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Saltano le lezioni in aula e parte la didattica online… Dopo decenni di propositi si attua la rivoluzione digitale?

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Didattica online? Chissà. Aule deserte e Lavagne interattive multimediali disoccupate. La rivoluzione digitale promessa da 20 anni a che punto sta? Due settimane di lezioni saltate e ora la sospensione si estende a tutta l’Italia. Niente lezioni in classe fino al 16 marzo, ma non è detto che sia questo il limite ultimo. Bisogna pensare qualcosa per limitare anche questo tipo di danni da “mancata istruzione”. Decisamente. Ma come, non si è ancora fatto? Come si pensa di poter arginare i danni da mancata istruzione?

Se in un momento di emergenza come il coronavirus si sospendono le lezioni viene alla mente un grande bellissimo oggetto che si trova alle spalle dell’insegnante e di fronte agli studenti. Di che si tratta?

Un oggetto che fa bella mostra di sé in tutte le scuole (o quasi). Sono le LIM, le lavagne interattive multimediali comparse ormai da anni.

Si sono scritti fiumi di parole su giornali piccoli e grandi per magnificarlo. L’oggetto è stato accolto a braccia aperte, era la chiave per farci entrare nel futuro, nel digitale.

Traggo dal sito AgendaDigitale https://www.agendadigitale.eu/cittadinanza-digitale/tecnologie-per-la-scuola-a-distanza-una-guida/itale“Per quanto riguarda la lezione in remoto è possibile utilizzare strumenti di videoconferenza gratuiti e avvalersi in classe di una lavagna interattiva multimediale (Lim) o di un proiettore di ultima generazione con un impianto audio collegato al computer.

Questo garantisce un buon effetto “compresenza” in classe. Per far interagire i ragazzi con la persona dall’altro lato è necessario avere un microfono collegato al computer. Anche in questo caso una buona webcam con microfono integrato può assolvere egregiamente al compito”.

Quindi abbiamo le LIM per la didattica digitale (e in remoto), tutto a posto. Attenzione perché non è così facile. Ci sono le autostrade veloci, abbiamo l’autostrada efficiente su cui farla camminare?

Corre l’idea che con le autostrade non abbiamo feeling, pensiamo solo al guadagno più che alla loro efficienza. E’ come se avessimo comprato una super automobile prima di avere le strade su cui usarla e quindi siamo costretti a tenerla in garage.

Sono passati almeno vent’anni e più da quando è partita la sfida digitale che ha coinvolto tutto il mondo.

Una opportunità, si era detto, che avrebbe modificato dal profondo il nostro modo di vita. Che lo avrebbe alleggerito, che avrebbe permesso di dedicare più tempo a sé riducendo i tempi per gli spostamenti da e per il posto di lavoro, l’università la scuola…

Una ventina d’anni o più in cui si sarebbero dovute adottare le scelte concrete da rendere possibile la modernizzazione generale del paese.

Non è passato anno in questi vent’anni e più in cui non si siano sentiti tanti buoni propositi legati alla sburocratizzazione, allo snellimento dei processi di cittadinanza di apprendimento eccetera.

Tutto questo avrebbe dovuto essere predisposto per tempo.

L’impressione è che il radicamento della rete digitale nel nostro paese (una rete capillare, penetrante in tutti gli angoli della penisola) sia rimasto nelle righe di tanti documenti, programmi elettorali di varia tipologia rimanendo in pratica una bella intenzione scritta sulla carta.

Non vi sembra che quella di parlare e fare progetti verbali sia una tipicità tutta italiana (appartiene a tutti) e da cui proprio non riusciamo a separarci?

Una tipicità che consiste nel credere che sia sufficiente annunciare una cosa per darla per realizzata. Una filosofia di pensiero sontuosa nella elaborazione ma che salta del tutto al momento della messa in pratica. E quindi i propositi restano propositi e la pratica si accantona a tempi migliori.

