LETTURE

LETTURE – Il silenzio dell’orso

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PENSIERI PER VIAGGIARE IN TEMPI DIFFICILI 5- Presso i popoli cacciatori, come i siberiani, l’uomo si sente intimamente legato agli animali. Tra specie umana e specie animale non è questione di superiorità, non c’è alcuna differenza essenziale. Il cacciatore considera l’animale almeno come un suo pari.

Lo vede cacciare per nutrirsi, come fa lui, immagina che conduca una vita simile alla sua, con un’organizzazione sociale analoga. La superiorità dell’uomo si esprime solo nell’ambito della tecnica, dove egli può valersi di strumenti. Nella sfera della magia, attribuisce all’animale un potere non inferiore al suo. D’altra parte, l’animale è superiore all’uomo per forza fisica, agilità, finezza dell’udito e dell’olfatto, tutte qualità molto apprezzate dal cacciatore.

Al pari dell’uomo, l’animale possiede una o più anime e un linguaggio. Di più: spesso comprende il linguaggio umano, mentre il contrario è vero solo per gli sciamani. L’orso potrebbe parlare, ma preferisce astenersene; l’orso ascolta, tace, e in tal modo non concede al cacciatore appigli su di sé.

Durante la caccia è essenziale non cogliere l’avversario a tradimento. 

La cosa migliore è fingere di averlo incontrato per caso, senza premeditazione. In presenza dell’orso il samoiedo si mostra sorpreso, preludio a un ditirambo in cui celebra le molte virtù dell’animale, chiamandolo “nonno”, lo prega di risparmiarlo, lo interroga sul motivo della sua venuta, infine conclude:”Tu sei venuto a me, principe-orso, tu vuoi che io ti uccida…Vieni dunque.

La tua morte è pronta, ma io non l’ho cercata”. L’uccisione è così presentata come un auto-sacrificio da parte della vittima, che viene da sé a chiedere la morte, fatto di cui la si ringrazia.

Eveline Lot-Falck , I riti di caccia dei popoli siberiani, Adelphi

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