LENTI A CONTATTO

Se la nuova ideologia diventa il post-ideologico

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LENTI A CONTATTO. TERZO MILLENNIO: QUALE POLITICA – Il post ideologico, la nuova ideologia. Sembra sia proprio così. “Non siamo né di destra né di sinistra, la destra e la sinistra non esistono più. Siamo dalla parte del bene per i cittadini”. A parte l’assurdità di dichiarare l’opposto (Chi mai direbbe “ siamo contro i cittadini”) l’affermazione non ci fa capire che cosa significhi. I cittadini hanno esigenze, storie, portati diversi talora opposti se presi singolarmente: “uno vale uno”.

Tuttavia di questi tempi è così: né di sinistra né di destra ma con i cittadini (o popolo) nel cuore e il nuovo mantra dell’era post ideologica si fa largo.

“Non esistono marciapiedi di destra o di sinistra, un sindaco deve occuparsi di tenere in ordine i marciapiedi” a proposito di destra e sinistra mi viene alla mente questa frase che pronunciava spesso Giacomo Vaciago che fu sindaco di Piacenza dal ‘94 al ‘98 quando veniva “accusato” di essere di sinistra.

Le categorie di destra e sinistra applicate ai marciapiedi, evidentemente, perdono il loro significato. Categorie storiche e filosofiche così forti che hanno segnato la vita di milioni di esseri umani nel mondo, se applicate a dei marciapiedi, rimandano a qualcosa di grottesco. Ma quando si parla di politiche da adottare, di scelte da fare, evidentemente qualche differenza si genera. Inutile negarlo. Perfino la vecchia Dc (leggi Democrazia cristiana per i più giovani e inesperti) ha ceduto ad oscillazioni del pendolo spesso verso destra e talvolta perfino verso sinistra. Altri tempi quelli del primo centro sinistra italiano degli anni del boom che non ebbe comunque vita lunga. Altri tempi: il mondo era diviso in due blocchi contrapposti. Nessuna attinenza con l’oggi in cui si può essere chiaramente di destra e spingere l’acceleratore su sensibilità che possono fare breccia anche in un elettorato che per classe, per collocazione sociale, secondo le categorie classiche, dovrebbero sentirsi a sinistra.

E ancora la confusione è ingigantita al punto che una sinistra può essere valutata nei fatti come espressione di politiche di destra.

Il risultato è confusione.

Dalla confusione nasce la nuova ideologia: il post ideologico sarà dunque l’ideologia del terzo millennio?

Le politiche però devono condurre a scelte concrete, non si scappa. Non possono essere asettiche, non nascono da un unico sentire che mette tutto sullo stesso piano. E’ vero che i concetti di destra e sinistra sono cambiati nel corso del tempo e anche rispetto agli anni recenti hanno subito una mutazione quasi genetica.

La globalizzazione è stato un punto di svolta che, alla lunga ha portato un’area vasta di classe dirigente, a mostrare il fiato grosso. Una classe dirigente che non si è preoccupata di capire a fondo che cosa avrebbe significato il mondo senza le barriere, una grande casa con stanze comunicanti senza intercapedini tra i muri e dove tutto diventa patrimonio di tutti nello stesso momento in cui accade.

L’euforia del primo momento è presto stata sostituita (all’insaputa di alcune classi dirigenti) da nuove emergenze e da nuovi bisogni accompagnati da paure profonde per quello che si stava delineando (ricordiamo il terrore della calata di idraulici polacchi?). Quel mondo senza barriere che si è determinato dal crollo del muro di Berlino, se concettualmente è stato un’apertura positiva, una possibilità di contaminazione capace di far crescere e maturare tutti, ha anche significato il suo contrario. Senza le barriere noi avremmo potuto andare ovunque e viceversa chiunque avrebbe potuto – esattamente come noi – spostare il proprio orizzonte altrove anche vicino a casa nostra. A quel punto il bello della contaminazione cambia d’abito, da positiva diventa insidiosa e poi odiosa e poi da rigettare.

La destra, una nuova destra, ha colto e incarnato questo sentimento andato diffondendosi tra i ceti popolari soprattutto dopo la crisi mondiale partita dagli Stati Uniti nel 2008. Da destra braccia aperte dunque a masse di persone messe in crisi dalla perdita della speranze di conservare il proprio posto nella società. In uno scenario così complicato gli addendi tradizionali con cui faceva i conti la sinistra sono molto cambiati, soprattutto per una parte della sinistra che si è trovata – forse inconsapevolmente – a rappresentare, in questa prima parte di nuovo millennio, l’establishment quindi la parte di mondo “fortunato” e non già quello in cerca di una considerazione, di un posto al sole. Sinistra uguale a establishment, evidentemente il monstrum implode le due cose non possono stare insieme.

Su questo di recente poi, ma conseguenza di quello che si diceva prima, si è innestato il problema migratorio. Masse di persone che si riversano dal mondo povero al mondo ricco. E continuerà.

Il post ideologico dunque interroga in modo molto più serrato la sinistra che deve riscrivere completamente i propri contenuti. Che può essere riassunto in uno solo: diritti, declinato in diversi segmenti. Diritti di chi lavora senza le garanzie del passato, diritti delle donne alla pari dignità (vera) di rappresentanza e di sostanza in una società che mostra troppi segni di sopraffazione di genere; diritti dell’ambiente in cui viviamo che non può essere più considerato come un afflato di “anime belle” che immaginano un mondo bucolico, ne va della sopravvivenza di tutti. Attenzione che perfino il Gotha del capitalismo mondiale ha tracciato un’inedita, profonda, inattesa autocritica voltando improvvisamente la barra che lo ha governato per duecento anni: profitto prima di tutto. Ebbene di recente i Ceo americani hanno convenuto su un fatto: non si può vivere di solo profitto senza tenere conto della collettività e dell’ambiente.

Fake news, propaganda? Una sfida per la sinistra di oggi che il capitalismo lo ha combattuto (in passato e che sembra averlo molto digerito negli ultimi decenni). Toc, Toc, anche il capitalismo cambia pelle. Vorrete essere ancora quelli che rincorrono?

Antonella Lenti – (info@antonellalenti.it)

Photo by Randy  Colas on Unsplash

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