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Piacenza vuole il suo treno per salire sulla transizione ecologica a idrogeno

Il futuro è su rotaie e a emissioni zero. La proposta che arriva dal territorio è chiara: nuova stazione ad Alta velocità e hub di produzione di idrogeno
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Idrogeno, Piacenza vuole il suo treno per la transizione ecologica. Seppure a macchia di leopardo l’idrogeno cammina e, secondo esperti e addetti ai lavori, sarà una valida gamba sulla strada della differenziazione energetica di cui l’Italia ha un bisogno estremo. Idrogeno su gomma e su rotaie. Ed è su quest’ultimo segmento della mobilità sostenibile che vuole puntare Piacenza.

Un desiderio spinto dalla convinzione che le spetti un ruolo di riguardo nelle politiche nazionali della transizione ecologica in fase di elaborazione con il PNRR anche per la posizione geografica, per la potenza logistica che ha accumulato in questi trent’anni. E poi c’è la questione ambientale che preme sul collo perché Piacenza è al centro di una pianura padana che è l’area più inquinata d’Europa.

Vuole l’idrogeno e vuole le rotaie, considerato che ora del trasporto che parte da Piacenza solo l’1% viaggia su treni. E in attesa che si compia il raccordo ferroviario con l’area logistica (vecchio progetto non ancora “messo a terra” anche se ne è fatto un gran parlare) guarda speranzosa all’idrogeno. Non sarà un toccasana per tutto ma considerato che scarica vapore acqueo e non polveri sottili sembra la soluzione.

E il sogno a Piacenza prende forma con due desiderata: una stazione per la produzione di idrogeno che dovrebbe favorire anche l’apertura di una nuova stazione di alta velocità. E’ questa l’idea forte su cui puntano istituzioni locali e tutto il sistema produttivo ed economico piacentino.  Tra Piacenza, Pavia, Lodi, Cremona ci sono un milione di abitanti in una zona capitale della logistica se non sta qui il core business futuro della transizione ecologica nella mobilità!

Confronto tra esperti a Confindustria

E’ il messaggio articolato letto nelle pieghe della conversazione durante una tavola rotonda molto interessante (che ha spaziato sulle politiche nazionali sottese al PNRR) promossa da Confindustria alcuni giorni fa.  Francesco Rolleri, presidente dell’associazione, ha aperto i lavori invitando a pensare in grande e ad avere visione strategica, quindi la presidente della Provincia Patrizia Barbieri, portando il saluto all’incontro, ha rimproverato per l’occasione perduta per Piacenza di avere un ruolo ferroviario preminente già nel momento della costruzione della linea ad alta velocità.

idrogeno

Ma i protagonisti di primo piano della tavola rotonda sono stati esperti di rilievo come Vera Fiorani, AD di Ferrovie, Michele Viale, CEO Alstom, Andrea Bricchi, CEO Brian and partners, Marco Caposciutti, Direzione Tecnica Trenitalia, e Paola De Micheli, responsabile nazionale Pd per l’attuazione PNRR che nel governo Conte 2 è stata anche ministro dei trasporti. Ospiti esperti dunque sollecitati dalle domande della giornalista Daniela Vergara.

Le aspettative di Piacenza richiamate con forza durante la conversazione sono state lo sfondo di un approfondimento della materia in tanti dei suoi aspetti. Ma partiamo dalla proposta del treno a idrogeno e di una stazione di produzione del nuovo carburante che, a detta di tutti, è considerato il fulcro portante della transizione verso cui ci stiamo avviando. Eventi internazionali permettendo visto che con la guerra l’emergenza combustibili rischia, quantomeno, di rallentare i programmi preesistenti.

Le proposte piacentine per il PNRR sulla ferrovia

La svolta a idrogeno è maturata all’interno del Tavolo provinciale Sviluppo e riguarda  come si diceva due elementi. Il primo punta a “Stazione alta velocità ad idrogeno mobilità sostenibile” Così la descrizione tratta dalla documentazione del lavoro sul PNRR: “Il progetto si prefigge l’obiettivo di rendere Piacenza più attrattiva grazie ad una nuova stazione Alta Velocità.

