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DIARIO MINIMO DALLA CLAUSURA – 3 / Perdersi tra clematis profumate e un merlo impertinente che scompone la terra nei vasi

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DIARIO MINIMO DALLA CLAUSURA – 3 Oggi la tabella di marcia mi dice che devo mettere mano all’armadio. E in vece mi ritrovo a perdermi tra clematis profumate e un merlo impertinente che scompone la terra nei vasi

Impresa ardua che supera di gran lunga quella affrontata con la libreria. Per la libreria si è trattato di sistemare, spolverare i libri e risistemarli è un gioco da ragazzi. La sfida dei volumi ha riguardato semplicemente il misterioso effetto spontaneo della crescita di dimensioni che manifestano tutte le volte che escono dallo scaffale e di cui ho già detto. Inoltre la riscoperta di copertine e titoli di cui mi ero quasi dimenticata e il desiderio di rileggerli perché il ricordo che hanno lasciato si è risvegliato sfogliandoli infonde senza dubbio piacere.

E’ un abbraccio caldo che mi fa apprezzare un periodo in cui in casa, se non ci fosse il coprifuoco da coronavirus mica starei. Almeno per così tanto tempo.

Lezione 1 – Ritrovare i ritmi lenti (per definizione mi dovrebbero appartenere) fa bene al battito cardiaco. Non si vive di sola adrenalina…

Il pruno vestito di rosa

Prima di iniziare un caffè all’aperto (ma entro le quattro mura di casa s’intende!). C’è il sole l’aria è ancora freschina, ma si sta bene. Le piante hanno messo i fiori, il pruno selvatico è di un rosa che annuncia già la Pasqua dei sillabari di tanti decenni fa (chissà se a Pasqua saremo ancora qui a rimestare negli armadi,  nei sottofondi delle cantine per sistemare, sistemare, sistemare). Un gesto che ci accomuna in tanti come spinti dal desiderio di mettere a posto – una volta per la vita – quello che per anni ci è piaciuto accatastare alla rinfusa, a casaccio perché il tempo non ci permetteva di dedicarci alle piccole cose.

Chissà perché quando ci sentiamo vacillare mettiamo mano alle cose materiali che abbiamo intorno invece di mettere in fila i nostri patemi interiori.

Lezione numero 2 – In questo momento di incertezza sovrana la certezza dei fiori che sbocciano è rassicurante. Per un momento.

Come la forstizia che da qualche giorno (ormai per la verità sta sfiorendo) si è vestita di un bel giallo ridente e qua e là sui rami sprizzano fuori abbozzi di foglioline che presto prenderanno il posto ai fiori. Fiori belli, vistosi (forse eccessivamente vistosi) per la macchia che insieme lasciano impressa negli occhi.

Nella fioritura degli alberi e delle stagionali o perenni primaverili c’è qualcosa di magico e insieme di consueto e rituale che dà sicurezza. Ogni anno nello stesso periodo.

Lezione numero 3 – Cerca di trovare in ogni cosa un volto amico, un aspetto che scacci via quella brutta sensazione di abbandono e di deriva…

Jasminum sofferente.Però c’è speranza…

In un angolo, in un vaso quadrato, si alza la chioma del Jasminum non quello che viene chiamato comunemente il falso gelsomino o Trachelospermum, no no, proprio il gelsomino di cui è piena la Liguria. E’ lì da anni e di primavera in primavera rinasce. Era un piccolissimo gelsomino cresciuto in serra in un vasetto da 5 cm di diametro e poi in quell’angolo riparato ha trovato la sua vita fino a qui. Oggi però è marrone. Ha l’aria malconcia. Non so se si potrà riprendere. Prendo un rametto lo spezzo per vedere se dentro c’è del verde… c’è il verde. Può darsi che sopravviva ancora. Negli ultimi anni faceva pochi fiori. Ma profumatissimi.

Va aiutato in questo momento di difficoltà sarà questo l’impegno delle prossime settimane

Lezione numero 4 – Darsi un obiettivo aiuta a riconciliarsi.

Più in là c’è il vaso con la Clematis Armandii. Vive da quasi dieci anni. Fa fiori bianchi dal profumo intenso, dolce e per niente sguaiato. Ha petali lunghi e molto distanziati gli uni dagli altri. Foglie oblunghe su uno stelo che, passando il tempo, si fa ligneo e quello tenero e fragile erbaceo della giovinezza diventa corazzato e filamentoso, indistruttibile. Quasi una metafora umana.

La clematis armandi

Le piante stanno bene. Anche le altre Clematis (Lady Diana – sì l’hanno proprio chiamata così – e Montana) stanno mettendo le foglie e corrono in fretta incontro al sole. Mistero come possano sopravvivere su un terrazzo cittadino nel mezzo della pianura padana e, nonostante le estati torride regalate dai cambiamenti climatici, mostrano quella leggerezza eterea che è sostanza e forza insieme.

Non sono i muscoli che danno la capacità di resistere alle avversità. Anzi.

Lezione numero 5 – La forza ha tante forme per mostrarsi. La forza che offende e distrugge non mi piace. Ma quella per resistere è una ricerca continua

Col sole di questi ultimi giorni che nelle ore centrali della giornata si è fatto caldo le piante hanno bisogno di acqua. Loro lì ferme da anni vivono del loro ambiente e, anzi traggono dal loro ambiente cittadino per quanto angusto e “ostile” il meglio che può dare.

Vorrei, vorrei vorrei… se l’insoddisfazione si fa spazio e non apprezzi più nulla.

Lezione numero 6 – Imparare dalle piante. Dare valore a quello che si vive, per quanto difficile, equivale a dare valore a se stessi

Fa capolino su un comignolo ai bordi del tetto un merlo affamato di vermi e l’impertinente postura annuncia che è pronto all’incursione nella terra soffice appena aggiunta ai vasi e spargerla intorno. C’è un giro affollato di volatili sopra i tetti cittadini. Compresi gabbiani che a vederli su un tetto fanno specie per la loro stazza al confronto degli uccelli nostrani. E non sono ancora arrivate le rondini.

Il merlo però ha una sua specifica presenza. Forse si deve a lui il seme che un paio di anni fa ha germinato nel vaso dell’Hosmantus e che ha dato vita a una pianta  di oleandro rosa che ora convive con quella originaria. Il merlo osserva acuto e ha un chiaro fine: rovistare nei vasi. A nulla servono i pezzetti di stagnola “dissuasori” che ho messo sulla superficie del vaso per evitare un disastro ogni volta.

Si butterà a capofitto nel vaso non appena la mia ricognizione sarà conclusa e girerò le spalle rientrando in casa. Ed è come stranito di vedere una persona in quella che è la sua tavola per banchettare. Ma eccolo, lo spio dalla finestra e non appena esco dalla sue viste si fionda veloce e agile infila il becco e la testa sotto la stagnola rovista, forse trova qualcosa e con un colpo d’ali se ne va.

Intanto si è fatto tardi e non ho fatto nulla di quanto programmato. Sono finita per  perdermi in un microcosmo misero come un terrazzo urbano…

Lezione numero 7 – Uffa che barba stare in casa giorni e giorni è la reazione che ho avuto quando tutti abbiamo saputo dei provvedimenti… invece una giornata sta per finire e neanche me ne sono accorta. Se metti da parte la supponenza non puoi che guadagnarci…

A presto…

info@antonellalenti.it

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