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Una sanità per ogni campanile. Il conto… è negativo

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Sanità spezzatino, una sanità per ogni campanile. Sistemi diversi in contrasto gli uni con gli altri. Risultato: azioni deboli e contraddittorie sull’emergenza Corona virus (COVID-19). La sanità spezzata sta mostrando tutte le crepe che, in questi anni di relativa “pace” in fatto di emergenze sanitarie, sono state nascoste da un più o meno riuscito maquillage.

Ma le magagne non stanno a lungo sotto al tappeto, basta poco per farle emergere nostro malgrado. E questo sembra il caso in questione. E soprattutto gli effetti dei tagli non tardano a farsi vedere.

RISPOSTE SGRETOLATE COME CIPRIA

Di fronte a un problema così grave come quello che ha portato il contagio da Corona virus (ingigantito o no non è questo il punto)  sono emerse in tutta la loro massiccia negatività le voragini di un sistema sanitario che si è voluto impostare su schema locale (a dimensione regionale) senza tenere conto che più si disperdono le azioni, le decisioni, i provvedimenti quando la situazione si fa grave (e non fanno che dirci che questa è una situazione grave) tutto si sgretola come cipria.

manca UN UNICO PUNTO DECISIONALE

Non esiste in sostanza un unico punto decisionale e, a seconda delle convenienze territoriali – leggi anche le convenienze dei sistemi sanitario diversi taluni a trazione privata altri a trazione più pubblica – ci si trova di fronte a soluzioni spesso contrarie che non fanno altro che creare voragini in una rete di contrasto all’emergenza con tante falle ma che invece dovrebbe essere ben salda e compatta.

IL VIRUS DETTA NUOVE REGOLE

Così non è. Perché fino a ieri l’altro il tema del regionalismo sulla sanità ma anche su altri temi – entrati nel pacchetto dell’autonomia differenziata – sono stati oggetto di scontro, di attese e aspettative politiche per rafforzare questa o quella appartenenza politica. E’ la gara costante alle convenienze del momento che si mostra sempre più evidente in questa circostanza e che segnala tutta la sua precaria struttura.

I PUNTI CHIAVE DEL SISTEMA SANITARIO

Due sono i riferimenti da un lato il livello centrale in cui lo Stato ha la responsabilità di assicurare a tutti i cittadini il diritto alla salute mediante un forte sistema di garanzie e questo si esercita attraverso la definizione  dei Livelli essenziali di assistenza cosiddetti (LEA).

Quindi si apre il livello Regionale in cui le Regioni hanno la responsabilità diretta della realizzazione del governo e della spesa per il raggiungimento degli obiettivi di salute del Paese.

Le Regioni hanno competenza esclusiva nella regolamentazione ed organizzazione di servizi e di attività destinate alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle Aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere (anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie nel rispetto dei principi generali fissati dalle leggi dello Stato).

Un sistema in cui non si fa distinzione tra pubblico e privato e in cui il collante delle due interpretazioni di attuazione restano i Livelli essenziali di assistenza.

Nei livelli essenziali di assistenza sono compresi anche i casi eccezionali come quello che stiamo vivendo con l’infezione da Corona virus?

Quali sono le strutture private che pure rientrano nel sistema sanitario nazionale (alcune regioni hanno dato prevalenza a questo sistema) a partecipare allo sforzo collettivo in corso sia per posti letto sia per impiego di personale?

Se l’impegno esiste non se ne parla. Sarebbe bene esserne edotti. Sarebbe bene essere rassicurati che l’integrazione pubblico-privato su cui s è battuto il ferro in questi anni (anche con non poche punte ideologiche spinte verso liberismo).

Del resto i dati parlano con chiarezza e sono riportati nel rapporto sanità 2018 realizzato per verificare i mutamenti nei 40 anni del sistema sanitario nazionale avviato nel 1978.

ASSISTENZA OSPEDALIERA SEMPRE PIU’ PRIVATA

Lo schema descrive l’anamento del numero dei posti letto privati e pubblici dal 1981 al 2016 e si vede con chiarezza come i posti letto pubblici(in verde) siano diminuiti ovunque. La tabella è tratta dal rapporto Nebo Ricerche PA

“Le 695 USL dell’inizio contro le 101 ASL attuali, i 500.000 posti letto più che dimezzati, soprattutto in ambito pubblico, un aumento del 40% dei ricoveri fuori regione, i 297.000 medici e infermieri dipendenti di ieri contro i 367.000 di oggi e dai 64.000 medici e pediatri di base agli odierni 53.000. Sono i numeri che Nebo Ricerche PA ha elaborato in un rapporto statistico su articolazione territoriale e contesto demografico, offerta ospedaliera e mobilità interregionale, personale dipendente e medicina di base che fotografa le trasformazioni che in questi 40 anni hanno caratterizzato il Servizio Sanitario Nazionale, istituito nel 1978”.