Al fine di rendere fattibile il progetto si propone di progettare una stazione in grado di rifornire i treni ad idrogeno di futura realizzazione. Questo vantaggio competitivo potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella scelta di Piacenza come stazione intermedia tra Milano e Reggio Emilia con beneficio sia per i tantissimi pendolari piacentini che per tutti i milanesi interessati alla qualità della vita di una città media come Piacenza”.

Se questa suggestione piacentina troverà gambe per camminare si vedrà. 

Tra i soggetti proponenti si suggerisce RFI (non ancora coinvolto) e Trenitalia. Il secondo aspetto preso in esame ha per titolo “Mobilità sostenibile – stazione AV ad idrogeno e scalo ferroviario europeo” così descritto: “Il progetto intende perseguire l’esigenza di spostare il traffico merci da gomma a rotaia per rendere più competitivo il territorio ed allo stesso tempo salvaguardare l’ambiente sempre più compromesso dalle emissioni degli autoveicoli”. Soggetti proponenti: Provincia di Piacenza e comuni interessati.

Un progetto ancora in nuce che è entrato però a far parte della lista delle idee per comporre il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ha nella transizione ecologica di tutto quello che è produttivo il suo mantra. Per lanciare il progetto che è uscito dal tavolo provinciale istituito per riempire di contenuti il PNRR locale sono stati invitati figure di rilievo che in Italia e anche in Europa lavorano proprio a questo settore: realizzare e mettere in rotaia treni a idrogeno cominciando in particolare da quelli a trazione diesel.

Questi in gran parte su linee ridotte che coprono complessivamente circa 2000 km di strada ferrata. (Nel dettaglio, le linee sono la Cuneo-Ventimiglia e la Novara-Biella in Piemonte, la Brescia-Iseo-Edolo in Lombardia, la Lucca-Aulla e la Firenze-Faenza (Faentina) tra Toscana ed Emilia-Romagna, la Terni-Rieti-Sulmona, che attraversa Umbria, Abruzzo e Lazio, e la Alghero centro-aeroporto in Sardegna. Verso sud troviamo la Lecce-Leuca in Puglia, la Reggio Calabria-Catanzaro e, in Sicilia, le tratte Siracusa-ModicaModica-GelaGela-Canicattì e Gela-Lentini).

Il trasporto ferroviario cuore della transizione

Il confronto tra gli esperti invitati da Confindustria ha spaziato su tantissimi temi del sistema trasporto ferroviario che si sta avviando a una profonda trasformazione anche attraverso sperimentazioni sull’idrogeno che sono già in atto.

Si deve essere consapevoli, però  – è stata l’osservazione – che l’idrogeno non potrà essere la soluzione totale. Coprirà il 20- 25% delle necessità e in fatto di mobilità, neppure il treno per le merci potrà essere la soluzione complessiva.  I mezzi pesanti non scompariranno, ma potranno camminare con l’idrogeno. Ed è tutt’altra partita.

Siamo in una fase – lo si è capito a più riprese durante gli interventi talvolta molto tecnici dei protagonisti – in cui è necessario avere una prospettiva lunga. E sulla mobilità in particolare. E’ quindi indispensabile guardare avanti a tra 10 -20 anni quando si potrà riuscire a produrre idrogeno nei porti… e questo deve essere uno dei paradigmi su cui ragionare. E’ stata la sollecitazione tanto da far comprendere come anche se i tempi del PNRR sono molto stretti per la realizzazione dei progetti (il 2026 è il traguardo finale) il cambio d’epoca che si spera si possa compiere ha bisogno di una prospettiva più ampia per essere assimilata.

