Anzi per infiorettare il racconto ha riferito di una telefonata con il padre che gli aveva raccontato di come a Codogno fosse in atto un concerto di sirene d’ambulanza che facevano la spola tra una casa e l’altra per rispondere alle chiamare di emergenza al 112. Complimenti.

Day after. E’ come se l’abbondanza di cui siamo stati circondati fino a venerdì sia diventato un giacimento a cui attingere per non restare senza sostentamento e poi tutti in casa e attenti a non avere contatti con chi non si sa mai che sia venuto in contatto con quella zona indicata come focolaio… Focolaio del contagio. Ipotesi da dramma dell’orrore fantascientifico fino al giorno prima. Eppure…

Contagio da virus

A prescindere da come e da quando finirà questo nuovo reality nel quale ciascuno di noi recita una parte, va detto che tutto quello che sta succedendo ha qualcosa di insolito, di particolare che ci fa scoprire una dimensione nuova della vita. Quello che sta succedendo in questi giorni fino a pochi giorni fa era un’eventualità imponderabile.

Impossibile si sarebbe detto pensare che nell’emisfero Nord del mondo, quello ricco, quello industrializzato, quello produttivo, quello proteso a un perenne futuro… la paura di una pandemia potesse diventare reale e che da un giorno all’altro, per difendersi dall’aggressione invisibile restasse un’unica via reimparare a camminare a esistere, a vivere dimenticandosi quello che è stato, si è fatto e soprattutto progettato. Nulla potrebbe essere più come prima e forse nulla lo sarà più anche dopo, una volta usciti.

E’ questo a cui ci fa pensare la paura collettiva

Potenza, onnipotenza umana dall’oggi al domani miseramente atterrate da un invisibile mostricciattolo di cui non si conosce nulla ma che manifesta un’iperattività incredibile nel conquistare territori e attaccare persone.

Il Ministero della salute tiene sotto osservazione l’evoluzione del Corona virus.

Rischio sanitario in primis soprattutto per le persone che sono più deboli ma anche un mostro che come un informe blob cresce e si allarga a macchia d’olio (non si sa per quali strade) e s’insinua negli ingranaggi del benessere globale in cui tutti siamo interdipendenti gli uni dagli altri.

Atterrati da un mostricciattolo raffigurato come una palla con tanti peduncoli attorno. Sconosciuto a tutti sul cui ancora nessuno sa quali danni alla salute può determinare alla lunga. Si stanno però delineando e temendo altri effetti che potrebbe creare il virus: quello sul sistema economico mondiale.

Un’emergenza che abbiamo sentito raccontare dai reportage dalla Cina e che ora bussa vicina a casa nel Lodigiano territorio contiguo al nostro con cui il Piacentino intrattiene un sistema di relazioni sociali strettissimo: dal commercio all’istruzione al divertimento al tempo libero…

Ecco dunque il muro si erge sul Po per non intersecare quel virus che abita sulla nostra pelle a nostra insaputa e si può trasmettere semplicemente anche con un gesto di amicizia e di saluto come una stretta di mano.

Fa paura quello che non si conosce

Tanti i collegamenti che suscita questa situazione nella quale stiamo vivendo all’improvviso

Fa paura quello che non si conosce.

Siamo tutti attoniti e mai avremmo immaginato di trovarci in una condizione di tale incertezza e provvisorietà noi che lavoriamo per migliorare le nostre condizioni, noi che abbiamo desiderio di spostarci ovunque per conoscere e vedere il mondo, noi che non restiamo fermi mai, noi che ci affanniamo per conquistare spazi e potere, per attaccare l’altro, il vicino per una qualsiasi differenza dagli schemi che ci siamo dati, che non disdegniamo violenza e razzismo se per un nonnulla sentiamo vacillare le conquiste raggiunte…

Noi che troviamo ogni occasione per stare insieme temendo l’isolamento e la solitudine come la peste ora ci viene consigliato di stare alla larga dalle persone, di mantenere distanze di sicurezza, di non relazionarci col prossimo… Isolamento per salvaguardarci per arginare il rischio di contagio.

E’ quasi un paradosso un contrappasso per un mondo così cambiato, così senza confini e globale restringersi all’interno delle proprie quattro mura di casa in attesa che sfiorisca quell’innesto di virus che chissàcome e chissaquando abbiamo caricato sul nostro essere.

Tanti i collegamenti che suscita questa situazione nella quale ci troviamo a vivere all’improvviso.

L’elenco sarebbe lungo, lunghissimo e poi dall’oggi al domani un’entità senza volto, senza colore della pelle, senza parole, senza poteri attua una strategia di attacco che mette in ginocchio ogni granitica certezza di un mondo che non si cura di osservare la vita degli altri, che non si predispone a interrogarsi e all’autocritica.

Ora sì il corona virus afona presenza improvvisa si fa ascoltare. Eccome se si fa ascoltare.

Ti svegli una mattina ed è come trovarsi con il culo per terra e il tentativo di appigliarsi a qualcosa per rialzarsi va a vuoto.

Niente può essere utile allo scopo.

Ti guardi attorno smarrito e ti passano per la testa innumerevoli strategie per rialzarti come hai sempre fatto il giorno primo quello prima ancora la settimana il mese, l’anno gli anni prima.

Nulla è più come prima. Gli impegni di oggi sono sospesi, l’appuntamento che avevi a scuola non si fa, quel film che volevi vedere deve aspettare, la cena che avevi organizzato per la fine settimana non se ne parla. Sospendere i contatti sociali in attesa che passi l’emergenza dell’invisibile insidia che si chiama corona virus.

Una lezione quella che arriva dalla prepotenza di una minaccia invisibile tanto invisibile che sembra astratta ma che è più concreta di un macigno.

Infine mi permetto un piccolo appunto personale

Questa vicenda mi fa tornare alla mente quando ho scoperto di avere un cancro. In quel momento la mia vita è andata a gambe all’aria, si è sgretolata. I progetti sono saltati, tutto quello che ero stata si declinava al passato e nulla sarebbe più stato riproponibile.

Passata la bufera dopo otto anni mi sto ancora ricostruendo. Ma sono qui. Tante persone non riuscivano a capire quando mi attardavo a parlare di queste cose, della sommossa che quella cosa impalpabile, invisibile aveva creato dentro di me rivoltanto la mia testa come un calzino. Venivo scambiata per una che si commiserava, lo capivo, lo vedevo e ne restavo mortificata.

Non non mi commiseravo raccontavo solo quello sconvolgimento che sentivo dentro, ma poco importava. Quell’esperienza per me è stata come se improvvisamente, dall’oggi al domani si fossero congelati i miei sogni. Ero bloccata in casa. Dove per casa si deve intendere un corpo che non rispondeva più ai miei bisogni, ai mie desideri.

Nulla per me è più come prima, ma non è detto che l’oggi sia peggiore di ieri.

Anche in questa esperienza non individuale ma collettiva potrebbero svilupparsi vie nuove.

Vediamola così e non disperiamo. Semplicemente viviamo.

info@antonellalenti.it

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