Anno dopo anno altri raggiungono traguardi significativi e noi riproponiamo l’intenzione di innovare, migliorare, modernizzare, sburocratizzare… detto e fatto? Un corno. Poi ti arriva un Covid-19 e ti mette in ginocchio.

Quelle autostrade informatiche sarebbero ora molto utili, alleggerirebbero le decisioni pesanti che si sono ritenute necessarie per tenere a bada il contagio, posto che il contagio c’è e ci sarà ancora per un po’, posto che per ridurre il contagio si devono ridurre i contatti diretti.

Di fronte a una necessità così impellente non si sarebbe dovuto pensarci nemmeno un momento ad avviare le lezioni online e soprattutto non si sarebbe dovuto lasciare tutto all’iniziativa degli insegnanti. Avrebbe dovuto essere automatico, non si può andare in aula? Vediamoci e impariamo online…

Avrebbe potuto rappresentare una prova generale (e forse potrebbe diventarlo perché in effetti un po’ se ne parla), dopo tanto pontificare di era digitale la si sarebbe potuta mettere in pratica.

Lo si fa solo ora che si è deciso di sospendere la didattica “fisica” in tutte le scuole della repubblica. Le lavagne interattive multimediali hanno in sé una potenzialità enorme.

All’inizio, al loro arrivo sembrava tutto facile come uno schiocco di dita: sarebbe bastata una connessione internet efficace, efficiente, puntuale e a copertura totale per far partecipare all’istruzione anche chi non abitava nelle zone urbane favorite.

Semplice come uno schiocco di dita ma a volte lo schiocco non riesce bene e muore sul nascere. Cosa intendo dire? Questo: sono arrivate le LIM ma il percorso tecnologico per farle funzionare – connessioni – esistono?

Sono capillari sul territorio nazionale? Non è la solita distinzione tra Nord e Sud. La differenza, il gap tecnologico è molto più vicino a noi.

Le macchie di leopardo tecnologiche in questo caso esistono tra zone urbanizzate e le terre alte soggette negli anni allo spopolamento e che necessitano di rivitalizzazione.

La difficoltà digitale, lo sperimentiamo ogni giorno, non riguarda solo le zone di montagna.

Inspiegabilmente in piena pianura padana ci sono macchie oscure in cui il digitale te lo scordi e non cammina neppure a lanciarlo come un giavellotto.

Eppure di digitale facciamo un gran parlare anche nel tempo libero basta osservare l’attivismo di ciascuno di noi sui social. Peccato che del digitale abbiamo colto solo il lato ludico. C’è di più. Cerchiamolo e facciamo presto.

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3 Comments

  1. elisabetta Reply

    Le occasioni che si aprono con le crisi. L’ho pensato anch’io. sono almeno 20 anni che sento parlare di scuola a distanza per alcuni giorni/periodi per facilitare la vita degli studenti della nostra montagna. Non si è mai mossa una paglia. Vuoi dire che sta volta facciamo un passo avanti?

    • speriamo che da cosa nasca cosa. E’ così che si dice no? del resto in questo paese abbiamo spesso bisogno di shock per darci una mossa. Questo è uno shock che nessuno si aspettava. Il problema grosso sono proprio le infrastrutture digitali che tra collina e montagna sono molto “arruginite” quando ci sono e spesso sono inesistenti. In questi anni è come se si fosse pensato che tanto in quelle zone difficili è destino che non ci tornerà ad abitare nessuno e quindi perché investire tanto se i sociologi dicono ai quattro venti che la tendenza umana è quella di aggregarsi nei grandi centri urbani? Ora questa situazione determinata dal coronavirus spiazza tutti quanti. Ci sentivano di aver raggiunto un traguardo mai raggiunto prima come sviluppo, progresso, benessere. Condizioni positive che riguarda una sola parte del mondo ma non ci importava. Quel mondo per cui progresso benessere e sviluppo rappresenta una chimera era lontano, invisibile… e ora tutto questo rischia il ko per un piccolo mostricciattolo rugoso che ha preso forza in una lontana foresta della Cina. C’è molto da pensare…

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