Scenari. Tanti quelli tratteggiati durante le due ore di incontro. Due ore nelle quali si sono delineate le scelte che con il PNRR, se attuato correttamente e finalizzato alla trasformazione del paese e non a uno strumento per realizzare opere pubbliche e basta – è stato ricordato – può davvero imprimere una svolta in ogni parte del paese attraverso la diffusione della mobilità sostenibile che investe due concetti di fondo: quello di cultura e quello del diritto perché deve permeare di trasformazione tutto il paese. Dalle zone periferiche a quelle più centrali.

Dove l’idrogeno già è realtà per i bus

Di idrogeno si parla da tanto tempo. Anche per il trasporto pubblico locale su gomma. Ed è dallo scorso anno ad esempio che Bolzano ha messo in linea una flotta di 12 bus che attuano il servizio urbano, ma la sperimentazione era già partita nel 2013.

Un futuro che è già qui. Ma non ovunque se lo sguardo si sofferma sulle strade cittadine. Infatti mentre a Confindustria si snocciolavano valutazioni, considerazioni, illustrazioni di progetti bellissimi come quello di fare della Valcamonica la hydrogen valley o si descrivevano i traguardi raggiunti in città come Digione, fuori, nelle strade interne alla città, si completavano gli anelli di code di auto determinando un intasamento che certo nulla hanno a che fare con la transizione ecologica che vista da Piacenza sembra davvero molto lontana e quasi irraggiungibile.

Tra il presente e il futuro occorrono atti concreti. E questi atti che dovranno venire con i progetti che in Italia daranno vita ai cantieri – Il 2023 sarà l’anno in cui partiranno i lavori e quella sarà una nuova fase delicata. Sarà un’infilata di cantieri che creerà problemi ai cittadini, fase che la politica dovrà saper governare. Ma anche permetterà ai cittadini – è stato ricordato – di prendere atto della concretezza del Piano di ripresa. Infatti solo l’11% dei cittadini italiani sa che cosa è il PNRR e di questi metà pensa che si tratti di uno strumento di forte cambiamento mentre i restanti credono che sia un modo per finanziare opere pubbliche.

La conversazione si è sviluppata sui tanti nodi strategici del momento che investono un passaggio d’epoca sia per l’industria sia per i comportamenti individuali e pongono domande anche alle future strategie industriali.

Strategie industriali verso la trasformazione

Dalle considerazioni emerse durante il convegno infatti si è mostrato come le strategie industriali per il futuro, se lo si vuole sostenibile, dovranno cambiare radicalmente e all’interno di questo percorso il ruolo della mobilità sostenibile potrebbe essere letteralmente un motore (a emissioni zero naturalmente) che mette in movimento un’altra dimensione industriale. A livello nazionale c’è un forte impegno verso le aree del Sud su cui l’investimento forte previsto è legato anche alle prospettive di rilancio del maggiore porto del mediterraneo, quello di Gioia Tauro, a cui i progetti ferroviari in serbo potrebbero assegnare quel ruolo che non ha mai avuto.

Un canovaccio di impegni che tocca anche tante pecche del sistema come ad esempio la dismissione attuata negli anni della produzione di mezzi per il trasporto pubblico locale investimento che rientra nella transizione ecologica per la mobilità sostenibile italiana e che si deve rivolgere all’estero per adeguare i mezzi… a cui si associa la consapevolezza della debolezza degli enti locali nella progettazione della rivoluzione necessaria anche per il trasporto locale.

Problemi e chiaroscuri che però non tralasciano anche aspetti positivi come la grande rete della manutenzione dei mezzi ferroviari (anche Piacenza ha un ruolo importante in questo con l’azienda Sitav) e che rappresenta una rete industriale importante. Un sistema industriale esistente che anch’esso dovrà partecipare alla transizione ecologica. E’ già in corso – è stato ricordato – la conversione energetica dei capannoni (avranno i tetti fotovoltaici) in alcuni stabilimenti per la manutenzione ferroviaria per la loro autosufficienza. Se il trasporto è fondamentale per la transizione ecologica sul percorso non può essere assente l’adeguamento dell’industria. Necessità che si estende a tutto il sistema produttivo, evidentemente.

Antonella Lenti

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