“L’evoluzione di tecnologie mediche e chirurgiche unitamente a una differente concezione dell’assistenza sanitaria – si dice nel rapporto – possono giustificare se non motivare una spinta verso la deospedalizzazione (e quindi la sempre minore necessità di posti letto).

L’indice di ospedalizzazione, in crescita fino ai primi anni del 2000, fa in effetti registrare una brusca inversione di tendenza che attenua peraltro le difformità territoriali e che porta il numero di ricoveri per 1000 abitanti da circa 200 agli attuali 140.

Quel che più colpisce, però, è come la riduzione dei letti sia stata tale da portare la quota dei posti letto privati da meno del 15% a oltre il 20%, con valori che in Campania e in Calabria superano il 30%.”

“Parrebbe di capire quindi che si è assistito in questi ultimi 20 anni a una progressiva privatizzazione del sistema sanitario. E quindi la domanda che viene spontaneo in questo momento vista la grave situazione dell’emergenza virus è questa, semplice, semplice, tanto semplice da poter apparire ingenua: quale ruolo svolgono i posti letto a disposizione del privato sanitario in questa emergenza pubblica?”


info@antonellalenti.it

Sullo stesso argomento: https://www.antonellalenti.it/2019/02/tempi-di-sovranita-regionale-a-chi-giova.html

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SCHEDA: COME E’ CAMBIATO IL SERVIZIO SANITARIO

  • TRIENNIO ‘81-‘83 – La Relazione sullo stato sanitario del Paese per il triennio 1981-1983 riporta l’elenco completo delle Unità Sanitarie Locali costituite dopo la legge 833/1978 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale: allora erano 695 USL
  • ANNI 80 – Sono poi diminuite già nel corso degli anni ‘80, con la riforma dei decreti legislativi 502/1992 e 513/1993 e la nuova definizione dei confini delle Aziende porta il numero delle USL a circa un terzo dell’originario cioè 228 ASL.
  • FEDERALISMO SANITARIO – Nel corso degli anni che precedono l’attuazione del federalismo sanitario (legge 42/2009), si assiste a ulteriori modifiche degli ambiti delle ASL.
  • ULTIMI 10 ANNI – L’immagine degli ambiti territoriali delle ASL è di nuovo mutata e si arriva a 101 Aziende complessivamente.
  • AZIENDE OSPEDALIERE – Con la riforma del ‘93 alle Aziende USL sono state affiancate le Aziende Ospedaliere; sommando a queste ultime i Policlinici e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, oltre alle Aziende USL il SSN conta su 115 Aziende nel 1993, 125 nel 2008, 102 nel 2016.
  • (informazioni tratte dal rapporto sui 40 anni della riforma del servizio sanitario di Nebo ricerche PA)

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AGGIORNAMENTO SITUAZIONE. FONTE AGENZIA D’INFORMAZIONE REGIONALE

Bologna – E’ in arrivo un Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) sulle misure anti-Coronavirus, che, fra le altre misure, conferma la sospensione delle attività di asili nido, scuole di ogni ordine e grado e Università in Emilia-Romagna e nelle regioni maggiormente colpite, Lombardia e Veneto.

Il Decreto riguarda l’intero territorio nazionale. I provvedimenti sono suddivisi su tre aree: i Comuni all’interno delle Zone rosse (10 in Lombardia e uno in Veneto), le tre Regioni maggiormente interessate: Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna; tutte le altre Regioni. Le misure previste valgono dal 2 all’8 marzo e l’atto governativo viene adottato sentite le Regioni stesse. 

A differenza di una settimana fa, non ci sarà quindi una nuova Ordinanza del presidente della Regione, Stefano Bonaccini, come quella firmata insieme al ministro della Salute, Roberto Speranza, e valida fino a domenica 1^ marzo. 

Ma, soprattutto, Il Dpcm viene assunto sentito il Comitato Tecnico Scientifico nazionale, da cui derivano le indicazioni contenute. 

In esso, dovrebbero essere sospese tutte le manifestazioni organizzate, di carattere non ordinario nonché degli eventi in luogo pubblico o privato, compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico.

Così come dovrebbero essere sospesi i servizi di apertura al pubblico dei musei, biblioteche e archivi, salva la possibilità di adottare misure organizzative tali da consentire un accesso ai predetti luoghi nel rispetto della distanza di sicurezza “droplet”.

La Regione Emilia-Romagna ha chiesto che tali misure organizzative possano essere permesse anche a cinema e teatri, con possibili ingressi limitati e contingentati, rispettando criteri di salvaguardia legati alla distanza di protezione tra le persone. Su questo, si attende una risposta del Governo, sulla base delle indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico.

In ogni caso, informazioni precise e dettagliate su tutte le misure saranno date domani una volta approvato il Decreto governativo.

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